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Buon Natale! E pensiamo alla salute?

Ecco come e perché ho deciso di Auto-Pubblicare

Buon Natale ! Vogliamoci bene .
e per favore cerchiamo di aver tutti buona cura di noi stessi e prima di immaginare di poterci permettere un problema di salute ricordiamoci che dobbiamo dimostrare a chi ci governa che:
A) meritiamo di esser curati
B) vale la pena di curarci
C) il rapporto qualità/prezzo della nostra salute è sostenibile per la legge di bilancio
D) il rapporto costo/beneficio delle cure che ci servono è compatibile con gli interessi della sanità pubblica e (casomai) pure con quella privata.

(per dubbi o richieste chiarimenti leggere Agenda Monti pag 17)

Tiè: Semo venuti già menati!

Dice che sti regazzi so’ violenti,
e la ministra er casco j’ha levato.
A sora Cancellie’ stamoce attenti
piuttosto al candelotto rimbarzato,
perchè se mo’ quer casco hanno levato
er core nostro l’hanno ritrovato
e più li tartassate a manganelli
e più per noi so’ sani giusti e belli.
(by Mariaserena Peterlin)

 

 

 

 

Lettera e cavoli al Dirigente Scolastico, fautore di eccellenza

diversi tra loro, eccellenti e profum_ati

Oggi, senza un motivo particolare, ma sull’onda di una reazione infastidita al petulante ricorrere del concetto di eccellenza anche in ambito scolastico, e addirittura nella scuola dell’obbligo, ho scritto questa frase sul mio stato di fB :
Parlano di eccellenza a scuola come se ogni scuola fosse l’Accademia o un dottorato; ma la buona scuola non è quella che seleziona presumibili eccellenze, è quella che sa attendere ed ascoltare.
Prontamente un’amica mi risponde:

Potresti scrivere alla nostra dirigente scolastica e spiegare questo semplicissimo concetto?
Impulsivamente allestisco la lettera che ora copio, incollo e rivolgo, visto che vanno di moda le lettere aperte, a tutti i Dirigenti Scolastici fautori della sindrome dell’eccellenza (altrui).

Gentile Dirigente (del cavolo nero)

per caso Ella pensa che istruire sia come piantar cavoli?
Benissimo: allora certamente sa che ci sono tante specie di cavoli: ad esempio il cavolo romano, quello calabrese, il siciliano, il maceratese, il cavolo cappuccio, la verza, il cavolfiore eccetera eccetera ed anche il cavolo nero alla cui specie ella forse è particolarmente affezionata.
Ella sa anche, certamente, che ogni cavolo ha il suo seme, il suo sviluppo e il suo tempo per portare a compimento il ciclo vegetativo e per dar frutto; e non ignora che a seconda della esposizione, del clima, dell’altitudine e non solo: anche in ragione della qualità del terreno e della sua fertilità ogni frutto di ciascun cavolo produce diversamente.
Probabilmente due piante di cavolo della stessa specie … anche se allineate in file disciplinate e corrette, annaffiate e curate nello stesso identico modo raggiungono la maturazione in tempi diversi tanto che nell’orto domestico possono essere raccolti a scalare.
Se i cavoli, che sempre cavoli sono e non persone, hanno queste modeste ma complesse esigenze come può pensare che i ragazzi raggiungano la loro eccellenza tutti insieme? E come fa a pensare che esista un certo tipo di eccellenza buona per ciascuno?
O forse fraintendo ed Ella pensa che gli individui debbano essere selezionati solo in base alla velocità?
Dunque, esimio Dirigente Scolastico del Cavolo Nero non ci riduca gli innominabili a cavolini di Bruxelles e rifletta sulla parabola del cavolo. Altrimenti potrebbe alzarsi la ribellione del cavolo rosso… e allora sarebbero cavoli amari.
Rifletta esimio Dirigente, e osservi con rispetto i cavoli, tutti i cavoli pure quelli cinesi o romani, pure quelli che non abbiamo qui citato: possono essere incredibilmente belli e sorprendenti. E perfino dotati di un certo profumo

Con ossequi e minestre varie

Mariaserena

Roma, 16 Ottobre 2012

TERREMOTO EMILIA : FORTI SÌ, ma PERSONE, non cyborg

Questa è ciò che resta della casa di un amico. Ho preso questa foto in rete su fB.
Ci si indigna e si strepita per tante cose, poi ci si siede davanti alla tv e ci si lascia narrare la storia del terremoto. Guarda caso ci raccontano sempre di eventi già sistemati. Nonnine prelevate ancora vive da sotto le macerie (tanto poi muoiono e amen), piccole aziende distrutte ma che si sa già ripartiranno, la rincorsa al parmigiano reggiano (compriamolo, tanto non va a male), e soprattutto la fola di questi robusti emiliani caratterizzati da dignità, fierezza, tempra forte e positiva: rotta una casa se ne fa un’altra. E via col tango.
Già: gli emiliani. Un dna a parte, fatto di titanio.
Come se aver salvato casomai la pelle fosse equivalente a ritrovarsi sani e salvi in tutto.
Come se guardare il nido famigliare sbriciolato fosse un choc da superare con una seduta di psicoterapia di gruppo. Come se il lambrusco fosse sangue e il sangue lambrusco.
Proprio così: ci si indigna per tante cose, e poi si clicca un sms e siamo a posto.
Possiamo anche non pensare che perdere tutto, mentre c’è un terremoto che ti risveglia ogni mattina con una nuova scossa, significa non avere un posto dove lavarsi, dove andare al gabinetto, dove farsi un panino. Significa non avere acqua potabile, non avere più vestiti per cambiarsi, non sapere come cambiare i pannolini ai bambini. E trovarsi magari senza nemmeno le scarpe mentre si è costretti ad abbandonare le proprie cose sotto le macerie.
In tv ci fanno vedere gli alberghi che ospitano quieti signori attaccati al notebook. Benissimo, forse per qualcuno è stato possibile risolvere così.
Ma tutti gli altri? Perdere la casa significa affrontare la devastazione. Trovare il coraggio costa tanto, e il coraggio non te lo regalano. Potremmo almeno regalare (anche come stato) tutti gli strumenti materiali.Certamente gli emiliani ce la faranno, ma non sono cyborg con pezzi sostituibili. La loro perdita è delle peggiori e come tale va conosciuta e aiutata. Mentre la politica europea salva le banche i terremotati sono ostaggio di una telenovela. Mentre non si rinuncia a parate militari o a campionati di calcio(poli) uomini donne e cuccioli d’uomo lottano contro tutto: dalle scosse alle macerie, dai comuni bisogni materiali alle zanzare.
Come  popolo italiano dovremmo pretendere molto di più da quelli che stanno appollaiati sui colli della politica a sventolar tricolori.
Quella casa violata dal sisma insieme con i suoi affetti li accusa.