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Social e antipessimismo

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Partita tra amici

Eppure, eppure spigolando tra le bacheche di amici storici, e mi riferisco anche a quelli felicemente conosciuti proprio in rete, dove la storia si fa nel breve, per fortuna, trovo bagliori e scintille di un bel pensare critico, costruttivo, dinamico e, al tempo stesso, consapevole che non viviamo in un truman-show e che il nostro obbiettivo non è comparire in tv.
Trovo una saggezza che nasce e tende alla conoscenza.
Trovo un coraggio che non attende: ma si propone, scrive, manifesta e grida, quando occorre, contro questa melma tirannica che ci vorrebbe soffocare.
Tempo verrà, dunque? No, se lo vogliamo il tempo è venuto.
Avanti, avanti! Iniziamo dicendo NO e tutti i NO necessari.
Avanti, avanti! Costruiamo nella fatica personale, il pensiero correrà e ci sorpasserà trovando altri compagni di strada.
Ogni buona battaglia si combatte innanzitutto, io penso, per rispetto verso se stessi.

Pensiero forte VS poteri forti

Con le mani

Appartengo a una generazione, che non ha avuto paura dei temi forti anche se, probabilmente, non li abbiamo affrontati come si deve.
Oggi no, non c’è nulla di forte; oggi tutto è mediato, stemperato, politicamente corretto e acquiescente a questa mediocre realtà che ci viene ammannita come “dura ma necessaria”.
Ma non riusciranno a farmi pensare che il duro e necessario sia anche utile.
Utile è ciò che cresce progettando, non ciò che spegne altri arricchendo se stesso.
E loro arricchiscono.
É dunque loro la vittoria?
Solo se l’accettiamo. Ma possiamo non accettarla e pensare diversamente e vivere diversamente per trovare il tempo per leggere, scrivere e continuare a pensare che c’è un altro futuro possibile, senza di loro.
Come? Anche dicendo no, anche rifiutando di tapparsi il naso.
E’ stato allora, quando ci siamo, per la prima volta, tappati il naso, abbiamo chiuso anche gli occhi e le orecchie ed abbiamo rinunciato all’etica, alla solidarietà e messo il cervello nel Domopak, in frigo depositando un voto, estorto dal compromesso, nell’urna
E’ proprio da quando ci siamo accontentati del meno peggio che il pessimo maleodorante e la volgarità furba ma ignorante hanno cominciato a impacchettarci e a metterci sottovuoto.
No, ripeto, non riusciranno a farmi pensare che sia duro ma necessario ed utile rinunciare alla dignità del lavoro, alla giustizia sociale, all’uguaglianza, ai diritti fondamentali che ci erano stati garantiti perchè conquistati dai nostri padri.

L’incubo deve finire.
Dovessimo pure ricucirle, le nostre bandiere devono tornare al loro posto.

Aforismi per la sopravvivenza ovvero gli antiveleni


E’ necessario prender atto di come le più vili aggressioni e le più amare delusioni e le più tristi manovre possano provenire da dove le nostre difese non sono fortificate e da coloro che noi consideravamo non solo interlocutori da stimare, ma addirittura amici leali.

Accendere il fuoco contro apatia, disillusione, anestesia emotiva – di Mariaserena Peterlin

Ho letto su web la riflessione di una persona che stimo molto e a cui voglio bene. Questa persona dice così: “A volte mi chiedo come sia possibile che non scoppi ogni giorno una rivoluzione. Non una rivoluzione fatta di parole e di mediocri pensatori, oramai s'è fatto tardi, ma una di quelle che oppone la carne a processi decisionali illegittimi e ingiusti. Carne. Una rivoluzione di quelle per cui la sera mi trovi ad aspettarti, con corpo e sangue, non con numeri e parole.”

Mi piacerebbe avere risposte all’altezza di questa riflessione, ma sono una persona semplice che ha solo spiegazioni parziali, semplici e da vecchio focolare. 
Quel focolare non è esistito solo nei dipinti. Mi piace immaginarlo come mito e come luogo vivo anche di esperienze narrate. Se qualcuno l’ha rappresentato per immagini è perché era anche simbolo del luogo in cui si ragionava e narrava, al riverbero della genuina fiamma rossastra del ceppo ardente nel buio della cappa piena di faville.  
La mia spiegazione da focolare è, necessariamente, sospesa tra allegoria e realismo. Io dico, fissando la mia fiamma sincera, che c’è in giro una pandemia di AAE: apatia anestetica antiemotiva. I sintomi sono: inerzia, sfiducia e lungo scontento; detti sintomi causano l’impossibilità a provare vere passioni e la sostanziale indifferenza alla propria sorte; infatti non si indaga sulle cause profonde del proprio malessere e non ci si accorge di quanto sia diffuso il contagio perché ci si adegua ad una sorte deludente ma comune (mal comune, mezzo gaudio recitava, infatti, il caminetto).  
Chi non prova passioni diventa sterile e quindi non può concepire nulla, nemmeno rivoluzioni. Le emozioni e le passioni (ed ogni nobile tensione umana) sono stati convogliati verso il privato personale oppure prudentemente, ma inesorabilmente spente.
C'è stato un tempo in cui si sfottevano i rivoluzionari imborghesiti, da salotto o sala-convegni dicendo "in caso di pioggia la rivoluzione si terrà al coperto"; inevitabilmente, copri oggi copri domani, il luogo coperto è diventato luogo privato. Nel luogo privato non si accende un fuoco comune, ma ci si accontenta di un personale plaid da ginocchia. Si esauriscono e disilludono le passioni che (eventualmente disinnescate) si vanno poi a raccontare alle defilippi, paolaperego o panicucci di turno.
Insomma la diffusione del contagio dell'AAE rende indifferenti e passivi.
Credo che, per iniziare una terapia efficace si debba ricominciare da una cura energica: la riscrittura attiva e condivisa di uno statuto morale che parli di dignità, di diritti, di bene comune. Abbiamo perso tanto tempo, e nel frattempo si fa scorpacciate di placebo; birretta con gli amici fidati, una botta di vita da w/e e via, qualche generosa manifestazione coi palloncini, tamburelli e  facce in maschera (di quelle che il vecchio Asor Rosa ha ammonito: "non sono sufficienti") magari uno spinellino sul finale, un concertone-gozzoviglia, un talk-show col predicatore-laico di turno e tutto finisce là. Dimenticavo: anche un insulto pittoresco a questo governo scarica la tensione e dà un senso di passeggero benessere, ma aggrava la malattia. Perché? Semplice: scaricare le tensioni, anestetizzare le passioni, disinnescare la ragione fa il gioco della pandemia; e  soprattutto si peggiora nel caso frequente in cui "in caso di pioggia… al coperto” o anche con l'attendere con ansia la dose quotidiana di news dai media.
 
Perdonate lo sfogo, sono una persona semplice, e il mio mito del focolare domestico mi porta a ravvivare il fuoco, fin quando c'è legna; di boschi ne vedo sempre meno, ma io sono una che pianta alberi e semina fragole. Ci sono.