Ho letto su web la riflessione di una persona che stimo molto e a cui voglio bene. Questa persona dice così: “A volte mi chiedo come sia possibile che non scoppi ogni giorno una rivoluzione. Non una rivoluzione fatta di parole e di mediocri pensatori, oramai s'è fatto tardi, ma una di quelle che oppone la carne a processi decisionali illegittimi e ingiusti. Carne. Una rivoluzione di quelle per cui la sera mi trovi ad aspettarti, con corpo e sangue, non con numeri e parole.”

Mi piacerebbe avere risposte all’altezza di questa riflessione, ma sono una persona semplice che ha solo spiegazioni parziali, semplici e da vecchio focolare.
Quel focolare non è esistito solo nei dipinti. Mi piace immaginarlo come mito e come luogo vivo anche di esperienze narrate. Se qualcuno l’ha rappresentato per immagini è perché era anche simbolo del luogo in cui si ragionava e narrava, al riverbero della genuina fiamma rossastra del ceppo ardente nel buio della cappa piena di faville.
La mia spiegazione da focolare è, necessariamente, sospesa tra allegoria e realismo. Io dico, fissando la mia fiamma sincera, che c’è in giro una pandemia di AAE: apatia anestetica antiemotiva. I sintomi sono: inerzia, sfiducia e lungo scontento; detti sintomi causano l’impossibilità a provare vere passioni e la sostanziale indifferenza alla propria sorte; infatti non si indaga sulle cause profonde del proprio malessere e non ci si accorge di quanto sia diffuso il contagio perché ci si adegua ad una sorte deludente ma comune (mal comune, mezzo gaudio recitava, infatti, il caminetto).
Chi non prova passioni diventa sterile e quindi non può concepire nulla, nemmeno rivoluzioni. Le emozioni e le passioni (ed ogni nobile tensione umana) sono stati convogliati verso il privato personale oppure prudentemente, ma inesorabilmente spente.
C'è stato un tempo in cui si sfottevano i rivoluzionari imborghesiti, da salotto o sala-convegni dicendo "in caso di pioggia la rivoluzione si terrà al coperto"; inevitabilmente, copri oggi copri domani, il luogo coperto è diventato luogo privato. Nel luogo privato non si accende un fuoco comune, ma ci si accontenta di un personale plaid da ginocchia. Si esauriscono e disilludono le passioni che (eventualmente disinnescate) si vanno poi a raccontare alle defilippi, paolaperego o panicucci di turno.
Insomma la diffusione del contagio dell'AAE rende indifferenti e passivi.
Credo che, per iniziare una terapia efficace si debba ricominciare da una cura energica: la riscrittura attiva e condivisa di uno statuto morale che parli di dignità, di diritti, di bene comune. Abbiamo perso tanto tempo, e nel frattempo si fa scorpacciate di placebo; birretta con gli amici fidati, una botta di vita da w/e e via, qualche generosa manifestazione coi palloncini, tamburelli e facce in maschera (di quelle che il vecchio Asor Rosa ha ammonito: "non sono sufficienti") magari uno spinellino sul finale, un concertone-gozzoviglia, un talk-show col predicatore-laico di turno e tutto finisce là. Dimenticavo: anche un insulto pittoresco a questo governo scarica la tensione e dà un senso di passeggero benessere, ma aggrava la malattia. Perché? Semplice: scaricare le tensioni, anestetizzare le passioni, disinnescare la ragione fa il gioco della pandemia; e
soprattutto si peggiora nel caso frequente in cui "in caso di pioggia… al coperto” o anche con l'attendere con ansia la dose quotidiana di news dai media.
Perdonate lo sfogo, sono una persona semplice, e il mio mito del focolare domestico mi porta a ravvivare il fuoco, fin quando c'è legna; di boschi ne vedo sempre meno, ma io sono una che pianta alberi e semina fragole. Ci sono.