I poeti si sono chiesti dove fosse la luna, hanno provato a interrogarla, se ne sono lasciati ammaliare, hanno immaginato di raggiungerla volando, hanno immaginato il “mal di luna” come una superstizione o ne hanno fatto dominatrice di sabba o sogno di amanti, l’hanno sempre desiderata quasi immergendosi nella sua luce indefinibile e magica. Per non parlare dei musicisti.
Nessuno può guardare la luna rimanendo indifferente, specie a Natale.
E se d’estate la luna sorge quasi offuscata dalla lunga luce di giorni interminabili, d’inverno invece appare amica e guida tempestiva di sere e notti che appaiono troppo lunghe quando aspettiamo, insonni, la luce del giorno.
In questi mesi di guerra, di popoli senza più luce né calore io immagino le notti di persone disperate e tremanti, immagino piccole luci fumose sotterranee e maleolenti.
Ma penso anche: dov’è la luna per loro? Immagino che quella luce della luna, seppure avvelenata da esplosioni che angosciano, uccidono e ammorbano anche i cieli delle campagne e delle pianure, sia una loro amica silenziosa, forse l’unica.
Di notte, quando la luce chiama i semi a germogliare, le piante a crescere, le rugiade a condensarsi in gocce dissetanti le zolle e le foglie, di notte le creature umane, animali, vegetali e perfino i solchi di terre violate cercano, io penso, la luna e si protendono verso di lei.
Anche oggi, come ieri e come sempre.
Dov’è la luna? Lei sta al suo posto nel movimento cosmico infinito e silenzioso.
Ho una vecchia foto di un abete che con i suoi rami si tende verso la luna quasi a sfiorarla mentre lei ride nel cielo.
Spero che quel sorriso illumini la conversione dalla guerra alla pace, dalla ferocia agli affetti.
Lei aspetta.
