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Scuola non bella_d’estate

Anche i #prof hanno bisogno di pause.

Al di là di ogni altra considerazione di cui sono piene sia le nostre personali pagine e bacheche, sia i titolati giornaloni importanti, c’è una riflessione faticosa anche da dire, ma altrettanto vera.
Per la tipologia del suo lavoro il docente  vive  un rapporto di relazione quotidiano coi suoi allievi sia nella scuola in aula o in laboratorio, sia anche a domicilio. Tutta la sua attività dall’aggiornamento all’ideazione, dalla preparazione alla correzione (per tacere della valutazione) richiede un contatto continuo e a volte martellante con i nostri ragazzi. Sì nostri.
Non c’è docente serio a cui non sia accaduto di, come dire, “portarsi a casa” i pensieri, i dubbi, i problemi e a volte anche le ansie che questo lavoro comporta.

disegno paint di aula vuota.
di proprietà di Mariaserena Peterlin

Sarò breve: tutti gli insegnanti hanno bisogno di staccare per qualche settimana (non parliamo di “mesi” che non ci son più da tanto tempo).
E non parliamo di vacanze; parliamo invece di un tempo necessario a ricostituire una maggiore serenità, una migliore riflessione che porta anche beneficio al lavoro dell’anno successivo.
Un rapporto continuo, reiterato e soprattutto ininterrotto con gli allievi piccoli o più grandi non giova a nessuno, anzi danneggia tutti.
Rischia di crearsi una sorta di relazione pseudoamicale da precettore in casa nobile, da Tata-badante, da complice cameratismo. Insegnare non è questo.

NON va bene.
Caro ministro e soci, stata sbagliando tutto.
Ovvero: state lavorando per voi, non per noi, non per gli allievi.
I docenti, come noto, non possono permettersi le “vacanze da sogno”, ma giustamente sognano un periodo estivo di rammendo, di ricucitura e di rinnovamento per la ripresa del loro slancio, per riequilibrare la loro serenità professionale.

Ma voi volete una scuola badante.
E allora confermo: sbagliate e non solo: la offendete.

tante scuole per un solo miur

cropped-foto-io-26Eppure questa bestia del covid19 sta svelando magagne a 360 gradi: dalla situazione degli ambulatori dei medici di base alle cabine a mare.
Ma faccio l’esempio di cui so qualcosa: la scuola.
Un vecchio, eterno problema è quello della generalizzazione della realtà scolastica: infatti dalla materna (dal nido!) alla laurea il contenuto, il mezzo e il fine non possono essere omologati.
Lo so, sembra banale, ma invece non lo è.
E un solo #MIUR gestito con il sistema attuale è ridicolo, è velleitario, è nocivo.
L’utenza (pessimo ma efficace definizione) scolastica o dell’Istruzione è largamente rappresentata da persone che vanno dai 3 mesi d’età ai 18/19 dell’Esame di Stato.
Lo vogliamo dire, o no, che nessuno, nemmeno un genio puro, che unisse talento a cultura, potrebbe gestire tutto questo in un solo Miur?
E vogliamo denunciare che l’incompetenza è soprattutto quella di chi presume di sapere e decidere tra pochi fidati amici?
Dialettica ci vuole; confronto, discussione e contrapposizione: ricerca di sintesi e verifica con la base. Oggi la tragedia in atto è evidente: soprattutto oggi che le risorse, in ambito politico e non solo, sono quelle che sono.
I giornali e le tv non sollevano seriamente il problema: di tutto parlano ma non di formazione e didattica.
Tanto è vero che #la_scuola_non_si_ferma in tv trasmette pallosissime conferenze che possono al massimo conciliare il sonno dei nonni o l’insofferenza giustificata dei giovani.

Citazione

Paura e Coraggio

dal nuovo Blog La vita al tempo del coronavirus : la voce di ragazzi ora al chiuso, fuori dalla scuola. Ecco cosa dicono.

via Paura e Coraggio

LA VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Gli studenti raccontano / Oltre la didattica a distanza

C’è una Scuola da difendere

V A 2004 001

una mia classe agli Esami di Maturità

Leggo (ormai inizio spesso così) sulle bacheche di social post e commenti in cui si parla di fatti che accadono, in questo periodo, nelle scuole. Leggo commenti di studenti, di ex studenti, di genitori, di prof (di ogni ordine e grado).

Leggo di: – docenti scherniti e a volte picchiati da loro studenti – di docenti presi a botte da madri e padri allertati dal ragazzino per fatti irrisori (rimproveri) – di docenti filmati mentre sono sottoposti a sommosse costruite ad arte
ma anche
– di insegnanti che maltrattano con atti e parole piccoli al nido (!) o alla materna – di insegnanti che tranciano e trinciano giudizi come se stessero affettando un merluzzo surgelato – di docenti che seducono, plagiano e ottengono prestazioni sessuali dalle loro studentesse (ma non mancano nemmeno molestie ai maschi).
Di fronte a tutto questo alcuni generalizzano, altri tirano giù santi e beati, altri decidono che la scuola sia da buttare, a vantaggio delle private sulle quali, tuttavia, si abbattono i recenti scandali. Probabilmente accade perché è facile attirare l’attenzione su quello che non va, sulle violenze, sugli abusi; mentre poco interessa alla nostra valutazione, malata di sensazionalismi mediatici, parlare di quello che va bene. Poco si sa parlare di buone pratiche, di bravi docenti, di ragazzi che vanno a scuola con fatica (perché no) ma tutto sommato ben motivati Ci avevamo provato con La Scuola che funziona messa in rete da Gianni Marconato tempo fa, e di questo network il documento più significativo è, e rimane, Il Manifesto degli Insegnanti, una bella esperienza. Adesso di buona scuola si parla, ed è giusto e corretto lo si faccia (a patto che non diventi una vetrina per dire solo “sono innovatrice/ore: quanto sono brava/o); ma si dice poco se funzioni o meno, molti bravi docenti dicono di no e motivano; altri di sì. Non è questo il mio temino di oggi. Scrivo infatti tutto questo sollecitata sia da recenti denunce verso maestre picchiatrici, sia dagli attuali fatti di abusi sessuali di insegnanti (di scuole pubbliche, ma anche di illustri Istituti privati apparentemente insospettabili, ma va a capire). Non difenderei nemmeno per un miliardo di euro né con parole, né con azioni chi alza le mani, chi insulta, chi abusa di un minore. Sono “debolezze” che considero un vizio irresponsabile, violento, odioso. Non sosterrei mai, allo stesso modo, chi tenti ipocritamente di coprire vicende che coinvolgono bambine o bambini, ragazze o ragazzi e tanto meno quegli orribili docenti che, approfittando del ruolo, plagiano le persone che dovrebbero educare.

la mia cattedra, di Italiano

io prof in classe, con un mio studente, alla cattedra, gli altri nei banchi

Però difendo la scuola come istituzione, come corpo dei lavoratori docenti dei quali la quasi totalità è preparata, impegnata e in buona fede. Un corpo docente immerso nella realtà e che si confronta quotidianamente con una nuova dimensione giovanile complicatissima, distratta da tanti fattori che sappiamo, a volte priva di riferimenti famigliari importanti, sollecitata compulsivamente da mille esempi a volte fuorvianti. Non tiro in ballo liberismo, culto dell’immagine, perdita di valori e simili “catastrofi”; li conosciamo già. Però chiederei, se ne avessi autorità, ai bravi insegnanti di non coprire mai le scorrettezze, i sospetti, le violenze, le (lasciatemele chiamare così) turpitudini di quei pochi che sporcano la scuola e il lavoro onestamente svolto. Abbiamo bisogno, per i nostri bambini, ragazzi e giovani, di messaggi chiari e puliti. Se un docente sbagliasse perché si è dimenticato una data, una forma sintattica o una formula dobbiamo sapere che il primo a preoccuparsene e a rimediare sarebbe essere lui stesso, e non deve essere disprezzato per questo. Se invece un docente picchiasse un bambino, se si permettesse di avere comportamenti equivoci, se addirittura intrattenesse o richiedesse prestazioni sessuali a un minore non deve essere coperto e tanto meno giudicato con indulgenza perché non solo compie reato con effetti irreversibili, ma danneggia tutto un sistema di Istruzione che nonostante tutto funziona, che può funzionare meglio, ma che in ogni caso è essenziale funzioni per il futuro di tutti. Per questo difendo la scuola, la scuola pubblica soprattutto, dalla ipocrisia, dalla malevolenza, dalle calunnie ma anche dagli interessi di chi vuole metterci sopra le mani.