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Manda il curriculum

Circa un anno fa un amico mi chiese la cortesia di rivedere un paper da presentare a uno di quei convegni sulla didattica promosso annualmente da un’associazione che qui chiamerò tizio-caio. In realtà si trattava di riscriverne varie pagine (che in occasione di chiamata a soccorso vengono chiamate paginette).Sono una che non riesce a negarsi a una richiesta amichevole e garbata e accettai.Fu un lavoro impegnativo. Per di più in questi casi devi adattarti a un format, tener conto di quello che dicono altri e coordinare pensieri e parole espressi in interventi diversi. Insomma mi ci impegnai.Andò in porto: ossia feci il compito. Chiusi il lavoro e spedii via email, naturalmente. Click. Fatto. L’amico mi chiama, affettuosamente grato, e …
–        Manda anche il tuo curriculum
–        Il mio curriculum? Ma …
–        Tranquilla, è la prassi
–        Sì capisco, ma io sono un’insegnante adesso in pensione, scrivo, bloggo, partecipo e leggo, faccio altro. A che serve un curriculum? Mica cerco lavoro
–        È la prassi. Sei in un gruppo di Autori, e come Autore deve esserci anche il tuo

Insomma, imbarazzatissima scartabellai tra i curricula altrui per orientarmi.
Scartato, ovviamente, il formato del curriculum europeo, lessi e compitai.
Mi accorsi che in molti abbiamo biografie (o autobiografie?) perversamente parallele.
Siamo umani con un’attività e una vita, ma il curriculum non parla della vita.
Vediamo allora: si può, arrivati un bel pezzo avanti nelle nostre esperienze e sentimenti, passioni e disincanti, descrivere o render conto di un’attività senza dire chi siamo?
Grave imbarazzo mi colse.
Sarei riuscita a dire  chi sono se fossi riuscita a descrivere puntigliosamente tutti gli studi, abilitazioni, corsi e ricorsi, aggiornamenti e appallamenti, pubblicazioni e frustrazioni, esperienze di lavoro pagate e donate allo stato o a studenti, sostituzioni di chi aveva troppo da fare per … , convegni, forum, congressi, aggiornamenti, organizzazione eventi, viaggi di lavoro, progetti e tutto quello che avrei potuto raccattare tra carte e memoria?
Avrei potuto dimostrare che sono nociva/benefica o che sono utile/inutile?
Che ho lasciato segni o sassi dietro di me?
Avrei potuto dire quali sono le mie idee e valori, difetti ed errori?
No. Arriva un momento della vita, e non parlo solo di età, in cui ci si può liberare dalla vanità sociale e ti rimane dentro, se sei fortunato, la dignità personale.
E allora descriversi in un curriculum è piuttosto farsesco.
Alla amichevole richiesta di curriculum risposi : facciamo così, metti solo Maria Serena Peterlin – Insegnante Scrittrice
E mi pareva di aver già fatto troppo danno…
(E poi definirsi scrittori si può anche fare, ma insegnanti è davvero già una bella presunzione).

A voi, che avete la finanza nel cuore, noi rispondiamo con

Rapsodia in arcobaleno

Rispondiamo con la nostra logica.

Rispondiamo con il nostro

essere umani.

Con l’essere bambini, donne, uomini.

Rispondiamo che le loro regole

non sono legge,

Rispondiamo ai padroni del mondo

che il denaro non è un fine.

Rispondiamo che uccide

ma non ci compra.

Rispondiamo che un mondo diverso,

e di misura umana

non è un sogno né un’utopia.

Un mondo diverso

 è un progetto comune,

lavora seriamente

non prevarica

non imbroglia nè tradisce

non profitta, non usa violenza.

 

Rispondiamo che i nostri sogni

non sono mai stati in vendita

perché idee sangue e passione

non sono solo sogni.

18 APRILE 2012 – regalo di compleanno

Oggi è il mio compleanno!
I PENSIERI DELLE PAROLE

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questa settimana in regalo, per il mio compleanno


auto pubblicato con Lulu.com
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Maria Serena Peterlin Libri ed eBook
Il secondo volume di poesie è di prossima pubblicazione.

Ecco come e perché ho deciso di Auto-Pubblicare

La mia prima ricerca dopo la Laurea riguardò un fascicolo di lettere che Giovanni Pascoli aveva scritto al suo editore delle Myricae. Chi sia appena un po’ curioso di letteratura sa bene che le Myricae pascoliane sono la raccolta che rinnova il linguaggio poetico in Italia, un’opera di cui i maggiori critici contemporanei si sono occupati con passione.
Lessi i manoscritti nella vecchia sede della Biblioteca Nazionale di Roma: un luogo affascinante, antico e riservato entrando nel quale sembrava di rompere il cerchio rigido degli orologi che scandiscono il tempo per entrare in punta di piedi dove risiede il sapere. O almeno il sapere di cui io avevo fame e sete.
Leggendo le lettere di Giovanni Pascoli avevo tra le mani le sue carte, e negli occhi la sua scrittura. Mi aspettavo parole poetiche, che precorressero i testi che amavo.
Invece il poeta doveva scrivere al suo editore, per essere pagato il giusto convenuto: “Veramente mi parrebbe di dover avere di più. Ho avuto 200+500=700+20=720. Essendo i fogli 27, a Lire 30, farebbe 810 Lire, e io ne dovrei avere, computando le quaranta mandatemi ora, altre cinquanta. Non so se mi sbagli: dica lei.
Naturalmente questo è solo un esempio, un pezzetto di autobiografia che vale come tale, ma esempi se ne potrebbero trovare altri. Pochi autori hanno avuto, viventi, quei riconoscimenti che il tempo galantuomo ha poi attribuito loro, di solito sono stati pagati un tot “a parola” e non mancano quelli che hanno esordito a loro spese.
Ma io non ho mai pensato a me stessa come ad una Autrice. Sono una che scrive per affetto e per amore, per dire fuori quello che pensa dentro, non per cercare soldi e fama che probabilmente non mi spettano. Sono una che litiga col correttore word che non vorrebbe iniziassi i periodi con il “Ma” e roba simile, per cui lo ignoro.
Tutto qui.
Cercare un editore significa, invece, avere ambizioni, e quindi anche inviare pacchi, scrivere lettere, attendere risposte che non arrivano, venire a patti con se stessi, aspettare immaginando che le nostre parole siano gettate nel cestino senza nemmeno essere valutate oppure valutate con un fine commerciale. Niente di male, ma non fa per me.
Cercare un editore ed eventualmente trovarlo significa sottostare alle richieste degli editor, accettare adattamenti, sottostare alla politica commerciale e rinunciare ad essere proprietari della nostra opera tranne per il riconoscimento di una eventuale percentuale. Molti autori devono addirittura acquistare le copie dei propri libri. Niente di male, certo: ma non fa per me.
E’ così che ho deciso per il fai da me.
Ho imparato a cavarmela e a fare un sacco di cose nuove, ho lavorato sulle mie pagine e paginette, ho passato giornate a rivedere i testi, a controllare i margini, gli a capo eccetera.
Ne è uscito un prodotto probabilmente imperfetto. Però è roba mia.
Ho felicemente realizzato edizioni cartacee ed in e-book.
Spesso mando via web, e volentieri,  i mie file gratuitamente; altre volte ordino i miei libri per donarli: ma nessuno mi costringe. Nessuno può dirmi che le edizioni sono esaurite.
E se il sito su cui pubblico chiudesse (nulla è eterno in rete) pazienza: ho i miei files, li inserirò in un altro o creerò un sito mio da cui scaricare.
Libertà vo cercando, e libertà ho trovato.
PS: in qualunque momento, anche se alle 3 di notte mi viene in mente una modifica, un’aggiunta, un ripensamento… niente panico: potrei andare al pc, scaricare il mio file, correggere, inserire, tagliare, mettere immagini e … già fatto? Certo che sì.
E chi se ne importa del denaro.
Mica mi chiamo bruno vespa o vip-di-turno. (e la minuscola ci sta tutta)
Quello che scriviamo sinceramente è importate, in primo luogo per noi e per le persone che amiamo. Speriamo che l’affetto vinca sempre.