Archivi tag: uguaglianza

Ex prof


Immagino che sia deformazione, professionale intendo, nel pensare che quando, come, dove e anche se, si ammassano creature, fossero pure animali, ma sono invece cuori con con anime e cervelli, e le si trattano come se fossero solo un problema o un accidenti, un guaio o una scocciatura e una spesa, immagino, dicevo, che sia solo con responsabile attenzione, con strumenti e strategie, con guide severe ma attente all’altro, che si riesca a fare venire alla luce la gemma che c’è in ciascuno di noi. Se questa è la condizione umana allora la gemma c’è in ciascuno. E quella gemma ha un nome: uguaglianza responsabile dei diritti.

Aggiungi i poveri a tavola, ma nel palazzo

Montecitorio – Interno

Scorrono, mentre ammiriamo, le immagine e le parole dei buoni che vanno a pranzare coi poveri per le feste comandate e, pensosi, ci parlano ammonendoci della povertà.
Scorrono anche quelle dei nostri palazzi dove risiedono le istituzioni. Palazzi lustri, magnifici e in questi giorni disabitati. Palazzi costruiti da papi e da re ed adesso usati dai rappresentanti del popolo. Palazzi di frequentazioni assidue e, ahimè a loro modo legittimate dal voto, di corrotti e corruttori benvestiti e riveriti e che scendono da auto proporzionate.
A nostra insaputa? Forse. A nostre spese di sicuro.
Scorrono dunque le immagini, ad esempio, del palazzo del Parlamento dove vellutate corsie rosse e arredi di lusso sono incorniciati da marmi meravigliosi da arazzi e affreschi, da ebanisterie di cui pare poter cogliere ancora il profumo perfino dal nostro display. Il tutto è illuminato a giorno da fonti di luce potenti, ben distribuite che pervadono, senza avarizia, ogni angolo nello stesso modo. Sono le sede delle istituzioni italiane, bellezza, e probabilmente nessun paese al mondo ne ha di simili in gusto, in eleganza o per il fascino discreto e potente dell’arte che vi è espressa. E se le telecamere ci rimandano le immagine delle sale a disposizione delle riunioni dei gruppi e dei partiti vediamo anche tavoli grandi come campi da basket, poltrone e tutto l’adeguato arredo per lavorare, e lavorare bene. E’ questa la Repubblica bellezza?
Ma noi là dentro non vediamo la Repubblica, vediamo i poteri accapigliarsi freddamente mentre il popolo può attendere, e forse se lo merita intento com’è a rilassarsi nell’idromassaggio dopo aver messo ad arrostire il mezzo abbacchio da gustare  sbevazzando il brindisi pasquale. Come negarci anche questo?
Il fatto è che non c’è solo questa brava gente che festeggia onestamente e per tradizione. Ci sono, appunto, altri bravi di buon cuore che vanno a pranzo alla mensa del povero, dei poveri, della Caritas, e ci sono anche i tanti buoni sconosciuti e silenziosi che sanno tendere una mano.
Forse ho visto troppi film sbagliati e anche letto libri non adeguati, o forse, sì dev’essere anche questo, è perché mi manca il poeta dei barboni, morto in questi giorni, che mi tornano negli occhi le immagini finali di “Miracolo a Milano”.
Via, via volare si può.
E allora come non chiedersi perché non realizziamo mai l’utopia, nemmeno quella possibile, nemmeno quando è a portata di mano? E mi permetto un invito: gentile Boldrini, grazie per il suo, bello e di stile e buon esempio, gesto di rinunciare ai privilegi dell’abitazione che le spetta di diritto; che ne direbbe di fare di più: aprire la nostra casa comune, quella che vorrebbe e vorremmo trasparente, almeno nei giorni di festa e di invitare là, sì proprio là dentro, gli umili della strada, i poveri silenziosi?
Coraggio: tutti dentro, spazio ce n’è, sedie, tavoli, poltrone, servizi ce ne devono essere anche troppi. Cibo e bevande? Non mancheranno certo i mezzi, con quello che ci costa la politica che amiamo.
Fuori, per un paio di giorni, il privilegio e il potere peraltro in vacanza, e dentro i con-cittadini che, fin che hanno potuto, hanno anche mantenuto le istituzioni nostre ossia di tutti.
Gentile presidente perché no?
Possiamo far uscire dai libri l’utopia della fratellanza, dell’uguaglianza e della libertà in senso pieno e farla passeggiare su quelle corsie di velluto rosso? Perché no?
Volendo non è così difficile penetrare fino in fondo alla frase della nonna che diceva “il sudario non ha tasche” e cogliere che non è affatto un’immagine morale, ma può essere vita e sopravvivenza.
Perché lei lo sa bene, è la speranza che fa sopravvivere.

BASTA! ARRABBIAMOCI

Michelangelo - PrigioniOrmai lo sappiamo: chi ha un problema qualsiasi si trova, a meno non sia un privilegiato, drammaticamente solo.

Si tratti della salute, del lavoro, di problemi sociali, di anziani, disabili o bambini da accudire, si tratti di disagio, di indigenza, di fame siamo soli.

E allora chiediamoci perché. 

Chiediamoci perché c’è ancora gente che dice “non ci voglio pensare, ora sono in vacanza”. Il motivo è semplice: per ora ha vinto un grande sistema comunicativo-mediatico che ha insegnato a non pensare, a non essere solidali, a vivere solo per se stessi senza riflettere e capire che non funziona così. E allora è anche necessario aprire gli occhi e dire basta.

Basta con una “classe politica” che svolazza per l’Europa con lo scopo principale di mantenere in vita se stessa; basta con queste stupidaggini sull’anti-germania, che non ce ne può frega’ di meno.

Basta! Perché invece siamo in tanti a considerarci amici del mondo e non delle nazioni, dei popoli e non dei poteri. Finchè dobbiamo sopportare un governo del tecnico cavolo, almeno pensassero a ricostruire. Ricostruire è generare lavoro, e generare lavoro significa benessere.
Basta! Perchè in tanti noi non vogliamo ricchezza e finanza, vogliamo pace, lavoro e giustizia.
L’Emilia dei cittadini che stanno scavando tra le macerie delle loro case è un esempio drammatico di quanto interessino allo “stato” il cittadino, i cittadini che paga per mantenere l’apparato inutile e fastoso. Non gliene importa nulla.
E allora basta anche con tutte queste corporazioni di fatto: insegnanti, medici, infermieri, operatori della comunicazione, giornalisti, artisti, artigiani, professionisti, architetti, idraulici, imprenditori edili, commercianti e via dicendo che si covano il loro cantuccio sperando che passi la bufera mentre ognuno protegge la sua categoria di pochi intimi.
Ecco, infatti, qual è il solito vecchio problema irrisolto dell’ex classe media: non solidarizzare, considerarsi esenti, reputarsi immuni, immaginare piccoli escamotage o grandi compromessi come vie di uscita.
E non si è ancora capito che ormai la “classe media” non esiste più e non siamo nemmeno proletariato visto che non abbiamo più la forza morale e umana della disperazione che però è comunque fede nella vita.
Non è forse vero che abbiamo perso quel nobile e umano istinto di sopravvivenza che porta a generare figli anche sotto le bombe?

Basta dunque. Liberiamoci da questa prigione mentale. Arrabbiamoci!