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I poveri alla messa

170148837-9368b274-1d13-4dd6-8ca0-e2e9135e039eAscoltavo recentemente un’omelia dove si commentava la parabola del grasso Epulone e del povero Lazzaro, e venivamo severamente ammoniti : – Voi comprate il suv (si rivolgeva ai fedeli il predicatore) e trascurate i poveri che vi sono vicini.-
E allora mi sono guardata intorno: vicini vicinissimi, e anche loro destinatari dell’omelia, anziani con addosso indumenti con almeno trent’anni di logorio e gente, nonostante la serata umidina, con sandali per risparmiare sulle calze (tanto ancora non fa freddo), vecchi sbilenchi ed evidentemente sofferenti trascinati da badanti di tutte le nazionalità possibili.
Già: ma allora gli Epuloni da ammonire non stanno tra noi. 
E allora perché bisogna sempre aspettare il giudizio universale? Cosa ci manca? il coraggio o il cervello?

Ma sì ci manca invece la #politica, quella che ha inseguito non la giustizia sociale ma imitato inseguendolo in modo forsennato il televisionaro di arcore, e ora ancora insegue: ora il food. Il cibo, il bere fino ad andare a sbattere, il mangiare fino alla spazzatura iperglicemica.
Sono proprio scocciata.

Tra #ponti, stadi e #sfratti vince il liberismo

sciopero-610x350Per la mia ostinata incapacità di accettare per buone le verità rivelate, specialmente quelle correntemente diffuse, non riesco a impietosirmi né per le masse (che non voglio qualificare) che tifano per ‘o stadio de ‘a Roma, né, e so che scandalizzo molti se non tutti, per chi sia senza tetto non per reali problemi fisici o di mancanza di lavoro ma, in un certo senso, per sua scelta. Mi impietosisco per chi lascia la vita sotto le macerie ingrassate dal profitto, ma non mi commuovono per niente per le parole alate, secondo me velatamente arroganti, di Renzo Piano che costruisce modellini, ma poi delega agli Ingegneri la costruzione e tutte le responsabilità che ne conseguono.
I morti ci sono, ma nemmeno i preti li piangono, il cardinale di Genova, per dirne uno, ri-lancia lo slogan : “Genova risorgerà più bella e superba di prima…” Bravo, grazie, prego, scusi. Ma i morti non risorgono, e se risorgessero farebbero bene ad andarlo a cercare, possibilmente di notte disturbandone la digestione.
Ma tornando ai senza tetto allontanati dagli stabili abusivamente occupati, posso dire che ognuno valuta le cose anche in base alle proprie esperienze di vita.
Per questo mi sento di affermare che ho girovagato per Italia e dintorni fin dall’infanzia seguendo mio padre che cercava lavoro nel dopoguerra; e nel dopo anni 60 ho cominciato a girovagare per mio conto sempre “appresso” al lavoro. e che con quel lavoro pagavo affitti che si mangiavano quasi tutto lo stipendio. Meno male che si lavorava in due (pessimi esempi per gli attuali standard coniugali, no?)
Penso che le eventuali fatiche, se così vogliamo definirle, che abbiamo fatto noi, o io, qui di casa e famiglia, non siano tali da non poter essere sopportate da molti.
Dunque non mi piace che si reclami il “diritto alla casa” prima di un eventuale reclamo di “diritto allo studio”, “alla ricerca”, “alla fatica” o al “Lavoro”. Tutti diritti, quelli appena enunciati, che si realizzano anche patteggiando, rinunciando a qualcosa non sempre inutile o semplicemente dandosi da fare.
Ora se è corretto denunciare se si mettono i bambini per strada allora ammettiamo che sia anche per lo meno corretto denunciare chi li ha fatti vivere tra i topi.
Ci sono strade e itinerari di vita indubbiamente  faticosi a volte fino allo spasimo, ma prima o meglio prima di arrendersi all’abusivismo, all’arte di arrangiarsi, all’illegalità bisogna almeno tentare di percorrerle.
Ho apprezzato e voluto bene, anche se solo a distanza, ad una giovane donna sfrattata che diceva in una intervista tv: “non è che una non vorrebbe camminare con le sue gambe “(ecco il camminare, il percorrere di cui parlavo sopra) “ma se ti chiedono 600 o 800 euro per l’affitto non ce la fai.”
E allora questa è dunque, a mio parere, la dura verità, questa è la causa degli orribili modi di escludere: è stato abolito lo stato sociale, è stato tolto valore all’istruzione, si è lasciato che il liberismo peggiore abbia preso possesso (per dirne una) perfino della gestione degli affitti (ma potremmo parlare di sanità, di urbanizzazione, di strade e autostrade, di industrie). Ma abbiamo (hanno i sindacati in primis) accettato che si applicassero affitti liberi, in nero, esosi fino al parossismo. E non si ascoltano o appoggiano le lotte dei lavoratori a cui la cosiddetta sinistra è ridotta ha chiedere scuse tardive se non ridicole. 
Ci sono, d’altro canto, brave persone che non chiedono “la casa aggratisse”, che non dicono “dove vado se non occupo?”, ma chiedono giustizia sociale.
Tutto il testo, consentitemi la volgarità per una volta sola, mi fa pensare a un’applicazione demagogica del “rutto libero” fantozziano. Parole sudice che escono da pessima digestione.
E concludo.
Totti, vigoroso paladino del nuovo stadio della Roma, mi era simpatico, ora meno.
Il popolo lo amavo, ora quello da stadio non lo sopporto.
Le cose serie sono altre.

Colpe di poveri e moderni untori

ragnatelaSì lo so, io cito troppo spesso Manzoni. Non lo fo per piacer mio, potrei dire, ma perché vi trovo tante realtà immutate che i lettori frettolosi e conformisti preferiscono, da decenni, ignorare.

È, ad esempio, il caso di Renzo, scambiato per untore.
Ma è soprattutto il caso degli untori, persone in realtà mai esistite, e non poteva essere diversamente, accusati però dall’ignoranza popolare, accortamente guidata e insufflata ad arte dal potere del tempo, di spargere un morbo fatale e mortale diffuso dalla guerra, ignorato per inettitudine delle autorità, aggravato dalla carestia e contro cui ogni cura era inutile.
Una sorta di livella che, tuttavia, nel romanzo ha una sua funzione, e nella Storia un fondamento serio. A margine possiamo solo aggiungere che le epidemie di peste nera furono, in passato, ricorrenti e drammaticamente fatali.
Gli untori non sono mai esistiti, ma facevano comodo.
Gli untori diventano un modo per trovare un colpevole facile, comodo e contro cui si poteva convogliare e scatenare una rabbia popolare che tutte le autorità temevano.
Fantocci che non esistevano e molto utili. Infatti pur non esistendo avevano quella loro funzione strategica: c’era l’epidemia di peste con annesse carestia, dolore, perdita di beni e persone, morte ineluttabile?
Bene: Dagli all’untore! (*)
Ed anche oggi si fa così. Se ci pensiamo un attimo troviamo tante analogie. E per non scomodare questioni internazionali ( e ce ne sarebbero, in parecchi infatti stiamo ancora chiedendoci a cosa sia servito abbattere regimi dittatoriali, guerrafondai, dotati di armi chimiche o che sgranocchiavano bambini a colazione se poi non sono sparite né dittature, né guerre, né minacce nucleari, né violenze di morte sull’infanzia e le creature più deboli ), vorrei sottoporre all’attenzione di rari, eventuali ma cari amici lettori le questioni dei disservizi nelle nostre città dove poco o nulla funziona bene: dalla sanità all’inquinamento, dallo smaltimento dei rifiuti alla regolazione del traffico o alla eventuale mancanza di cura dei beni artistici e così via noi siamo quotidianamente ad accusare qualcuno.

Se vai in Ospedale te la prendi col medico o col portantino, se vai a spasso e ti ammorbi di gas te la prendi con chi guida l’automobile, se vuoi buttare l’immondizia e trovi i cassonetti pieni e schifezze per terra te la prendi con gli addetti alla nettezza urbana e se c’è l’ingorgo te la prendi coi vigili, se scoppia un’autocisterna in autostrada te la prendi con la distrazione dell’autista.

Ah dimenticavo: se il pupo o la pupa di casa vanno male a scuola allora abbasso la maestra, dagli al prof e così via. Ma la cosa è reciproca in questo caso (al mondo c’è giustizia finalmente! e qui ricito il mio Manzoni) perché se il fanciulletto o la pischella sono maleducati, arroganti e non studiano allora il docente se la prende con la famiglia.

Insomma l’ UNTORE va via come il pane, l’untore è trendy, l’untore ci salva.

Devo aggiungere qualcosa? Non mi va di ripetere un pippone rabbioso contro il sistema a 360°, ma quello è.
Ho poca speranza che qualcuno si unisca per, almeno, borbottare “dagli al sistema” anche senza sprecare nemmeno un esclamativo. E restiamo dentro a una rugiadosa ragnatela che, piano piano, ci divora facendoci odiare il prossimo.
Con affetto

Serena 

(*) (Un po’ come con le streghe medievali, senza nemmeno una farsa di processo)

Radical chic è pure demodé: Bignardi sappilo

Ieri sera, mi sono punita con un po’ di tv. Daria Bignardi, in un clima goliardico, apparente forse, ma faceto, intervista il segretario Matteo Renzi. Lui tiene benissimo botta alle di lei punzecchiature: niente di più facile, infatti, che smontare la banalità dell’ovvio delle domande, con la semplificazione del ti conosco mascherina! e Renzi in questo è bravo. È bravo anche nello sciorinare tutto il repertorio delle lamentele da mercatino rionale, rispettabilissime, e di cui è fervoroso collezionista a quanto pare, elencando in questo modo tutti i motivi per cui si compiace (beato lui!) d’essere stato eletto da due dei tre milioni di speranzosi che han votato alle primarie.
Lei punzecchia? Lui replica ghignando solo un po’ e esibendo spavalderia sorridente.
Lei fa la civetta? E lui gigioneggia funambolico tra Calandrino e Frate Cipolla (cfr Decameron).
Ma poi si va sul pesante: ai numeri! ai programmi!
Qui Matteo chiede ed ottiene al volo un pc per buttar giù (come digita lui, nessuno mai…) tramite Excel un programma di lavoro realizzabile in breve. Oh meraviglia, non s’impiccia nemmeno un secondo, mica è Monti lui, e governa la tastiera meglio di capitan Findus la sua flotta di merluzzi panati.
Ora viene il bello: il segretario, ormai lanciatissimo, propone di iniziare col “problema economico”: parliamo di numeri, dunque di economia.
Bignardi, a sorpresa? rifiuta “non parliamo di economia, parliamo invece di diritti!”
La diva Daria sfoglia il suo calepino di appunti e originalmente propone: “unioni civili e ius soli
Ovviamente: argomento ricco ti ci ficco.
Ora qual è la mia perplessità? Una sola e spero breve.
Se il problema dell’economia è secondario agli altri allora Bignardi gioca solo al gioco dell’audience: lo capisce anche un cervello di canarino che senza una struttura economica, un piano, un progetto di sviluppo tutto il resto non si riesce nemmeno ad immaginare e non perché non ci stiano a cuore i diritti (che non devo difendere io come singola persona, ma sono di tutta la civiltà) ma perché sarebbe ed è davvero troppo ruffiano e facile sventolare diritti quando non ci fossero, e dicono che non ci sono, risorse economiche. È davvero troppa piacioneria chiamare in causa diritti quando non si parte denunciando che troppi diritti stanno venendo meno, falciati giorno per giorno, da questo sistema e che per primo è venuto meno il diritto al lavoro e del welfare a cui attengono tutti gli altri e senza quali non esiste dignità umana nè libertà visto che tutti gli altri che ne sono connessi.
Bignardi fa il suo solito pessimo uso della tv a cui tutto e tutti si piegano: arte, cultura, civiltà e “diritti”: ma ora smetto, c’è la pubblicità. (E allora che differenza c’è con la D’Urso e soci?)
Inutile negarlo: Renzi, vicino a lei, appare uno smagliante smargiasso, un furbo brillante, ma ben documentato, che se la cava evitando perfino la battutina idiota “incontra Berlusconi alle quattro del pomeriggio, ora di merenda…”. Ah che spirito davvero barbarico.
Dimenticavo: il radical chic è pure demodé: Bignardi sappilo.