Qualche giorno fa ho letto parole irridenti, sghignazzamenti, sbeffeggiamenti su persone che scrivono.
L’irrisione era a proposito di concorrenti a Masterpiece, una trasmissione in tv che ovviamente non guardo e non mi interessa, ma nella quale si cimentano aspiranti scrittori. E giù critiche e non sul format, non direttamente sui cosiddetti giudici che si prestano al massacro dei dilettanti, ma proprio contro i concorrenti, su chi si era proposto a vario titolo e in forme diverse a una selezione a cui non voglio nemmeno pensare.
Guardate che è pericoloso deridere chi si esprime. E’ un altro passo verso il silenzio.
Le ho lette quelle parole, e non mi passa il magone. Mi sono messa nei panni di chi si era presentato; mi sono immedesimata, perché anche io scrivo, mi considero (silenziosamente) scrittrice, e certo, molto diversa, non vado ad espormi a giudizi o esibizioni bacchettabili. Mi basta potermi esprimere e lasciarmi leggere da chi vuole.
Attenzione, i tempi sono oscuri, ci vuol tanto tempo per fare giorno, la notte invece si avvicina rapida.
Fate attenzione voi che, cinicamente e forse per ottenere attenzione, criticate persone semplici, comuni come noi che scrivendo si esprimono sinceramente. Ogni nostra parola esce alla luce per dar voce a noi, ma anche a chi non ha voce.
Fate attenzione: la vostra satira si volga invece a contrastare i potenti di successo e non chi non ha altro che le sue parole.
Le critiche verso scrittori dilettanti non sono generose e feriscono.
Fate attenzione alle conseguenze del silenzio che, in modo subdolo è in questo modo evocato: il silenzio è fratello, bastardo, della censura.