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#vigili vigilati

sed quis custodiet ipsos custodes?
A Roma, considerata la situazione del traffico, la precarietà della sicurezza, la scarsa cura di un territorio in cui chi dovrebbe vigilare non vede, non sente e non si accorge, tenuto conto dei problemi complessi di una difficile città, è abbastanza improbabile trovare qualcuno che solidarizzi coi #vigili urbani che risultassero assenti ingiustificati in questo scalcinato capodanno.

Considerato però lo stipendio dei vigili suddetti io, personalmente, solidarizzo molto ma molto di meno con chi, dirigente, politico, ministro o premier (addirittura) vola e va su retribuzioni privilegiate e potere, brinda in vacanza o mette le manine sante sui decreti segreti; salvo poi pretendere di ottenere consensi facendo basso moralismo con il frustare tutori dell’ordine magari non inappuntabili, pure anzianotti e spesso coi polmoni pieni di smog. E se poi la loro colpa principale non fosse l’assenteismo, ma l’eccesso di zelo nel multare la panda del sindaco, allora la solidarietà sarebbe obbligo civico.

Come è umano lei, signor padrone

Un errore, a mio avviso, fondamentale  e fra i più sciagurati è il rallegrarsi e congratularsi se chi governa azzecca un provvedimento o ne fa una di buona o discreta. Ad esempio è comprensibile, per chi li ha presi, rallegrarsi e congratularsi per gli 80 euro elargiti come sappiamo. E’ stato ed è un errore: infatti anche chi è schiavo riceve un paio di scarpe se al padrone è utile che lui continui a camminare, anche ai presunti colpevoli non viene fatto pagare il biglietto o la benzina del mezzo con cui che li portano in galera o, per dirne una grassa, anche chi sta per ammazzare il maiale gli da il cibo fino al giorno prima dell’….esecuzione.
Dico questo perché rallegrarsi di un singolo o sporadico evento positivo, magari azzeccato per caso o per opportunismo, distoglie l’attenzione dal progetto complessivo di un potere che non abbia a cuore il bene comune, ma il profitto di pochi e il controllo di pochissimi che tirano i fili della scena.
Chi ha il potere dev’essere giudicato per il suo progetto complessivo, per le idee di cui si fa portatore, per il modo in cui considera tutto l’insieme e procede con un piano per far progredire, sviluppare, migliorare la società che gli si sia affidata.
Quindi attenzione alle blandizie, alle agevolazioni, ai provvedimenti illuminati che illuminano solo chi li fa.
Altrimenti siamo, come al solito, marionette fantozziane, quelle che, genuflesse, ripetono il mantra: come è umano lei.

Roma rivendica l’Impero, de cocci

Sotto le nostre case troviamo ex-marciapiedi trasformati in sentieri di guerra, tra monnezza, buche,decorazioni canine e altre amenità
Passano visionari che si imbarcano in bicicletta tra miasmi e volo radente dei motorizzati.
Bimbi ed adulti respirano con diffidente prudenza, ma ineluttabilmente, quel che passa il cielo, una volta benigno.
Pedoni e disabili arrancano e spesso desistono ma… ma nella Roma dell’Impero sorge un parco archeologico: daje Ignazio.

Ballottaggio a Roma: che politica è questa?

Le mie valutazioni sui due candidati a Sindaco di Roma non riguardano le persone, ma i politici e le formazioni politiche che esprimono.
Le persone, infatti, possono piacere anche per ragioni irrazionali di simpatia o antipatie impulsive che le nostre tele conduttrici definirebbero gaiamente a pelle.
Per inciso, la deputata cinquestelle Roberta Lombardi è antipatica a tantissima gente e lo dimostra il fatto che ogni volta che giornalisti o politici vogliono citare un esempio di persona sgradita nei modi nominano lei. Invece a me la suddetta, proprio come persona, risulta simpatica per la sua durezza che ricorda vagamente un niet da veterosovietica, per la spigolosità delle risposte, per l’esercizio di un’ironia un po’ insolente (ricordiamo tutti la sua battuta sull’incontro con il vinto Bersani: ho creduto di essere a Ballarò). Penso infatti che all’ironia, alla schiettezza arrogante bisogna saper resistere anche perché il politicamente corretto mi spiace da molto prima che il papa lo condannasse.
Ma tornando ai due galletti vallespluga (quanto sono acida!) che si contendono il Campidoglio confermo che un cittadino ha diritto a non votare il meno peggio, a non doversi turare il naso, a non subire il ricattuccio che pare proprio costruito ad arte. (Che malalingua!)
Aggiungo però una personale riflessione per me conclusiva.
I due galletti attualmente sono a cova dalla stessa chioccia, sono espressione di due forze politiche apparentate da un matrimonio di convenienza, narrano perciò, ambedue, la stessa leggenda con parole differenti.
Invece votare significa anche riconoscere un senso di appartenenza e di consenso alla politica. Allora mi chiedo: che politica è questa? Non stiamo forse assistendo ad un lugubre corteo con tanto di officiante e campane a morto della democrazia? No? E cosa mi potrebbe consolare del contrario?
Quando appaiono, e ci mancavano pure i 35 commissari liquidatori della nostra amata Costituzione, a me viene in mente una terzina dantesca:
“Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
che l’anima col corpo morta fanno.”
Dove basta sostituire “con Epicuro” con “col presidente”, uno a caso tanto ormai i “presidenti” non si contano più, e l’anima sarebbe la passione civile morta o morente e sostituita dal mercato agonizzante.
Credo inoltre che sentirsi cittadini significhi avere stabilito un patto sociale, alla pari, con lo stato a cui accettiamo di appartenere e al quale diamo un grande contributo, certo non solo in denaro
Sentirsi cittadini, e non sudditi, ci assegna dignità e responsabilità. La mia responsabilità civica, in questo caso, consiste nel rispettare l’azione di votare liberamente, di astenermi, o votare bianco.
I miei nonni, il voto allora era solo maschile, furono costretti a votare scortati in cabina dalla milizia fascista, e sotto minaccia votarono obbedendo. Non potevano farsi ammazzare: uno aveva dodici figli e l’altro sei.
Ma anche i miei nonni, e i loro figli, hanno poi partecipato alla liberazione dalla dittatura, hanno conquistato il voto libero pure per le donne e quel voto è una cosa seria.
Oggi il sentirsi cittadini significa non dire semplicemente “no”, ma anche affermare attivamente che questo corteo lugubre non ha saputo proporre, nel ballottaggio, persone esenti da parentela col matrimonio di convenienza che unisce pd e pdl con i loro alleatini.
Non sono in ballo, a mio avviso, persone lontane dalle larghe intese della maggioranza che ci governa a cui dare un libero voto e piena stima e allora rivendico il diritto di non votarle.
Ci ho pensato e riflettuto, ma non sono riuscita a trovare una sola ragione che mi convinca a votare uno dei due candidati al ballottaggio per il Campidoglio.
Credo infatti fermamente che non si viva di illusioni, ma non sia nemmeno possibile sopravvivere senza di esse.
E non voglio convincere nessuno perché il primo rispetto si deve a se stessi.