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Profugo o economico?

Le cose che fanno tristezza: economico o profugo?
La distinzione tra migranti economici e profughi di guerra la potrei accettare per una classificazione indispensabile a una modalità anagrafica, sociale e perfino economica ed etnica.

Infatti tenere una sorta di censimento di chi arrivi, a qualunque titolo, in Italia mi sembra una pratica utile e indispensabile all’organizzazione di un paese, di una nazione civile.
Ovviamente siamo tutti, in un certo senso, schedati all’anagrafe che ci rilascia un documento da cui risulti dove si è nati, in che anno, quali siano eventuali titoli di studio, quali i connotati, professione e stato civile e in qualche caso anche se il casellario giudiziale può dichiararci esenti da atti di delinquenza.
Sappiamo bene che, nonostante la nostra elogiata Costituzione, oggi nel nostro paese nemmeno chi sia italiano da tutte le generazioni possibili ha davvero diritto, ipso facto e per essere vivo, a lavoro, istruzione, alloggio e pane quotidiano.
Tutti dobbiamo darci da fare studiano o lavorando ed essendo utili socialmente pena l’esclusione fino all’emarginazione più miserevole.

Quindi è utile, giusto e necessario sapere chi siamo noi come chi sono tutti quelli che arrivano, approdano o si inseriscano nel nostro tessuto sociale.
Certamente.

Ma distinguere tra migranti economici o migranti profughi di guerra solo allo scopo di stabilire se accogliere o non accogliere a me sembra oltre che tristemente disumano anche stupido e violento.
Forse che un migrante “economico” può non mangiare, non vestirsi, non avere un tetto e sopravvivere legalmente in qualunque angolo del pianeta?
Forse pensiamo che ce la possiamo prendere con i migranti se in Italia ed in Europa i nostri governi non sono stati né sono in grado di mettere in atto una prassi politica come la gestione di un fenomeno così rilevante?
Forse pensiamo che la soluzione sia l’alternativa tra non controllare niente, chiudere gli occhi, lasciare che chiunque, anche per delinquere (ed accade) arrivi e si dedichi a qualunque attività o ricacciare in mare o comunque oltre confine (cfr quello che accade al confine Italo-Francese a Ventimiglia) chi vorrebbe arrivare nel nostro paese?

Non mi piace e non condivido il generico pietismo che accomuna chiunque e qualunque situazione.
Ma sono secoli che gli stati si danno regole e le fanno rispettare.
Se il problema è complesso la soluzione si cerca.

E visto che piace la finanza spiccia: sono pagati anche per questo.
“Pertanto, dal primo giorno della settima legislatura (dal 2009), tutti gli europarlamentari ricevono un salario mensile di base pari al 38,5% dello stipendio dei giudici della Corte europea, cioè 7.655€. ” (WIKIPEDIA)

Auguri, Italia

Eppure sembra impossibile che la nostra Repubblica “nata dalla Resistenza”, come si amava affermare, sia nelle mani di piccoli borghesi farfuglianti tutti tesi a spartirsi fette di elettorato e potere che potere poi nemmeno è.
L’elettorato? Quello a cui danno affannosamente la caccia è del tutto scettico e sfiduciato, non appare né popolo né nazione. Solo consumatore.
E il potere? Il cosiddetto potere è ottenere stipendi, emolumenti e vitalizi elargiti a persone scialbe e balbettanti ma sovente arroganti che dipendono dal mercato, dalla finanza e dagli ordini impartiti, anche al nostro pensare, quotidianamente mediante articoli, servizi tv e talk show.
Perché realmente questa disastrata Repubblica è storicamente “nata dalla Resistenza“.
Fosse azzurro, rosso o forse bianco quel fazzoletto al collo era sempre una simbolo del voler generare una Italia nuova, ma l’attuale è più passatista e scalcagnata di sempre. A volte perfino corrotta in tutti i suoi ordinamenti, imita, copia e svende se stessa, il suo passato e perfino il suo incerto futuro.

Bandiera tricolore dell’ANPI

Auguri Italia. Non perdiamoci di vista.

maledetta sia la guerra sempre

La vicenda drammatica e tragica del corpo di spedizione italiano in Russia, che affiancò l’armata tedesca, dovrebbe essere emblematica.

Una monarchia e un dittatore (nostri) e un Führer circondato da una corte di delinquenti asserviti alle sue ambizioni spediscono i loro eserciti ad invadere mezza Europa e i territori delle “colonie”.

Mi scuso per la semplificazione.

Centinaia di giovani italiani, alpini e non, partirono, comandati, sui carri merci, stipati come carne da macello verso terre lontane e giustamente ostili.

Tra questi mio padre, militare di leva a cui fu lasciata solo la possibilità di essere spediti in Africa o in Russia. (E poi tanto li mandavano nella direzione opposta a quella scelta, e fu Russia).

Ragazzi sui vent’anni, senza corredo adeguato al ghiaccio e alla neve, convinti che in poche settimane sarebbero tornati dalle mamme, dalle famiglie: quelli che sono partiti in migliaia sono tornati in poche centinaia spesso malati e comunque sbandati da un regime criminale che è ancora la nostra vergogna.

Carne da cannone, si diceva in passato? Sempre solo carne da macellare a causa delle follie ideologiche e le ambizioni di persone maledette che pagano sempre troppo tardi per le tragedie che causano, per le generazioni che falciano con la guerra, per le famiglie devastate, le città distrutte, i bambini orfani e le donne violentate. Eccetera.

Oggi cosa cambia?

Certo qualcosa cambia: rischiamo anche le scorie e le esplosioni nucleari.

Ma la dinamica dei poteri è sempre la medesima.

Gli alpini così come la grande maggioranza dei militari (che allora erano di leva visto che il servizio militare era obbligatorio e oggi da noi no) erano la cosiddetta “meglio gioventù che va sotto terra” come dice una delle loro canzoni.

Maledetta guerra, maledetti siano quelli che non vogliono vedere altra scelta e poi ce la impongono.

Maledetti siano sempre.

Ma quelli che fomentano la morte della ragione e la celebrano?

Sulla coscienza avranno altre migliaia di morti.

CAVIE DI Covid-19

io, testimoneAttraversiamo i sentimenti: dalla paura alla speranza.Insomma una storia come tante, e io la interpreto così.
C’era una volta un virus. Si trattava di un male sconosciuto che bisognava studiare da zero per poterlo affrontare e contrastare.
Come si studia una patologia che colpisce l’uomo se non studiando lui stesso ammalato, dai primi sintomi all’evoluzione, al contagio e così via?
E siccome la cura era sconosciuta come il male, allora ci si trastullò sperimentando slogan discutibili del tipo andrà tutto bene (Ma bene per chi?).
L’unica pratica seria e scientifica fu stata quella raccomandata e prescritta da qualche medico serio e soprattutto dai poco ascoltati epidemiologi. E furono considerati oracoli, ma la medicina e la scienza sono sperimentali, non profetiche per cui ogni affermazione fu via via sottoposta a verifica e sovente modificata.
Dunque cavie di covid : sì, perché la massa della gente ha continuato ad attraversare sentimenti, alternando non solo paura e speranza, ma anche sospetto ansioso ed isteria polemica, tristezza ed euforia, negazionismo e ottimismo, ma il tutto inconsapevolmente del reale problema.
Perfetto fu questo terreno per sociologi e psicologi, ma certo non fu altrettanto interessante per gli scienziati che dovevano individuare la terapia né utile per trovare il vaccino.
Finito il cosiddetto allarme rosso, come noto senza aver potuto trovare una terapia condivisa, Le cavie di covid hanno continuato, senza nemmeno sospettarlo, ad essere usate per osservare cosa succede all’uomo e come il virus si comporti quando, invece di fuggirlo isolandosi lo si considera un ospite con cui sia necessario convivere.
E le cavie hanno accettato la convivenza come una “liberazione” e hanno festeggiato: certo, perché no?
Nel nostro paese, l’Italia deindustrializzata, dislocata, scervellata, dove il lavoro ormai consiste prevalentemente in servizi alla persona e consumi di tipo commerciale si è difeso il lavoro riaprendo quel quasi unico tipo di lavoro: esercizi e negozi, bar e pub e ristoranti e così via.

A questo punto le cavie, volenterose e perfino felici e riconoscenti, euforiche e pimpanti hanno fatto progredire l’esperimento e, bravamente inalberato e poi scartato il look primaverile che ammuffiva, sono passate tout court a canotta e minishort e via alla ricerca del “ricominciare a vivere” ovunque e comunque, a qualsiasi ora.
Pazienza se si trattava di una vita un filino fasulla, quella volevano e se la godevano.
Nei campi (e nelle officine?) andarono pochi semi-invisibili di cui si può anche non parlare.

E pazienza se era una vita da cavie, basta non pensarci. Pensare poi! E a che serve?
Il cervello può attendere. Sensi e sentimenti irrazionali no e si convive col virus insieme loro.AH dimenticavo: salute!