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Se le #sardine non son leoni

dalla loggia 4Sì è vero, ammetto, è difficile dar loro credito a lungo/medio termine e considerare credibili questi giovini alla #Mattia #Santori, infatti a un osservatore disincantato non appaiono una generazione di credibili contestatori, (stavo per dire, dotati di attributi mentali e fisici adeguati, ma non lo dico) come quelli delle generazioni in eskimo.
Appaiono piuttosto come dei beneducati rampolli bon ton che concedono solo alla riccioluta chioma un messaggio di disordine ordinato. E blanditi e corteggiati ci han messo del loro per sembrare figurine Panini di un album scaduto. Con applausi del papà Bonaccini o dello zio Zingaretti.
E tuttavia proprio quelle, da me amate, passate generazioni in eskimo, e o a gonna a fiori, hanno generato, per lo più intendiamoci ma non solo, figlie e figli e nipoti di tal guisa riccioluti e beneducati, insomma figli di un galateo minore, diciamolo.
Amici miei, che devo dire? Questi abbiamo il resto è sogno.

Speranze? Sardine sono, e non squali e nemmeno piranha e tanto meno leoni marini, ma allora per lo meno escano dalla scatola che di speranze ex-catologiche non catalogate abbiamo tanto bisogno.
Che san Pilastro vi benedica, figlioli miei, contestatori immaginari.
Amen

Largo ai giovani, se …

valperga-caluso-2Sarebbe un bel traguardo, ed è quello desidero per me, sarebbe un sogno realizzato, ed è quello per cui ho lavorato per una vita intera, il poter dire serenamente largo ai giovani e farsi da parte in attesa di applaudire senza enfasi, ma con sincera e forte emozione, le nuove idee, i nuovi pensieri, il modo nuovo di costruire il domani. Sarebbe una magnifica e progressiva sorte quella di poter dire che la nostra eventuale eredità spirituale e culturale è stata non solo raccolta, ma fatta germogliare, accresciuta e moltiplicata facendone cosa nuova e migliore.
Non posso rinunciare a questa speranza, ma oggi non la vedo nemmeno all’orizzonte; tanto è vero che, ahimè, i presunti giovani non solo passano di buon grado attraverso le forche caudine delle vecchie prassi e pratiche, ma vi s’adeguano aggiungendo cariatidi che puntellino il loro progetto di alternanza, di diversità di novità.
E se è vero che senza basi antiche e solide non si costruisce il futuro è anche vero, a mio parere, che un mondo futuro e migliore non può e non deve replicare modelli, ma usarli, caso mai, come sostrato e non come semi e tanto meno come tutori a cui avvilupparsi.
E se è vero che l’acqua dei fiumi è movimento, energia e vita è anche vero che se un fiume si arena nelle vecchie e stagnanti paludi muore e nutre putridi miasmi.
Ma guardate anche le piante; quelle del tutto stagionali , dei petulanti piselli ad esempio; essi nascono in un sorprendente e brevissimo tempo, mettono germogli e viticci, fioriscono: ma se non sono sostenuti da canne o graticci o reti e così via si sparpagliano al suolo e difficilmente producono. Appunto. E durano comunque solo una breve stagione, quella del, forse solo mio? scontento.
E guardate invece le piante di vecchi alberi, stagionate, rugose: esse guardano crescere l’erba e stiracchiano nuovi rami. Su di loro si rifugiano uccelli stanziali o di passo. Su di loro si avvinghiano rampicanti che raramente sopravvivono. Ogni primavera li fa più belli e ogni autunno li fa splendere di un canto di foglie che si depositano ai loro piedi per rinvigorirli.
Potranno finalmente, un domani, quelle rugose e rassicuranti creature, vedere nascere nuovi alberi vigorosi e potranno lasciarsi togliere per essere finalmente accarezzati dalle fiamme di un fuoco buono che scaldi il cuore e la mente?
Questi sono i pensieri sparsi che mi vengono a cercare ogni volta che vedo giovani (giovini diceva un mio preside) politici che arrembano abbarbicati al vecchio di turno.
Per camminare verso l’alto, per stendere rami nuovi al sole, per farsi largo e ottenere di sorpassare il vecchio andamento dei rugosi è davvero impossibile imparare a camminare da soli?
E può scorrere un nuovo fiume di idee vive se si impaluda in un vecchio fosso?

 

 

 

Sconfitta, dal voto contro

mostro BomarzoOra i media dicono che chi è sconfitto non aveva saputo parlare a una parte del paese; altri dicono che l’establishment era intervenuto invano e non ha saputo convincere, altri alncora che montano estremismi storici e populismo dejà vu. D’altronde quando, in passato, un altro miliardario sconfisse la sinistra si disse che era merito delle sue tante ricchezze e televisioni e colpa dell’inadeguatezza di altre reti e vecchie concezioni e vecchi politici che non avevano saputo essere rassicuranti, affabulanti, affascinanti, efficaci, quando non addirittura glamour nel comunicare.
E allora giù a imitare il vincitore di turno.
E difatti tutta la comunicazione, compresa quella politica è ben presto passata dal dignitoso, anche se sussiegoso, spazio dedicato, a quello del format dello spettacolo, dello spot, dell’immagine ammiccante, della canizza berciante ed ha contribuito a degradare ruolo e immagine della politica medesima a vantaggio della superficialità lasciando inoltre credere che chiunque potesse rivestire il ruolo di commentatore, di opinionista, di esperto di questioni complesse trasformate in semplicistica materia da bar sport o da fila allo sportello.
Si è fatto credere che tutto potesse essere semplificato e banalizzato epperciò poi gridato ad alta voce quando non urlato come un coro da curva.
Ma man mano che la politica diventava grossolano spettacolo, le questioni sociali passavano in secondo o terzo piano, abbandonate a materia per uccellacci del malaugurio, mentre la disuguaglianza negli ex diritti, la marginalizzazione dei bisogni primari o l’esclusione si facevano normalità. Nel contempo ci si affaccendava a sbriciolare rapporti sociali e a rendere avversarie le generazioni: figli contro padri e nipoti contro tutti.
A molti di noi, ma non lo diceva nessuno, diventava via via  sempre più insopportabile sia l’imposizione di un modello di società nella quale gli spazi per crescere e migliorare diventavano sempre più stretti ed escludenti, sia la mancanza di prospettiva per il futuro per le generazioni nuove e non solo. Abbiamo visto imporre una presunta meritocrazia laddove, invece, continuavano a prosperare malaffare e percorsi privilegiati tanto per citare solo gli esempi evidenti.
E in politica? Elementare: ci hanno prima esortato a votare turandoci il naso, poi hanno lanciato i media sempre più accalorati e concitati alla generalizzazione. Tanto sono tutti uguali, tutti sospetti, tutti complici, tutti rubano, tutti sotto avviso di garanzia; il che ha autorizzato il sistema, questa volta, a riaprirci il naso per piazzarci sotto liste precotte e preconfezionate sulle quali si poteva solo mettere una crocetta menopeggista o tantopeggista; a piacere, tanto sennò che fai? voti populista? voti destra? voti qualunquista? Eh no, mica siamo tutti babbioni; abbiamo perfino la possibilità di spararle dal profondo postando su fb, su twitter o qualsivoglia chat.
E allora i cosiddetti populismi, se proprio vogliamo chiamarli tali, si sono organizzati, e, la storia è nota, hanno raccolto le ragioni di tanta frustrazione e scontento che più nessun maquillage poteva mimetizzare; populismi che danno eco o voce, ma ancora non sappiamo se daranno soluzioni o, peggio, se sono così nudi e puri come ce la raccontano.
Ci hanno detto che questa era l’antipolitica. Ma come si fa a parlare con disprezzo e a classificare altri come antipolitica quando era stata proprio quella degenerata politica medesima a rinnegare se stessa e la sua missione disertando le aule del parlamento, immischiandosi o contaminandosi col malaffare, dimenticando i diritti degli elettori e comparendo, sempre più cafona, ignorante ma imbellettatata, h 24, in televisione, in radio, sui social?
Ci sono in giro tentativi di salvezza;  qualcuno tenta di far funzionare una ciambella di salvataggio andando a lavorare a l’estero o, se può permetterselo,  facendo studiare i figli in ambienti formativi costosi, esclusivi e selezionati, sperando o illudendosi di dar loro una possibilità, ma sappiamo bene che la povertà inesorabilmente cresce, e probabilmente attanaglierà anche per loro.
Ma ci sono quelli che ciambelle non ne hanno e allora anche se alcuni di loro hanno storto il naso, sono stati molti di più quelli hanno cominciato a pensare che, se non ci si voleva definitivamente astenere delegando ai peggiori mai visti, non rimaneva che una possibilità: il voto contro. Comunque contro.
Inevitabile, a questo punto, constatare che il disagio non è solo nostro, ma è il globale risultato di una globalizzazione liberista ragion per cui, ad esempio, potremmo dire che il famigerato e recente #voto contro non è stato causato soltanto da errori della comunicazione politica o mediatica, e nemmeno dalla nausea verso il cosiddetto establishment autoreferenziale, ma principalmente determinato da ingiustizie, disuguaglianze e frustrazioni imposte dal liberismo contro i nostri figli, contro noi. E noi siamo contro loro.
Se non piace pazienza, se non fa  fico amen; ma loro non si votano più.
Nè in Italia nè altrove; e se quelli-della-politica hanno un minimo residuo di rispetto verso le ragioni vere della politica si dovrebbero dare una regolata e non continuare a lucidare gli stivaloni del liberismo sicuri di goderne, almeno, il riflesso.

Mariaserena

La memoria di un’Italia diversa

_donne.jpg_1955669422A volersi far del male si possono guardare i programmi di Rai Storia specie quando parlano della guerra di liberazione e delle donne e gli uomini che vi hanno partecipato, della nascita della Costituente e della Repubblica.
A volersi odiare si possono anche ricordare i primi anni della ricostruzione e della industrializzazione dell’Italia povera, sconfitta e distrutta dalla guerra
A voler proprio soffrire si possono confrontare quelle facce di donne e uomini: eroici ma modesti, lavoratori ma senza vantarsene, semplici e scavati, circondati da famiglie con nugoli di ragazzini e con le foto dei vecchi e senza quasi sorriso.
Ecco, finalmente ho capito, e ringrazio il mio narciso modo di ragionar scrivendo, perchè i rampanti e le rampati nuove generazioni di politici odiano le persone anziane, detestano gli intellettuali, non sopportano quelli che portano con sè memorie.
La memoria porta al confronto, e sanno che se si scuote la testa quando promettono di farci pagare le tasse con l’sms , la dentiera o na manciata di euro tolti altrove è perchè abbiamo in mente un’Italia diversa. Oh quanto diversa.
E non vi piace, vero? Non ci comprate con lo shortino del venerdì sera, col chiasso, col tacco 12; e lo so.
Ne sconfiggerebbe molti di più la memoria che la campagna elettorale