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si può dire no

 

Eppure no, non siamo
col cervello all’ammasso,
ecco che già s’illudono
serviamogli uno spasso,
un facile balletto,
un ombelico nudo,
un predicante addetto
a spargere parole
del fare e dell’avere,
dell’amare e godere” e
sì ci cascheranno
come tordi da arrosto:
ma noi come civette
piazzate sul comò
possiamo ancora dire
che no, che no, che no.
E se il sì lo vorranno?
Pazienza , aspetteranno.

Dissentire

Mariaserena

A qualcuno, non certo a me sola, accade di sentirsi dire, e con una certa sufficienza, che si è dei brontoloni a cui non va bene nulla.
In realtà non è così, e si sa a priori che la giustifica, presentata d’ufficio, non sarà accolta se non con garbo apparentemente.
Ma se è vero che il dissidente è un noioso e, per qualcuno, insopportabile guastafeste, è anche vero che quella del consenso è una dimensione del privato e del pubblico che sgomenta, appiattisce, distoglie e assoggetta.
Sappiamo infatti quanto, oggi, la comunicazione appaia, sotto qualsiasi forma o immagine o  formula verbale, una rappresentazione sovente artefatta e pilotata con abile astuzia verso il nostro cervello.
E possiamo facilmente costatare quanto i media ci circondino disposti e preparati, con sapientissime strategie,a determinare chi, come, quanto e quando dovremo essere colpiti.
Di qui il plausibile timore di essere manipolati, e dunque colpiti e affondati dal fragore mediatico, dal conformismo di una contestazione apparente, dalla gratificazione del coro, di sentirsi appartenenti e non esclusi.
Bene: in questa situazione il dissidente, a mio avviso, è un’utile risorsa proprio perché avvertecome direbbe qualche filosofo, la nota stonata della manipolazione e la segnala.
Può essere faticoso non appartenere, non conformarsi, non sentirsi circondati da un ambiente sociale conveniente in cui la si pensa nello stesso modo e può essere non meno fastidioso sopportare il dissidente.
Eppure chi provasse a togliersi gli occhiali rosa del consenso oppure le lenti monocromatiche del gruppo di similmente pensanti potrebbe ritrovarsi, perfino, esser grato a chi l’abbia avvertito che ci sono altre prospettive, altre interpretazioni, altre chiavi di lettura. Insomma che la libertà di pensiero è un’utile pratica da coltivare ancora.

Pochi congiurati e vita da beati?

A proposito di pochi e molti.
Come disse Giulio Cesare: “non facciamoci impressionare da solo ventitre (leggasi 23) facinorosi che ti minacciano di coltellate.
Fuori ci sono i Romani che mi amano, e sono MOLTI ma molti di più.” E morì. E finì la Repubblica. E iniziò l’epoca imperiale.
Quindi penso siano fuori strada coloro che ignorano con sufficienza quelli che dissentono dicendo che sono pochi, che sono una minoranza.
ne bastarono 23 per spacciare il grande Cesare, quello del Rubicone, quello del veni vidi vici, quello che arrivò in Inghilerra senza aereo