Archivi tag: cambiamento

Cambiare l’Italia tanto per cambiare

No, non penso di essere la sola a chiedersi se certe decisioni e comportamenti siano accettabili ed etici solo nel caso in cui chi prende una decisione o fa qualcosa lo faccia solo per se stesso e le conseguenze ricadano solo su lui.
Ad esempio: come possono aver ragione coloro che affermano che “l’ottimo è nemico del buono” e dunque “ok, tutto si può migliorare, ma almeno noi le cose le facciamo”?
E come possono giustificarsi o chiedere d’essere approvati se e quando ciò che fanno o impongono non vada a vantaggio del bene comune o non ne tenga sufficientemente conto, ma vada verso l’affermazione del proprio potere o verso il prevalere dell’interesse di una parte o di pochi?
Fatto sta che attualmente, in Italia, girano varie iniziative politiche per “cambiare il paese”; e si proclama che nel cambiare la Costituzione, o potandola qua e là, “si fanno le cose che il paese aspetta da 30 anni.” Chi dissenta o esprima perplessità viene succintamente ma sussiegosamente riprovato come un vecchio catafalco fuori moda in un appartamento nuovo e stiloso.
Ma cambiare il paese non è come cambiarsi i pedalini.
E tuttavia i comuni cittadini sanno bene che i veri cambiamenti che vorrebbero che si chiedono sì da 30 anni sono quelli essenziali: diritto al lavoro (non al posto), stato sociale efficiente, giustizia sociale e coserelle simili, lotta alla corruzione e alle varie mafie.
La potatura della Costituzione serve a questo?
E di fronte a questo dubbio legittimo come si fa a rispondere come fanno i cambiatori, i cambianti, gli scambiatori e i mutanti: “almeno noi le cose le facciamo”?
Gettale la scialuppa di salvataggio, voglio scendere.

Si può stare insieme con quello che ci unisce

Nel dopoguerra, a Napoli

Nel dopoguerra, a Napoli

“Cerchiamo quello che ci unisce, lasciamo da parte  quello che ci divide”:
Ad esempio:

1 ) rifiutare la superficialità
2 ) disprezzare l’ipocrisia
3 ) smascherare gli inganni delle meritocrazie
4 ) denunciare l’imbroglio
5 ) vedere oltre le apparenze
6 ) valorizzare le persone non le alleanze
7 ) rivendicare la giustizia non il sussidio
8 ) chiamare col loro nome le vergogne che opprimono
9 ) rivendicare il riscatto delle persone tramite il lavoro
10) rifiutare la beneficenza
11) stare sempre dalla parte dei bambini e degli innocenti

FRATELLI D’ITALIA, L’ITALIA CONTESTA

Ai funerali delle vittime dell’indigenza e dell’ottusa macchina macina-cittadini, a Civitanova Marche, la presidente Boldrini è stata contestata dai presenti e dai parenti.
Laura Boldrini pare abbia tuttavia chiarito con i contestatori e credo sia giusto riconoscerle il garbo e la sensibilità mostrati (anche se sorprende non poco sentirla dichiarare che non pensava che nel nostro paese ci fosse la drammatica emergenza economica che ci opprime) ed è anche necessario darle il tempo per dimostrare le sue qualità (o meno) come presidente della Camera dei Deputati.
E tuttavia la realtà, almeno su noi, incombe; il clima sociale è esasperato e sta cambiano, e all’orizzonte non si vedono tarallucci e vino ma disperazione e bocconi amari.
In molti siamo preoccupati o angosciati per la situazione e se non è necessario dare il dettaglio dei disagi (disoccupazioni, blocco pensioni, esodati, precariato ecc) è impossibile non dare atto che in alcune regioni le cose siano più pesanti e i malfunzionamenti e i disagi peggiori. Ad esempio nel Lazio la sanità, specie dopo le belle trovate di Renata Polverini, è praticamente distrutta e tutti i servizi in generale sono di pessima qualità. In compenso equitalia lavora alla grandissima.
E non solo nel Lazio: in tanta Italia i cittadini sono esasperati ed è ben comprensibile che questa esasperazione si manifesti.
E’ inevitabile che il cittadino, frustrato e senza speranza, si faccia sentire e credo che si possa riconoscere che fino ad oggi le reazioni sono state contenute, ma se e quando  la gente esasperata dovesse manifestare in massa, non so quanto politici ed apparato possano illudersi che le contestazioni popolari seguano il galateo di Monsignor della Casa o il bon ton suggerito da levigate signore per bene. Sarebbe utile rifletterci.
Non conosco abbastanza Boldrini per dare un giudizio su di lei come presidente della Camera, probabilmente lei stessa sa bene che chi accetta questi ruoli oggi deve sapere che va a rappresentare uno stato di cui ci si chiede in molti: a che servi, caro stato, se io cittadino devo solo pagare e subire?
Non sono sfascista, sono una che si guarda intorno e si impegna da sempre. E proprio per questo aggiungo che se poche settimane sono poche per giudicare Boldrini, la legge della sospensione di giudizio vale per tutti e le settimane di cui parliamo son poche anche per giudicare M5S, gli attuali parlamentari di nuova nomina e il presidente Grasso nella sua veste attuale.
Invece queste poche settimane sono più che sufficienti per sventolare un bel pollice verso per Monti, Fornero e soci, il pd , il pdl e i loro vecchi e tutti gli ostinati apparati che non mollano: li conosciamo già, hanno fatto danni e perseverano.
Sarebbe meglio, per loro e non solo, smettere lo snobismo, la puzza sotto al naso e il facile giudizio per costruire invece affettuosi rapporti umani solidali (non onlus), ne abbiamo proprio bisogno.

Noi che giocavamo alle signore, a campana o a indiani e cowboy

Giglio Tigrato

Da bambini era facile: si faceva il gruppo e prima del gioco ci si assegnava i ruoli; chi voleva giocare li doveva seguire onestamente, pena l’esclusione. A me non piaceva molto giocare alle signore, ma quando si esaurivano l’interesse per la campana o i quattro cantoni e nessuno maschio iniziava una auspicabile partita di pallone o era disposto a giocare a greci e troiani (in prima media si studiava l’Iliade) non rimaneva che giocare a fare la spesa, a cucire, a cucinare.

Sì, da bambini giocavamo onestamente, con rare eccezioni subito biasimate, e ci si immedesimava nel ruolo difendendolo fino in fondo. C’era anche un altro gioco bellissimo: indiani e cowboy, e lì si correva a perdifiato tra sterpi e cantieri che costruivano le nuove case, inseguendosi e picchiandosi la mano sulle gambe per simulare le pacche destinate alla groppa del cavallo: “yuhu!”. Il bello dei giochi dei bambini di allora, vedo che oggi non si gioca più così, era proprio il darsi o ricevere un ruolo. Il ruolo era fondamentale intanto perché c’erano quelli più ambiti e prestigiosi che bisognava conquistarsi meritando la stima dei compagni, e poi perché si potevano anche scambiare, ovviamente solo patteggiando:

–     va bene, oggi Achille sei tu, ma solo per oggi, domani tocca a me.

–     però tu porti il cartone per fare lo scudo!

Insomma imparavamo la schiettezza anche dalle leggi che ci si dava da soli.
I grandi? Fuori dai piedi, eravamo bambini e ragazzini seri, e non ci sarebbe mai venuto in mente di chiedere né consiglio né soccorso ai genitori; casomai, in casi estremi si minacciava “guarda lo dico a mio fratello…”, ad avercelo un fratello, ma io non avevo che una sorella più piccola, per niente utile in questi casi.

Per farla breve, io penso che sia stato con il giocare convintamente i miei ruoli, e molto più così che col catechismo, che ho imparato ad amare l’onestà e la chiarezza.
Tanto le amo ancora che non riesco a farne a meno, e me l’aspetterei, certo ingenuamente, anche da chi fa politica e casomai mi chiede di votarlo per rappresentarmi.
Per questo quando la solita tv o i soliti giornaloni riferiscono che il presidente tizio o l’ex presidente caio o gli onorevoli semproni & sempronie danzano sulle parole dicendo e disdicendo, affermando e rettificando, tacendo per tattica o esternando per confondere le idee mi sento venire l’orticaria e la nausea.
Esempi? Come se piovesse, ma li conosciamo tutti: da un lato le esternazioni del caimano reveniens che senza imbarazzo, (e quando mai…) canta da sirena ma ha le squame anche sulla lingua, dall’altro un segretario, candidato premier, che si adegua all’agenda montiana ma poi dice che la intende in un certo modo suo e con qualcosina in più; da altri lati ancora i silenzi dei non innocenti che, piccoli alligatori quali sono, mettono appena il muso fuori dallo stagno e aspettano che un pollo smemorato gli caschi in bocca: l’elettore per l’appunto.

Meglio, molto meglio giocare fin da piccoli ad indiani e cowboy o a Achille e Ettore. O anche alle signore. O a campana. Gente così noi ragazzini seri non l’avremmo messa nemmeno a cercare pezzi di gesso o mattone, necessari per tracciare i segni sul marciapiede disegnando lo schema del gioco.

Li avremmo forse presi a sassate, ma non li avremmo accettati, e ci sarebbe stata la speranza che avrebbero imparato, chissà, la lezione.

Adesso per loro è tardi. E forse tocca a noi cambiare ruolo. Cambiare è necessario.
Ad esempio quando uscì il film di Peter Pan avevo le trecce, e fui subito Giglio Tigrato…