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C’è una Scuola da difendere

V A 2004 001

una mia classe agli Esami di Maturità

Leggo (ormai inizio spesso così) sulle bacheche di social post e commenti in cui si parla di fatti che accadono, in questo periodo, nelle scuole. Leggo commenti di studenti, di ex studenti, di genitori, di prof (di ogni ordine e grado).

Leggo di: – docenti scherniti e a volte picchiati da loro studenti – di docenti presi a botte da madri e padri allertati dal ragazzino per fatti irrisori (rimproveri) – di docenti filmati mentre sono sottoposti a sommosse costruite ad arte
ma anche
– di insegnanti che maltrattano con atti e parole piccoli al nido (!) o alla materna – di insegnanti che tranciano e trinciano giudizi come se stessero affettando un merluzzo surgelato – di docenti che seducono, plagiano e ottengono prestazioni sessuali dalle loro studentesse (ma non mancano nemmeno molestie ai maschi).
Di fronte a tutto questo alcuni generalizzano, altri tirano giù santi e beati, altri decidono che la scuola sia da buttare, a vantaggio delle private sulle quali, tuttavia, si abbattono i recenti scandali. Probabilmente accade perché è facile attirare l’attenzione su quello che non va, sulle violenze, sugli abusi; mentre poco interessa alla nostra valutazione, malata di sensazionalismi mediatici, parlare di quello che va bene. Poco si sa parlare di buone pratiche, di bravi docenti, di ragazzi che vanno a scuola con fatica (perché no) ma tutto sommato ben motivati Ci avevamo provato con La Scuola che funziona messa in rete da Gianni Marconato tempo fa, e di questo network il documento più significativo è, e rimane, Il Manifesto degli Insegnanti, una bella esperienza. Adesso di buona scuola si parla, ed è giusto e corretto lo si faccia (a patto che non diventi una vetrina per dire solo “sono innovatrice/ore: quanto sono brava/o); ma si dice poco se funzioni o meno, molti bravi docenti dicono di no e motivano; altri di sì. Non è questo il mio temino di oggi. Scrivo infatti tutto questo sollecitata sia da recenti denunce verso maestre picchiatrici, sia dagli attuali fatti di abusi sessuali di insegnanti (di scuole pubbliche, ma anche di illustri Istituti privati apparentemente insospettabili, ma va a capire). Non difenderei nemmeno per un miliardo di euro né con parole, né con azioni chi alza le mani, chi insulta, chi abusa di un minore. Sono “debolezze” che considero un vizio irresponsabile, violento, odioso. Non sosterrei mai, allo stesso modo, chi tenti ipocritamente di coprire vicende che coinvolgono bambine o bambini, ragazze o ragazzi e tanto meno quegli orribili docenti che, approfittando del ruolo, plagiano le persone che dovrebbero educare.
la mia cattedra, di Italiano

io prof in classe, con un mio studente, alla cattedra, gli altri nei banchi

Però difendo la scuola come istituzione, come corpo dei lavoratori docenti dei quali la quasi totalità è preparata, impegnata e in buona fede. Un corpo docente immerso nella realtà e che si confronta quotidianamente con una nuova dimensione giovanile complicatissima, distratta da tanti fattori che sappiamo, a volte priva di riferimenti famigliari importanti, sollecitata compulsivamente da mille esempi a volte fuorvianti. Non tiro in ballo liberismo, culto dell’immagine, perdita di valori e simili “catastrofi”; li conosciamo già. Però chiederei, se ne avessi autorità, ai bravi insegnanti di non coprire mai le scorrettezze, i sospetti, le violenze, le (lasciatemele chiamare così) turpitudini di quei pochi che sporcano la scuola e il lavoro onestamente svolto. Abbiamo bisogno, per i nostri bambini, ragazzi e giovani, di messaggi chiari e puliti. Se un docente sbagliasse perché si è dimenticato una data, una forma sintattica o una formula dobbiamo sapere che il primo a preoccuparsene e a rimediare sarebbe essere lui stesso, e non deve essere disprezzato per questo. Se invece un docente picchiasse un bambino, se si permettesse di avere comportamenti equivoci, se addirittura intrattenesse o richiedesse prestazioni sessuali a un minore non deve essere coperto e tanto meno giudicato con indulgenza perché non solo compie reato con effetti irreversibili, ma danneggia tutto un sistema di Istruzione che nonostante tutto funziona, che può funzionare meglio, ma che in ogni caso è essenziale funzioni per il futuro di tutti. Per questo difendo la scuola, la scuola pubblica soprattutto, dalla ipocrisia, dalla malevolenza, dalle calunnie ma anche dagli interessi di chi vuole metterci sopra le mani.

Ma #Franti non avrebbe picchiato la prof

cuore

Abbiamo letto e sofferto per la notizia che in un Istituto Scolastico, uno studente del primo anno delle superiori ha prima provocato una rissa, sedata dai Carabinieri, e poi, innervosito da un richiamo della professoressa, ha sferrato un cazzotto alla medesima che è stata soccorsa, svenuta, in ospedale dove è stata accompagnata, così leggo, sempre dai Carabinieri.
Che dire? Tutto: sgomento, dispiacere, solidarietà, paura.
Ma anche, ahimè, non molta sorpresa.
Pensiamo davvero che, varcato il cancello della scuola, tutto cambi? Che questi giovani diventino da famigerati teppisti (di cui ci parla ogni giorno l’informazione) capaci di sfottere un portatore di handicap, di rapinare del cellulare un passante, dar fuoco a qualche vecchio o violentare una coetanea o un coetaneo, diventino compìti studenti pronti ad adeguarsi alle regole?
Il problema è anche, a mio modesto parere, che la scuola non solo non può fare miracoli, ma nemmeno ha strumenti atti a sostenere questo tipo di sfida.
I docenti hanno ragione a chiamare in causa le famiglie e non solo loro, hanno ragione anche quando imputano alla Buona Scuola i danni che ha causato. Non so, invece, se hanno ragione quando, chiamando in causa la tipologia del lavoro, dicono che non è una missione, non è un apostolato. D’accordo, non è, non può esserlo, ma non bisognerà dire, allora, cos’è?
Sappiamo che “missione” non ha solo significato religioso, ma significa anche impegno da portare a termine o meglio, se vogliamo citare i dizionari: “incarico a esercitare un ufficio, o ad adempiere un compito la cui importanza risulti sottolineata dal suggello dell’ufficialità o del segreto”. Nel caso dell’insegnamento il “segreto” non è chiamato in causa che raramente, ma l’ufficialità esiste.
Sicuramente non si dirà mai a sufficienza che nessuna ragione giustifica un pugno a un insegnante che fa il suo lavoro. Questo è un punto fermo.
Temo che, purtroppo, quando occorre chiamare ad intervenire, presso una realtà educativa come la Scuola, le forze dell’ordine ci siano già molti fallimenti in atto da individuare, ma anche molti danni provocati da questa società del consumo, dell’immagine, del liberismo e della morte di qualsiasi etica.
#Franti , sempre lui! non avrebbe picchiato la maestra, eppure fu accusato di essere un possibile colpevole della morte di crepacuore per sua madre. Franti apparteneva a un altro mondo, facciamocene una ragione, invece quel giovane delinquente non ha picchiata la prof perché era un’insegnante, avrebbe picchiato chiunque si fosse “permesso” di dirgli un “no”.
Oggi il nostro tempo non ha bisogno di eroi, ma di strumenti efficaci sì. La scuola spesso è sola. Vorremmo tutti che i genitori le dessero una mano di buona volontà, invece lo Stato ne ha l’obbligo.

MAMME BULLE

Alla cassa del supermercato c’è una mamma che spinge un carrello nel cui cestone ci sono la sua spesa e una bambina di circa cinque anni. La noto perché sta gridando addosso alla bambina: “vuoi uno schiaffone sulla faccia? eh? vuoi uno schiaffone sulla faccia? vuoi uno schiaffone sulla faccia?” e si china sulla bambina che appare impietrita a testa bassa. “Vuoi uno schiaffone sulla faccia? Rispondi!”
La bambina scuote piano la testa, sottovoce dice finalmente di no.
Non scrivo come mi sono sentita, qualunque persona normale sa come ci si sente.
Ma penso anche che la signora che ha trasgredito alla norma igienica prescritta in tutti i supermercati infilando la figlia non nel seggiolino, ma direttamente nel cesto, ha dato alla bambina una efficace lezione di violenza e, perché negarlo, di bullismo.
Bullismo da subire e bullismo da imporre. Dipende solo da circostanze e ruolo.

Mamme & Bulli, grazie mamma!

No, non voglio perdere la mia serenità nativa pensando che in tivvù e dintorni si intervistano mamme piangenti dal seno singhiozzante perchè al pupo de casa (quinto anno delle superiori) sequestrorno (hanno sequestrato) il cellulare che gli serve “solo per chiamare mammina che lo va a prende alla metro!” e il pupo de casa voleva prendere a capocciate una prof quando ha visto mammina piangere ma, porello, s’è beccato una malevola sospensione da una preside incazzosa. No, non perderò la nativa serenità. E’ primavera, svegliatevi mammine. I vostri pupi adorati tra cinque o sei anni fanno la festa, ma a voi. Avete presente quelli che sprangano le mammette. Ecco quelli. E li avrete fatti voi. Vi amo mamme italiane. Le cretinate mi son sempre piaciute, figurati.
E  mando un bacio ai miei genitori, ormai perduti a questa vita, che mi mandavano a scuola a piedi pure col diluvio o la neve. Grazie  sempre.