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BASTA! ARRABBIAMOCI

Michelangelo - PrigioniOrmai lo sappiamo: chi ha un problema qualsiasi si trova, a meno non sia un privilegiato, drammaticamente solo.

Si tratti della salute, del lavoro, di problemi sociali, di anziani, disabili o bambini da accudire, si tratti di disagio, di indigenza, di fame siamo soli.

E allora chiediamoci perché. 

Chiediamoci perché c’è ancora gente che dice “non ci voglio pensare, ora sono in vacanza”. Il motivo è semplice: per ora ha vinto un grande sistema comunicativo-mediatico che ha insegnato a non pensare, a non essere solidali, a vivere solo per se stessi senza riflettere e capire che non funziona così. E allora è anche necessario aprire gli occhi e dire basta.

Basta con una “classe politica” che svolazza per l’Europa con lo scopo principale di mantenere in vita se stessa; basta con queste stupidaggini sull’anti-germania, che non ce ne può frega’ di meno.

Basta! Perché invece siamo in tanti a considerarci amici del mondo e non delle nazioni, dei popoli e non dei poteri. Finchè dobbiamo sopportare un governo del tecnico cavolo, almeno pensassero a ricostruire. Ricostruire è generare lavoro, e generare lavoro significa benessere.
Basta! Perchè in tanti noi non vogliamo ricchezza e finanza, vogliamo pace, lavoro e giustizia.
L’Emilia dei cittadini che stanno scavando tra le macerie delle loro case è un esempio drammatico di quanto interessino allo “stato” il cittadino, i cittadini che paga per mantenere l’apparato inutile e fastoso. Non gliene importa nulla.
E allora basta anche con tutte queste corporazioni di fatto: insegnanti, medici, infermieri, operatori della comunicazione, giornalisti, artisti, artigiani, professionisti, architetti, idraulici, imprenditori edili, commercianti e via dicendo che si covano il loro cantuccio sperando che passi la bufera mentre ognuno protegge la sua categoria di pochi intimi.
Ecco, infatti, qual è il solito vecchio problema irrisolto dell’ex classe media: non solidarizzare, considerarsi esenti, reputarsi immuni, immaginare piccoli escamotage o grandi compromessi come vie di uscita.
E non si è ancora capito che ormai la “classe media” non esiste più e non siamo nemmeno proletariato visto che non abbiamo più la forza morale e umana della disperazione che però è comunque fede nella vita.
Non è forse vero che abbiamo perso quel nobile e umano istinto di sopravvivenza che porta a generare figli anche sotto le bombe?

Basta dunque. Liberiamoci da questa prigione mentale. Arrabbiamoci!

Manda il curriculum

Circa un anno fa un amico mi chiese la cortesia di rivedere un paper da presentare a uno di quei convegni sulla didattica promosso annualmente da un’associazione che qui chiamerò tizio-caio. In realtà si trattava di riscriverne varie pagine (che in occasione di chiamata a soccorso vengono chiamate paginette).Sono una che non riesce a negarsi a una richiesta amichevole e garbata e accettai.Fu un lavoro impegnativo. Per di più in questi casi devi adattarti a un format, tener conto di quello che dicono altri e coordinare pensieri e parole espressi in interventi diversi. Insomma mi ci impegnai.Andò in porto: ossia feci il compito. Chiusi il lavoro e spedii via email, naturalmente. Click. Fatto. L’amico mi chiama, affettuosamente grato, e …
–        Manda anche il tuo curriculum
–        Il mio curriculum? Ma …
–        Tranquilla, è la prassi
–        Sì capisco, ma io sono un’insegnante adesso in pensione, scrivo, bloggo, partecipo e leggo, faccio altro. A che serve un curriculum? Mica cerco lavoro
–        È la prassi. Sei in un gruppo di Autori, e come Autore deve esserci anche il tuo

Insomma, imbarazzatissima scartabellai tra i curricula altrui per orientarmi.
Scartato, ovviamente, il formato del curriculum europeo, lessi e compitai.
Mi accorsi che in molti abbiamo biografie (o autobiografie?) perversamente parallele.
Siamo umani con un’attività e una vita, ma il curriculum non parla della vita.
Vediamo allora: si può, arrivati un bel pezzo avanti nelle nostre esperienze e sentimenti, passioni e disincanti, descrivere o render conto di un’attività senza dire chi siamo?
Grave imbarazzo mi colse.
Sarei riuscita a dire  chi sono se fossi riuscita a descrivere puntigliosamente tutti gli studi, abilitazioni, corsi e ricorsi, aggiornamenti e appallamenti, pubblicazioni e frustrazioni, esperienze di lavoro pagate e donate allo stato o a studenti, sostituzioni di chi aveva troppo da fare per … , convegni, forum, congressi, aggiornamenti, organizzazione eventi, viaggi di lavoro, progetti e tutto quello che avrei potuto raccattare tra carte e memoria?
Avrei potuto dimostrare che sono nociva/benefica o che sono utile/inutile?
Che ho lasciato segni o sassi dietro di me?
Avrei potuto dire quali sono le mie idee e valori, difetti ed errori?
No. Arriva un momento della vita, e non parlo solo di età, in cui ci si può liberare dalla vanità sociale e ti rimane dentro, se sei fortunato, la dignità personale.
E allora descriversi in un curriculum è piuttosto farsesco.
Alla amichevole richiesta di curriculum risposi : facciamo così, metti solo Maria Serena Peterlin – Insegnante Scrittrice
E mi pareva di aver già fatto troppo danno…
(E poi definirsi scrittori si può anche fare, ma insegnanti è davvero già una bella presunzione).

Famiglia all’italiana, ma quale?

A Montecitorio si tiene una mostra fotografica che documenta i cambiamenti della famiglia italiana attraverso le immagini del nostro cinema; titolo “Famiglia all’italiana”. Pubblicità a manetta su giornali e media televisivi tramite anche interviste a soliti noti, i monsignori, i politici (Lupi) e altri. Un investimento in fase di piena fase di crisi e aumento delle tasse, una delle solite iniziative per mettersi in evidenza e rilanciare un’immagine affaticata della famiglia? In parte sì; ma niente da dire su una documentazione di immagine cinematografiche, a patto, però di ricordare che la realtà è sempre stata un’altra, che l’immagine rappresenta un altrove (mi vien da dire ben_altrove), e che la famiglia nelle immagini del cinema non è mai stata, tranne rare eccezioni e al contrario di quanto si afferma nelle presentazioni dell’evento, quella vera con il suo vero vissuto.
La pubblicità ci dice che “da ‘Assunta Spina’ a ‘Piccolo mondo antico’, dal ‘Cuore grande delle ragazze’ ad ‘Anche libero va bene’, il cinema italiano rende omaggio alla famiglia per quel che è” ; ma è proprio questo il punto: i problemi, edulcorati o inaspriti, non sono i veri problemi e l’immagine è altro rispetto al vero.
Tuttavia è noto che far passare una visione razionale non è agevole, a meno di non accettare il compromesso che il vero non sia altro che una mediazione tra tante visioni personali.

As Time Goes By – I giovani sono conservatori?

Ha scritto Lev Tolstoj: “Si tende a pensare che siano i vecchi i più fervidi conservatori, e i giovani gli innovatori. Non sempre è così. Di solito i più fervidi conservatori sono i giovani che hanno voglia di vita, ma che non pensano,né hanno il tempo di farlo, a quale sia il modo migliore per vivere, prendendo così a modello lo stile della vita preesistente.
Oggi le cose, mentre il tempo passa non sono molto diverse, ma ci sono due differenze formali:
1) oggi i cosiddetti giovani hanno esteso la categoria giovanile fino oltre i 40, ma considerano comunque vecchi chi abbia vent’anni più di loro
2) I giovani prendono a modello non lo stile della vita preesistente (che poi sarebbe quello dei loro genitori o nonni), bensì quello veicolato dal conformismo dello schema che mette in campo la competitività ed anche l’esclusione.
Tuttavia molti tra i giovani sono sempre fervidi conservatori, anzi fervidi conservatori cavernicoli.