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Narrare, raccontare o la restituzione dell'AGORA'?di Mariaserena Peterlin

CAPITOLO 2

O parlo io o parli tu

Mi lasci parlare?
Mi alzo e me ne vado!
 
Ridicoli e volgari personaggi urlano nei set televisivi, e si permettono di entrare nelle nostre case latrando le loro cosiddette opinioni.
Abbiamo perso l’agorà, ci hanno chiusi, o ci siamo lasciati chiudere, nelle nostre case-scatole e il nostro focolare domestico (Arbasino) non è nemmeno più famigliare poichè ciascun membro di quel che rimane della famiglia ha il suo schermo personale (tv o pc che sia).
Da quelle scatole urlano o sogghignano personaggi brutali e cafoni, o ammiccano giochi che assorbono ogni attenzione ed emozione, che seminano solo la malerba dell’opinionismo relativista.
Ciascuno pretende di avere la sua verità e pretende, errore fatale, che il concetto di opinione e quello di verità siano equivalenti.
Noi, spesso quasi inconsapevolmente seguaci di questi pessimi modelli, ci stiamo isolando sempre di più. Il consenso tra le persone si misura sull’adesione ad un’opinione; un po’ come accade per le cosiddette fedi calcistiche o sportive. Il sentirsi parte di una società non significa essere curiosi di conoscere quello che gli altri pensano, ma legarsi ad un consenso comune che non richieda troppo uso della facoltà raziocinante.
 
Abbiamo fortemente bisogno di una dimensione comunicativa diversa. Il singolo, il genitore, l’insegnante, la scuola non possono cambiare d’un tratto tutto questo.
Però penso debbano porsi (dobbiamo porci) il problema.

Web di opinione, esibizionismo o violenza telematica? di Mariaserena Peterlin

… con l becco sporca di fango…

Scrivo una nota brevissima che nasce da una mia lettura-esplorazione di alcuni blog piuttosto frequentati e che potremmo definire di opinione, ma invece del confronto cercano l’esibizione o la prevaricazione.
Non discuto le idee  di nessuno, e non c’è bisogno di spiegarne ogni volta il perché ricominciando dai fondamentali.
Detto per inciso non discuto nemmeno di netiquette perché mi sembra che la solita buona educazione basti ed avanzi e la netiquette sia solo un paracarro snobistico altrettanto ingombrante quanto inutile, tra persone civili, del cosiddetto off topic.
E’ inutile sventagliare piume di struzzo nel vantare e difendere (questa è solo la mia opinione personale) la potenzialità della rete se poi ci si arrocca dietro a regolismi che si inalberano su formali pretesti.
Se da un argomento ne nasce un altro perché irrigidirsi sull’off topic ?
E se uno si mette in rete, e quindi si espone alla piena visibilità, perché vuole che ci si regoli secondo delle etichette comunicative (sempre fatta salva l’educazione) che non sarebbe in grado di imporre in nessun altro ambito, condominio compreso? 

Ciò detto la questione è la seguente.

Leggo, come dicevo, su web interventi di opinione e trovo che spesso lo scopo dei post (o addirittura il cosiddetto “questo blog nasce per” ) non è comunicare, ma lanciare invettive e reprimende, anatemi e predicozzi vanesi, critiche ossessive e malevole contro veri e propri bersagli: e questi bersagli sono le idee altrui o le persone.
Ma a che serve tanto livore?
A chi giova,  l’attacco (preferibilmente in branco) contro avversari che magari nemmeno leggono questo genere di performance, ma scrivono e continuano ad esprimere le loro idee?

Insomma quale utilità o vantaggio nascerebbe, e per chi nascerebbe, da uno spazio web sostanzialmente aggressivo in senso gallinaceo, bellicoso e non dialogante?

No, non sto pensando a qualcuno in particolare, penso piuttosto al clima abbastanza diffuso, ad un modo di stare in rete snobistico.
Penso a quelli che presumono di poter giudicare dall’alto e con aria di superiorità e trinciano giudizi come se tagliassero la siepe di casa loro ma si ammantano, per l’appunto, di una superiorità molto opinabile e che, fuori da quella siepe, altro non è aria fritta o al massimo può dare fastidio o offendere.

Per questo mi chiedo: non sarebbe meglio per tutti esprimersi ed argomentare vivacemente e razionalmente ma astenersi dalla logica del branco telematico che nasconde la testa sotto la sabbia quando deve osservare se stesso ma usa per il peggio uno strumento degno di ben altre utilità quando parla di altri?

COMUNICARE CON I NATIVI DIGITALI di Mariaserena Peterlin

Mi suggeriscono (G.Marconato)  un link in cui P.C.Rivoltella parla delle difficoltà che hanno gli adulti a comprendere le modalità di apprendere e comunicare dei nativi digitali, la generazione nata col cellulare attaccato al biberon e che gioca sulla playtation mentre parla al cell, e apre dieci finestre sul pc.
Mentre seguo il link su youtube comincio a prendermi qualche appunto, do un’occhiata alle email, spizzo fb e penso a come elaborare ciò su cui fermo la mia attenzione.
Che cos’è? pure io multitasking? 😀 .
Tranquilli, non sono così avanti.
Il fatto è che youtube carica lentamente e a tratti si ferma e il professore parla senza fretta, forse proprio perché anche lui tiene sotto controllo l’ambiente circostante e le immagini che gli scorrono accanto ad illustrarne i concetti. (Tenere alto il livello dell’attenzione non è facile.)
Colgo alcune sue frasi interessanti e riassumo.
L’aspetto differenziante tra i nativi digitali e noi non è la competenza tecnica, la ricerca recente mette in evidenza che alcune volte la tecnologia è un ponte tra generazioni e quello che ci avvicina è molto più di quello che ci allontana (es cellulari); dobbiamo comprendere che nel nativo gli stili cognitivi e di attenzione sono diversi e che siamo noi a doverci inventare nuovi sistemi di mediazione.
Dunque è necessario mettere in discussione l’adulto e non colpevolizzare il minore: un gioco di riposizionamento per guadagnare un punto di vista più corretto tra il minore e i media.

Bene, mi dico. Trovo, in queste parole, conferme alle mie precedenti osservazioni empiriche. Anche nella vita quotidiana non mancano, tra genitori e insegnanti attenti, quelli che hanno la percezione precisa che il gap non si crei da solo e che il ruolo educativo chieda che sia l’adulto a impegnarsi a colmarlo.

Il problema è, infatti, l’equilibrio tra ciò che siamo e ciò che i ragazzi sono. Mio nonno andava ancora a cavallo ma poi si comprò la moto Guzzi; e usava l’automobile. Mio padre andava, per chilometri, a scuola in bici, ma poi è arrivato a volare in aereo e vedere l’uomo sulla luna ma scuoteva la testa quando vedeva i capelloni.
Adesso abbiamo a che fare con la comunicazione.
Io la prenderei con calma. Ce la possiamo fare, magari scuotendo non la testa, ma le nostre energie, perché i ragazzi che frequentano oggi la scuola e vivono ancora in famiglia non trovano sempre di fronte a sé saggezza ed equilibrio, ma si imbattono in conservatorismo e barriere più vecchie di mio nonno. E questo non va bene. (Fatte salve le buone eccezioni, naturalmente.)
 

Che la protesta democratica inizi. perché NUNTEREGGAEPIÙ – di Mariaserena Peterlin

In un società evoluta e civile, e tecnologicamente avanzata, avendo ormai spenta ogni e qualunque velleità seriamente intesa e di conoscenza, in considerazione che conoscere richiede tempo e tempo non ce n’è, ci si è organizzati  anche per spegnere ogni e qualunque velleità di tipo non correttamente regolamentato per creare una ordinata e costruttiva dinamica sociale politicamente corretta.
Talchè, Signora mia, anche per decidere cosa indossare o quando fare il bucato si fa un patto di stabilità con il meteo tv o con le fasce orarie dell’Ente erogatore dell’energia elettrica (che a Roma è la vecchia Acea), se e quando si vuole fare un viaggio si fa programmare il tutto compreso ad un’Agenzia e pure per sapere se si è davvero innamorati (o cornuti) si chiede alle cartomanti televisive (a cui si assimilano anche esempi pratici con i reality) che forniscono anche una serie di servizi aggiuntivi niente male (pietre, numeri, pratiche igieniche, sacchetti di sale eccetera eccetera).

In questa felice società evoluta e civile, esistono altre virtuose pratiche comunicative; il sindaco di Roma vuol bene a Che Guevara (che se si rigira nella tomba sono cavoli suoi) gli agnelli pascolano con le volpi (vedi le recenti presunzioni di alleanze politiche) e i lupi si fanno gli affari loro oppure non esistono più.

Ma c’è di meglio: infatti tout va très bien. La dimostrazione?
Eccola pronta: i ben pensanti o ben viventi e amanti della convivenza pacificata possono prepararsi tranquillamente al Santo Natale mescolando ai pastori del presepio le figurine di qualche boss o delinquente comune e mettere a reggere il mantello dei Re Magi Putin-Berlusconi-Merkel o  sistemare Alessia Marcuzzi&Facchinetti  a far capolino dietro San Giuseppe per ricordargli cos’è l’amore vero. 
In un presepio politicamente corretto ci sta pure questo, mica siamo razzisti o moralisti.
E sull'albero di Natale non una stella, ma tutta la bandiera europea che ne abbonda.

E non basta, Signora mia. Siamo proprio fortunati. In un società evoluta e civile e tecnologicamente avanzata non abbiamo più bisogno di informazioni, di notizie e di impegno giornalistico morbosamente curioso. Allo scopo si tappano graziosamente anche i buchi delle serrature magnetiche: infatti un igienico mandato di cattura provvederà con lo zelo necessario a far cambiare direzione civilmente chi stona dal coro: a Natale il coro è di rigore e deve avere il sopr-avvento.

Tranquilli, che c’è anche la ciliegina per il panettone:  il popolo italiano è un bravo popolo, ma ha qualche frangia spettinata che bisogna provvedere a rimettere in riga. 
Sì insomma il mondo del lavoro, la solita gente : l’universo del Precariato, Ricerca, Università e Scuola; i lavoratori sottopagati e messi in regola ma solo nella forma mentre nella sostanza sono costretti ad accettare condizioni e clausole vessatorie, oppure quegli sfigati dei cinquantenni messi in mobilità con un civile calcio nel sedere e così via; frange marginali!
L’importante, insomma è che la ciliegina sul panettone faccia la sua figura, e dunque tutti quelli che vogliono protestare lo possono finalmente fare: ma in modo “civile e corretto”.
Facile!
E' sufficiente divulgare e tessere una mentalità civile e corretta ed indurre la disapprovazione per chi pensa di fare il furbo con cortei, cartelli, striscioni, schiamazzi, disturbo della quiete (è Natale!), manifestazioni pubbliche, appollaiamento sui tetti e sulle gru, invasione di strade e vicoli urbani o extraurbani.

Insomma viva il libero mugugno interiore e la faccina soave.

Una buona protesta civile e corretta, sarebbe approvata e convenevole da tutti, anche ai non pochi esponenti de genere  “onorevole eccellenza/cavaliere senatore/nobildonna eminenza/monsignore/vossia cherie mon amour/NUNTEREGGAEPIU'”

Grazie a Dio (e a Rino) a noi il NUNTEREGGAEPIÙ lo avevano detto, e l’avevamo potuto ascoltare e assimilare. Ma ora… basta con questi disordini che creano disagio.

Quindi d’ora in avanti: “Avanti popolo alla riscossa corretta e civile! e dalla durata te-lesivamente efficace, sennò non vi ascolta nessuno. Chiaro?
Talchè, Signora mia, potrebbero chiudere anche il sipario perché la musica sarebbe proprio finita.