Archivi categoria: sciopero

Sciopero CGIL – … e la crisi non unisce, di Mariaserena Peterlin

Ieri è stato il giorno dello sciopero generale, Cremaschi  aveva scritto: "Questo sciopero è dunque un primo segnale di una svolta" Invece qualcuno ha parlato di flop, e ne ha vilmente goduto. Peccato. "C'è da augurarsi che anche chi ha dovuto subire contestazioni e fischi , come il vecchio Bertinotti, che rappresenta molto per l'Italia che lavora, e può essere anche il simbolo storico di una sinistra che probabilmente non ha azzeccato tutte le sue scelte, ma che ha dato tanto al paese, continui a resistere, e a sostenere le ragioni del lavoro e dei lavoratori o meglio del popolo dei lavoratori.
Una domanda è quasi inevitabile: esiste ancora una categoria sociale consapevole di rappresentare il "popolo dei lavoratori"? Se non esiste o manca questa consapevolezza occorrerà ripartire da ancor più lontano, ma qualcuno deve sobbarcarsi in compito di farlo, di raccogliere le forze, di continuare a trasmettere segnali. E un segnale forte viene proprio dalla nostra storia ancora abbastanza recente da poterci insegnare molto. Mi riferisco alla nostra storia tra la fine dell'Ottocento e il primo Novecento quella che ci racconta come si sia passati da condizioni di esclusione delle donne e situazione semi-feudale dei lavoratori a una società dei diritti e come dall'analfabetismo e dal suffragio per censo si sia passati all'istruzione obbligatoria e al suffragio universale.
Qui si dovrebbe chiamare in causa la scuola e chieder conto ai docenti (non solo quelli di lettere e storia, ma certamente a loro in primis ) del perché, nonostante il loro insegnamento e i nostri attuali giovani appaiano così "ignoranti" da non saper interpretare il presente, storicizzare il contesto, e progettare il futuro. 
Già la scuola e gli insegnanti : perchè accade che, anche loro, latitino pure alle manifestazioni sindacali?
Se è vero che alcune categorie, come appunto i docenti, non hanno mai dato segnali particolarmente accesi di partecipazione a scioperi e manifestazioni è anche vero che, in linea generale, l’attuale precarizzazione del lavoro unita al sistema diffuso dei contratti a progetto, cococo, lavoratori costretti alla partita iva ecc ecc ha, nei fatti, ridotto parecchio il numero di tutti i lavoratori che possono davvero scioperare.
Personalmente sono sgomenta di fronte al fatto che tutti tendiamo alle divisioni piuttosto che all’unione; qualcuno di coloro che ha aderito allo sciopero si sdegna per la non partecipazione di altri lavoratori e dice che non si devono più lamentare o non “mando a…”.
Invece qui si commette un grave errore: non si deve “mandare” proprio nessuno in alcun luogo, piuttosto è necessario rifondare la solidarietà e la partecipazione; occorre credere fermamente nel futuro, e continuare a lottare per l’unione e per la crescita della consapevolezza dei diritti, per la giustizia sociale, per la lotta contro il privilegio.
Tutto il resto fa il gioco di quei signori che toccano e ritoccano la manovra sempre a nostre spese. 
Tutto questo ingrassa il padrone e tiene a digiuno il popolo e ormai è tempo di indignarsi.
E’ bene, tuttavia, fare molta attenzione prima di fomentare ulteriori divisioni.

 

I pareri di Perpetua n.4: lo sciopero del Pd e dei calciatori – di Mariaserena Peterlin

Perpetua inforca gli occhiali e comincia a leggere il giornale:I pare(r)i di Perpetua stupisce, allibisce e si fa perplessa; poi accende la tv e trova le stesse notizie, siccome è anche dotata di media telematici si attacca al pc e controlla, ma tutto combacia. Ovunque non trova che conferme. Il campionato di calcio non è decollato causa sciopero dei calciatori … “Ah!” rimugina tra sé Perpetua, “… dovrò dire in giro che non possiamo allestire il sistema per giocare alla schedina”. Poi, spigolando nelle news, trova anche altre notizie inquietanti: nel Pd cresce il fronte dello anti sciopero! D’Antona, Fioroni, perfino Chiamparino e non pochi altri sono fermamente contrari allo sciopero sulla manovra: roba da pollice verso. Non parliamo di Confindustria, ma di quella, appunto, che se ne parla a fare?
“Dunque se la CGIL proclama un sciopero che suscita perplessità e divisioni mentre i calciatori proclamano uno sciopero e scioperano per davvero, e sembrano abbastanza compatti, che sta succedendo?” prosegue fra sé Perpetua rinfoderando gli occhiali e cominciando a sbucciar fagioli per il minestrone.
“Beh, non è poi così strano”, argomenta fra sé l’arzilla, fedele e concreta animatrice della cucina parrocchiale: “Poter scioperare è, di questi tempi, un privilegio abbastanza esclusivo, un lusso non immaginabile per il popolo che ha già abbastanza ristrettezze da affrontare per poter rinunciare a una giornata di traballante e incerta paga. Dunque, visto che per potersi astenere dal lavoro occorre non essere né disoccupati né precari ed avere da parte qualche risparmio lo sciopero è, allora,  per i lavoratori ricchi? mmmmmm può darsi. Ma i calciatori, allora, sono ricchi che lavorano? Ecco,” conclude Perpetua accendendo il gas sotto la pentola e rimettendosi il pareo a pois rossi intorno al collo  "questo è il vero nocciolo della questione: da quando il calciatore miliardario è considerato un lavoratore? Roba da chiodi.”

Messaggio di fine d'anno. CITTADINI, DIETROFRONT ! di Mariaserena Peterlin

 
Come festeggeremo?
I botti no; esercizio pericoloso.
E bottiglie, lampadine o la roba vecchia da gettare dalle finestre? Vietato davvero. Una vecchia pratica incivile, del resto abbiamo già le discariche traboccanti.
Ci si butta a bere? Ma no, anzi il meno possibile.
Viaggi? Quelli sì, a patto che ci piaccia piace gozzovigliare in sacco a pelo nei terminal di qualche aeroporto congelato.
Regali? Forse… riciclare le mutande rosse degli anni scorsi. Tanto non le mette quasi  nessuno e basta scegliere sempre la taglia unica.
 
Dimentico qualcosa? Come no: lenticchie turche e cotechino di maiale a sei zampe importato dall’est europeo: una autentica sciccheria per palati fini. (Ops: “ff…Fini ?!?” Help! no! Ovvio. Pussa via!)
 
Italiani di terra di mare e dell’aria: ci siamo rotti le scatole oppure ne volete ancora?
Veramente un dettaglio ci sarebbe; il 2011 si annuncia in salita. Lo snocciolano, con ansante metafora, i media: ci attendono oltre 1000 euro di aumento annui per famiglia (già ricordiamoci anche della famiglia visto che si tratta di pagare).
 
In tutto ciò come tralasciare un’aurea frase dell’emozionante messaggio pronunciato in conferenza stampa dalla soave-suadente-paterna voce del premier alla vigilia del Santo Natale? Egli non ci ha forse ammonito (proprio da buon padre di famiglia) che
“In India il costo del lavoro è meno di un dollaro l’ora, per la precisione 98 centesimi, e l’Europa deve adeguarsi”?
Faccio il conto della serva. A occhio e croce (soprattutto a croce) ci dovremmo aspettare di scivolare a paghe mensili da 300 euro al mese? Slurp! Anzi, doppio slurp.
 
E nessuno si è levato a chieder conto di questo scenario, e nemmeno un sopracciglio si è aggrottato. Si vabbè qualche ex comunista dei soliti, di quelli ancora di sinistra e rompiscatole ha eccipito, ma quelli chi li intervista? Infatti i giornalisti presenti in conferenza stampa hanno incassato compunti.
Del resto è naturale visto che hanno riprecipitato alle condizioni sociali del seicento: notoriamente secolo sudicio e sfarzoso. Per reagire dovremmo ricominciare dalle ottocentesche
Trade unions ? E' possibile. 
 
Appare chiaramente che (e vado a semplificare) quelli che governano il nostro mondo, e non solo l’Italia, hanno spezzato e spazzato via una rete sociale faticosamente costruita, virtuosa, fatta di gesti quotidiani, di lavoro, di crescita personale, di mani che si stringono, di cuori che si parlano, di teste che pensano, di progettualità, di ricerca, di sviluppo, di promozione per le giovani generazioni a venire.
Hanno lanciato sui nostri passi di lavoratori le iene della concorrenza, della competizione, delle piccole ambizioni personali del miope tornaconto. E le iene hanno fatto bene il loro lavoro: ci hanno raggiunto.
Man mano le coscienze si spengono assopite e assorbire da cocktail del tipo divano+immagini et similia.
Insomma hanno seminato l’ignoranza ed è cresciuta, rigogliosa ed infestante, l’indifferente passività di molti e la furbizia di pochi.
 
Ma via! Basta con le amarezze! E’ capodanno! Avanti coi brindisi degli spumanti.
Forza Italia! Stringi i denti ma preparati ad allacciarti di nuovo i calzoni con lo spago. Nel frattempo indébitati fino al collo perché la Cina, lo sapevamo, è vicina; ma l’India è qui dietro l’angolo. 89 centesimi all’ora non ci saranno negati.
Alleniamoci alla miseria rilassandoci, per chi vuole, a botte di new age.
Potrebbe essere utile.
 
Come festeggeremo dunque? Qualcosa c’è. Auguriamoci reciprocamente la fine di questa nebbia che ottenebra le menti e la nascita di una buona vista chiara e tagliente per il domani.
 
Nel frattempo rimangono, inoltre, gli affetti e l’amore da coltivare, e la convinzione che valga la pena di lottare con passione per l’essere umano che anima questo nostro corpo assediato da vacui desideri, ma anche da reali bisogni di tanti tipi.
Cose che non costano nulla, ma potrebbero farci sentire migliori. E sarà comunque luce dentro di noi.

LAVORO, ISTRUZIONE E DIRITTI NEGATI: SI VA VERSO UNA SELEZIONE DELLA SPECIE?

RISVEGLIARE LE COSCIENZE E CREARE SOLIDARIETÀ TRA TUTTI GLI ESCLUSI

mariaser1 news 07La stabilità del rapporto di lavoro nonché la garanzia del diritto al lavoro sono ormai, tranne poche eccezioni, eredità di un mondo diverso da questo ed ottenute in passato solo per pochi decenni che si vanno allontanando.
Attualmente diritti e garanzie sono negate non solo ai cittadini cosiddetti giovani, ossia a chi ha meno di quarant’anni ma anche a chi, pur di età maggiore subisce gli effetti di questa deprivazione.
La precarietà non è più uno stato di passaggio, è sistema.
I vecchi che hanno ancora un contratto vero, man mano cederanno per età.
Molti giovani, costretti al funambolismo di uno pseudo lavoro, che troppo spesso impedisce loro di crescere professionalmente, sono spesso anche manipolati verso consumi e a uno stile di vita anestetizzante che li distolgono dalla necessità di crearsi una forte formazione di coscienza politica di contrasto al sistema.
Accade infatti che giovani e meno giovani perdendo fiducia, in quanto cives ossia cittadini attivi e partecipi, si rifugino nel privato.
L’imposizione del funambolismo-precariato del lavoro oltre a creare rivalità e astio tra pari, oltre a creare frustranti aspettative, spezza (a vantaggio del datore di lavoro) il possibile legame di solidarietà tra lavoratori i quali ripiegano verso una condizione di dipendenza spesso affettuosa, ma certamente non a loro utile nel tempo medio-lungo, verso gli anziani di famiglia.
Le parti politiche in campo non dimostrano, ad oggi, di avere interesse ad elaborare un’analisi adeguata di quanto sta accadendo al cittadino, al popolo.
Ci si prepara eventualmente a sostenere uno scontro tra opposizioni, ma non riusciamo a scorgere il dar vita a una teorizzazione ideologica volta al rinnovamento, ormai indispensabile, e a una interpretazione seriamente critica di questa realtà.
Perché questo accade? Dove sono finiti anche gli intellettuali?
Quale ulteriore cambiamento ci aspetta?
Eventuali avvicendamenti politici che non si propongano una prospettiva del tutto diversa da quella attuale (a cui ci si adegua a livello non solo europeo) a cosa porteranno?
A una patetica strategia di rammendo-rattoppo provvisorio?
A una pseudo economia di aiuti e non di sviluppo?
E continuando così quale vita ci aspetta tutti?
Gli studenti che protestano a Roma come altrove hanno ragione, ma contestare Gelmini non è sufficiente, è solo una comprensibile esternazione di disagio. La Gelmini è, come noto, diligente esecutrice di decisioni che sono state già prese ed attuate. 
Ma cosa vuole ottenere il sistema?
Una sorta di selezione dei cittadini?
I ragazzi, infine, stanno già subendo danni nella loro educazione.
Tanto è vero che non solo si taglia sull’istruzione, ma si sostituisce alla pedagogia della della responsabilità e all'attenzione per crescita del cervello libero e pensante il controllo telematico delle assenze, dei ritardi e dei voti. 
La falsa efficienza in luogo della cura.
Se perdiamo anche loro, che rappresentano la prossima generazione chiamata a sostenere la vita attiva, la domanda è indifferibile: dove ci stanno portando?