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A scuola, anche di antifascismo

 “Non so’ più fascista!” ha esclamato uno studente, età 16-17. Eravamo a scuola e un mio bravo collega stava facendo vedere alla classe “Roma città aperta”; era appena finita la sequenza straordinaria e sconvolgente in cui Pina (Anna Magnani) viene falciata da una raffica di mitra dei tedeschi mentre, dopo un’odiosa retata degli stessi, corre inseguendo il camion che porta via il suo Francesco, antifascista.
Ecco perché, e non dobbiamo smettere di dirlo, la scuola è fondamentale, l’educazione è tutto. A volte non servono nemmeno troppe parole.

Pensar non nuoce? di pancia e d’altre maniere

Mi piacerebbe pensare, con un pensiero… intelligente? Evvia no! A che  servirebbe?

il "cappello pensatore" di Archimede pitagorico....

 
Nel pieno meriggio pallido e assorto di un’epoca in cui abbiamo ormai compreso che pensare non è una priorità e che comunque c’è chi propone quotidianamente, e con autorevolezza, di pensare per noi, ovvero al posto nostro, abbiamo l’imbarazzo della scelta: ci sono tante opinioni prêt a penser, pronte all’uso. Oggi accanto al classico e desueto pensiero razionale vediamo affiancare e promuovere altri tipi di pensiero.
Sbaglia chi si aspetta un ritorno al sensismo o all’estetismo: roba decisamente vecchia e buona per i filosofi quelli veri, ma vecchi come il cucco anche loro. Oggi non è epoca da cucchi, semmai, potrebbe suggerire qualche maligno, è epoca da ciucci.
Ma qui nessuno è maligno o malpensante, per cui andiamo al sodo.

Propongo dunque un elenco-bozza provvisorio (del tutto artigianale ed aggiornabile, senza pretese scientifiche) di nuovi corredi mentali ovvero di modi nuovi di pensare

a) modi empatici (servono a mantenere buone relazioni, relative e non, a prescindere da un’analisi superflua del contenuto):
pensare d’istinto : reazione ferina, a volte minacciosa
pensare d’intuito : presunzione/illusione di aver capito
pensare di riflesso : mi ci hai fatto pensare; reverenziale e sottomesso
pensare organico : basta che siamo d’accordo tutti
pensare condiviso : mi risparmio la fatica
b)  modi politici (servono per tentare di promuoversi, avere audience, candidarsi a comparsate mediatiche. Falliscono, ma ci sono eroi che non mollano):
pensare utile : lo scopo è trarre vantaggio
pensare mediato : vaglielo a dire tu
pensare sottinteso : ovvio! Tra noi non c’è bisogno di parole!
pensare per non pensare : antistress
pensare senza darlo a vedere : io? ero con la testa altrove
pensare l’inchino : ….
c) modi fisici  di assoluta tendenza!
pensare di testa : (dismesso, ma si elenca per completezza).
pensare di pancia : di gran tendenza, per l’appunto, si pensa di pancia quando non si sa quale sia il motivo ma ci piace qualcosa. Si usa per risparmiar tempo ed evitarci di spiegare il perché. Praticamente è diventato una sorta di dogma.
Controindicazione: c’è una percentuale habitué che produce il pensiero colitico (da evitare poiché genera imbarazzo sociale)
pensare di denti:  reazione istintiva che si manifesta con digrignare di canini, molari e premolari non appena siamo in prossimità di preventivi dei professionisti di cui non si può fare a meno come ad es. notai, fiscalisti, dentisti ecc
pensare da contrattura lombare-cervicale : lo provocano le visite ai parenti, fino al terzo grado.
pensare di piede o pedestre : non è un pensiero basso o volgare, ma un pensiero di fuga. Si manifesta in momenti di totale benessere interrotti dai rompiscatole. Ognuno ha i suoi.
pensiero di mano: detto anche pensiero villano. Non cediamo alla tentazione, è da gente troppo incolta e schietta!
Ogni riferimento è casuale, ma empiricamente dimostrabile.

NON VOGLIO PIù PARLARE DI SCUOLA – di Mariaserena Peterlin

Non voglio più parlare di scuola.
Non voglio più intervenire nei dibattiti di insegnanti.
Non voglio più mediare o cercare di capire di che si parla.
Non voglio più ascoltare le stesse tiritere.
Non voglio usare il tempo per ritornare su vecchi concetti e per discutere su affermazioni vecchie come il cucco.
Non lo dico per disamore, per snobismo, per rifiuto del mondo dell’educazione.
Lo dico perché è evidente che i problemi sono stati tutti messi sul tappeto, ma che la volontà di risolverli non c’è.
La dimostrazione è che di fronte alla scuola, anzi sulla scuola, c’è da decenni una istituzione governativo-ministeriale che ha smesso di svolgere la funzione di un motore per diventare solo un peso occhiuto, censorio e ammosciante.
Si valuta il risultato dell’azione didattica solo per recriminare sulla qualità degli insegnanti e dei loro studenti e non per studiare soluzioni; infatti si accusa la scuola di non essere adeguata al mondo d’oggi. E gli insegnanti si sentono in crisi mentre dovrebbero rispondere che loro non sono chiamati a formare persone “adeguate” ma persone attive e pensanti. Dovrebbero inoltre rispondere con una evidenza: davvero si chiede di formare persone più colte, più autonome, più preparate, più fornite di strumenti culturali? E allora come si concilia allora tutto questo con la “fuga dei cervelli?”
Il sistema vigente attuale cosa intenderebbe per “formare persone adeguate”? Persone obbedienti e allineate?
Il sospetto è giustificato visto che le uniche soluzioni proposte e ammannite pomposamente come “riforma” sono ispirate a quella che possiamo definire la strategia del grembiulino, del calamaio e della falce: ossia il ritorno al passato.

Il problema è che il passato ha realmente una sua dignità che il presente non potrebbe sostenere, e che il presente ha una sua fame di soluzioni che il passato non potrebbe saziare.
Un altro problema è che la scuola può funzionare e funziona solo se funzionano i docenti e le famiglie, e non se ascolta i predicozzi dei funzionari o degli esperti tuttologi.

Un ulteriore problema è che se troppo spesso acquista visibilità e alza la voce solo l’insegnante che si lamenta e gode delle sue lamentele, se ne fa corona di martirio e non la smette.
Che cosa dovrebbe smettere?
Semplicemente di fare questo mestiere.
Ogni lavoro ha le sue fatiche, ed alcuni lavori hanno fatiche che incidono di più sul livello di impegno relazionale che siamo in grado di sostenere, altri sull’impegno fisico, altri sulla necessità di aggiornarsi velocemente, altri sulla sensazione di instabilità che non è garantita, altri sui gravi rischi professionali che si corrono; e potremmo continuare.
Invece non si prende atto di questo, non si ha una visione realistica e costruttiva e ci si lamenta: c’è chi si sente sfruttato e chi si sente sovraccarico o pensa di fare fatiche ripetute inutilmente.
Amici miei né Spartaco, né Atlante, né Sisifo ci salveranno.
Chi vuole lavorare a scuola prenda esempio da Robinson Crusoe. Un vero faber.
Oppure lasci perdere. Molto meglio trovarsi un lavoro come dama di compagnia o badante. C’è richiesta abbondante, si guadagna di più, si ha a che fare con una persona alla volta spesso non in grado di reagire, si risponde solo ad una famiglia e poi c’è l’enorme vantaggio del rapido turn over del… cliente…

Non voglio parlare più di scuola. Non di questa scuola e non in questo modo.
E credo sia, oltre che una buona idea, anche un sollievo reciproco e forse diffuso.