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Riflessione narrativa inconclusa, 2009

Molti sono gli incipit, pochi i finali

via Cristoforo Colombo

Nella stanza ancora buia finalmente arriva il rumore dei primi autobus che iniziano il servizio e tracciano nell’aria umida linee nere e per terra segmenti irregolari lucidi. Suoni vitali.
Il vuoto notturno si riempie respingendo il silenzio nel suo ruolo ormai marginale. Il vento porta il fruscio meccanico della Metropolitana che, in quel tratto, corre.
Corre all’esterno trascinando carichi umani.
Nella sua testa tutto ricomincia ad assumere fisionomie piacevoli e a trascinare suoni intrecciati a musiche.
Il vicino inizia la sua giornata aprendo la doccia che scroscia brevemente. Poco dopo per le scale le porte si aprono e chiudono e l’ascensore fila gemendo lungo le sue corde d’acciaio.
Adesso i rumori continuano sempre più frequenti e vari.
Le case si vuotano e la vita scorre all’esterno.
Marciapiedi e strade, cartelli pubblicitari e nomi di strade, fari e stop rossi, vetrine, edicole, bar.
Qualche bicicletta dirige a fanali spenti verso il centro oscillando corpi grigi con le teste incassate tra le spalle. Tutti uguali.
Marciapiedi e pozzanghere, asfalto scassato e pneumatici balzellanti, veicoli in file irregolari, moto zigzaganti.
Gente entra: Cappuccino, caffè e cornetto, briciole per terra, fazzoletti di carta, risata rauca, voce inquieta: presto presto presto!
Di notte tutto ha angoli retti e luci perpendicolari. La notte è attesa, è piatta ombra attraversata da schemi mentali che disturbano i sogni; sono strisce irregolari alla finestra, è cielo violaceo, sono scie di aerei con i fari accesi.

Ora le linee e gli angoli si fanno obliqui come la luce scarna del sole, dinamismo di corpi sbiechi meccanici, moto diagonale irrequieto a testa bassa, fumo di sigarette spezzate e gettate alla fermata.
Bambini nolenti ma impacchettati in auto nervose che procedono a balzelloni.
Passi rapidi, impazienza, rumori ritmati e picchiettanti: è in ritardo anche stamattina!
Maddalena attende brevemente e sale svelta sul suo autobus. Prende solo una linea, da capolinea a capolinea, si mette le cuffiette ed accende l’Ipod.
Antonio sale in auto e parte veloce, il suo è un percorso lungo e che si ingolferà all’incrocio con il Raccordo anulare.
Gianna infila i bimbi in auto, lavati e profumati: lei si trucca e pettina guidando nervosa, ma parla con loro tutto il tempo fino al portone dell’asilo. Non è una che se li dimentica in auto.
Paolo invece si sveglia da solo per andare a scuola. Trema inquieto nella camera fredda, infila jeans, maglietta e giubbetto, ha la nausea. Nottata distruttiva. Si butta fuori casa con lo zaino; sale sul motorino di Andrea che passa a prenderlo. Se ne vanno con il casco indossato al contrario, alto sulla fronte, via verso scuola.
Via via.

(non c’è nessun problema né senso)

Noi semplici, che scriviamo e meritiamo rispetto

Ecco come e perché ho deciso di Auto-PubblicareQualche giorno fa ho letto parole irridenti, sghignazzamenti, sbeffeggiamenti su persone che scrivono.
L’irrisione era a proposito di concorrenti a Masterpiece, una trasmissione in tv che ovviamente non guardo e non mi interessa, ma nella quale si cimentano aspiranti scrittori. E giù critiche e non sul format, non direttamente sui cosiddetti giudici che si prestano al massacro dei dilettanti, ma proprio contro i concorrenti, su chi si era proposto a vario titolo e in forme diverse a una selezione a cui non voglio nemmeno pensare.
Guardate che è pericoloso deridere chi si esprime. E’ un altro passo verso il silenzio.
Le ho lette quelle parole, e non mi passa il magone. Mi sono messa nei panni di chi si era presentato; mi sono immedesimata,  perché anche io scrivo, mi considero (silenziosamente) scrittrice, e certo, molto diversa, non vado ad espormi a giudizi o esibizioni bacchettabili. Mi basta potermi esprimere e lasciarmi leggere da chi vuole.

Attenzione, i tempi sono oscuri, ci vuol tanto tempo per fare giorno, la notte invece si avvicina rapida.
Fate attenzione voi che, cinicamente e forse per ottenere attenzione, criticate persone semplici, comuni come noi che scrivendo si esprimono sinceramente. Ogni nostra parola esce alla luce per dar voce a noi, ma anche a chi non ha voce.
Fate attenzione: la vostra satira si volga invece a contrastare i potenti di successo e non chi non ha altro che le sue parole.
Le critiche verso scrittori dilettanti non sono generose e feriscono.
Fate attenzione alle conseguenze del silenzio che, in modo subdolo è in questo modo evocato: il silenzio è fratello, bastardo, della censura.

Narrare è possibile – eBook di Mariaserena Peterlin

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Creatività e fertilità della mente: come una metafora di vita

Disegno di una bimba: Un papà e una mamma con una bimba nella pancia (è la sua storia)

Omologati e inscatolati, catalogati e selezionati per categorie, come le uova con la data di deposizione+il calibro+il colore del guscio+il cartoncio 2×6 cosa diventiamo? Uova da mangiare e non da nascita. Siamo sterili e non creiamo né vita né idee. E’ facile allora cadere nelle trappole. E la causa risale anche ai “danni dell’educazione” che è quasi sempre omologante ed omologata su schemi che prevedono tante cose, tante regole, tante strutture. E ci dimentichiamo di trasmettere esperienza, di narrare e ascoltare. Io penso che sia più bello e giusto trasmettere per comunicare che non comunicare per istruire. Raccontiamoci le cose, quelle vere e nostre. Non vi siete accorti che il “gossip” è un’altra droga?
Guardate questo disegno: un papà e una mamma con un bimbo nella pancia… 🙂 by nipotina quando aveva 4-5 anni . Speriamo che la scuola non faccia danni…