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Il mio dopo non sarà solo “vittoria!”

Nella mia vita precedente mi ero fatta l’idea, ma forse era più un patto, un’intesa con me stessa, che per quanto ingarbugliata, faticosa e piena di imprevisti, o forse proprio per questo, l’esistenza fosse una avventura interessante, vivibile, giustamente movimentata dall’ironia e dalla mia inquietudine che mi costringe a continui cambiamenti ma, grazie al cuore, buona.
Dopo il flagello non so se e quando inizierà una vera nuova esistenza. E non so nemmeno se sarà come ricominciare, come iniziare, come esser dentro al gioco, con in mano le carte. Si sta oggi, e da quasi due anni, in una sorta di esistenza altra: ripetitiva, noiosa, prevedibile, ansiosa e immobilistica fino alla staticità; percorsa da fibre di dolore aggiunto.
Per me tutto questo è sopportabile solo in ragione degli affetti. E dopo? Dopo che il nuovo Diaz avrà valorosamente dichiarato, nel il suo bollettino della vittoria, che il nemico che ci aveva invaso fin dentro le case è battuto e non ha più vantaggi, dopo che il flagello non avrà la sorte o la fortuna da giocare contro di noi?

Francamente non so.
Spero che non sarà come sommare due vite.
Spero di ritrovare il filo, il telaio, la tela da tessere con paziente utilità e qualche nodo e difetto: niente perfezionismo assoluto, non fa per me.
Sommare nuovo a vecchio? Ricucire due vite spensieratamente? No.
Annunciare, anche a me stessa, che la guerra è vinta grazie “fede incrollabile e tenace valore” senza guardarmi indietro? Nemmeno questo mi è possibile.
Non sono Diaz.

Tristezza, vai via

tunnelSono molte le cose che, col passare del tempo, si perdono. E anche se altre se ne acquistano, alcune di quelle perdute lasciano un senso di vuoto incolmabile.
Mi riferisco, questa volta, al senso di smarrimento che provo quando, leggendo opinioni o anche solo ascoltando alcune delle nuove o nuovissime leve, mi accorgo che non si crede più a nulla.
Devo spesso, infatti, costatare che il coraggio è stato sostituito dall’individualismo, la passione e l’amore dall’attrazione effimera, la sete di conoscenza dal sapere “utile” (non si sa bene a cosa), il gusto del bello dalla vanità, l’affetto sincero dalla coltivazione di interessi personali, la voglia di crescere da quella di sistemarsi, lo slancio per costruire da quello per possedere.
Insomma so che non bisogna generalizzare; e non generalizzo. Ma non mi basta veder buttare sul vassoio qualche esempio di “angeli del fango” o di “eroi che estraggono dalle macerie”, per farmi trangugiare la grigia sbobba delle miserie morali quotidiane che tutti conoscono, né posso accettare la passiva acquiescenza a questo presente triste, triste, triste e che si pasce, caso mai, di pay tv più qualche sintetica consolazione.
Miti ed eroi sono morti? Imprese e scoperte sono inutili?
Beh forse non si vive solo di elemosina, ma, diceva un tale, per seguir virtute e canoscenza.
Enfasi? Meglio quella che la tristezza.

Natura madre e maestra

GIUGNO 2013, in campagna

L’estate s’affaccia

tardiva tra gialle ginestra, e l’oliva

in pallidi fiori si mostra;

sui tralci, più verdi, c’è l’uva

rotonda che splende immatura.

La siepe, officina di insetti,

è un vento ronzante e incessante

brusio di creature al lavoro.

E’ vita che senza riposo

martella, trasforma e divora

gli istanti, le ore ed i giorni.

Produce altra vita il domani.

Le api accanite s’affannano

minuscole stakanoviste

tra fiori e alveare: instancabili.

Lo schermo riflette parole

di satrapi pigri e arroganti.

Italia, sei tu casa nostra?

Imputata zucchina venga avanti. La dichiarano colpevole, e noi pure

Trova la zucchina!

Trova la zucchina!

Signora mia che fa? Mangia zucchine?

Su Agorà un’ascoltata giornalista, Paola Maugeri, ci fa stamattina un cazziatone sul fatto che gli sconsiderati italiani, spreconi, si nutrirebbero di zucchine anche d’inverno. La signora, che ha un blog molto fashion e un look adeguato, ovviamente sta sponsorizzando (che strano) un suo libro mentre altri esperti, tale almeno appare Mariano Bella direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, presenti in studio, vengono interrotti o zittiti per farle luce: decisamente troppa luce. Sarebbe stato meglio accontentarsi di una quieta penombra, forse se ne sarebbe avvantaggiato anche lo squillante blue navy del chiassoso tailleur mattutino indossato dalla signora dall’esistenza (lei dice) ad impatto zero. No, io non mangio zucchine d’inverno, le mie zucchine sono estive e spesso ce le seminiamo in un orticello di famiglia. No, non le mangio necessariamente a marzo, ma nemmeno bevo le sue saputelle parole sul nulla.
Sta a vedere che se uno si compra una zucchina è responsabile della crisi.
Sta a vedere che abbiamo individuato, nell’uso personale della zucchina, la causa madre di tutte le nostre disgrazie economiche, dello spread, del default e del mal di calli della nonna.
Queste aggraziate persone che hanno un agevolato accesso in Rai (di cui noi paghiamo il salato canone e subiamo quintali di pubblicità sul pulitore del WC, sui fili interdentali, sui pruriti intimi ecc), questi geni compresi che vengono a sponsorizzare un libriccino che risolverebbe i problemi ecologico-economici del pianeta, queste levigate opinioniste o opinionisti fashion che sono ascoltate/i, con deferenza, dai colleghi amichevoli, mentre altri, davvero esperti, vengono interrotti, oscurati o ignorati e, non contenti dell’ampio spazio ottenuto, ci bacchettano pure sulla zucchina?
Gente così sentenzia, ma sembra non aver mai nemmeno visto un campo di patate, gente così al massimo si pittura le unghie ascoltando musica new age. A sentir loro chi mangiasse due, tre fettine di carne a settimana, invece di 10 kg di patate, è colpevole perché la mucca inquina, ma non sanno nemmeno che un conto è la vacca da latte (che Dio le benedica sempre) e un conto il bovino da carne.
E nel caso specifico la signora vorrebbe pure che le comprassimo l’opera di cui sostiene “sono felice, il mio libro va benissimo”? Nel frattempo, e non per colpa delle zucchine sprecone o del bovino inquinatore, gli imprenditori si suicidano, i poveri in aumento sono esclusi e affamati e a noi ci gira tutto il sistema solare.
La Rai e i suoi giornalisti dovrebbero riflettere su se stessi e la loro professionalità, su quello che ci ammanniscono impunemente e soprattutto su quello che vanno sponsorizzando.

Basta, non è più tempo di scherzi a parte.