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Tristezza, vai via

tunnelSono molte le cose che, col passare del tempo, si perdono. E anche se altre se ne acquistano, alcune di quelle perdute lasciano un senso di vuoto incolmabile.
Mi riferisco, questa volta, al senso di smarrimento che provo quando, leggendo opinioni o anche solo ascoltando alcune delle nuove o nuovissime leve, mi accorgo che non si crede più a nulla.
Devo spesso, infatti, costatare che il coraggio è stato sostituito dall’individualismo, la passione e l’amore dall’attrazione effimera, la sete di conoscenza dal sapere “utile” (non si sa bene a cosa), il gusto del bello dalla vanità, l’affetto sincero dalla coltivazione di interessi personali, la voglia di crescere da quella di sistemarsi, lo slancio per costruire da quello per possedere.
Insomma so che non bisogna generalizzare; e non generalizzo. Ma non mi basta veder buttare sul vassoio qualche esempio di “angeli del fango” o di “eroi che estraggono dalle macerie”, per farmi trangugiare la grigia sbobba delle miserie morali quotidiane che tutti conoscono, né posso accettare la passiva acquiescenza a questo presente triste, triste, triste e che si pasce, caso mai, di pay tv più qualche sintetica consolazione.
Miti ed eroi sono morti? Imprese e scoperte sono inutili?
Beh forse non si vive solo di elemosina, ma, diceva un tale, per seguir virtute e canoscenza.
Enfasi? Meglio quella che la tristezza.

Pensiero forte VS poteri forti

Con le mani

Appartengo a una generazione, che non ha avuto paura dei temi forti anche se, probabilmente, non li abbiamo affrontati come si deve.
Oggi no, non c’è nulla di forte; oggi tutto è mediato, stemperato, politicamente corretto e acquiescente a questa mediocre realtà che ci viene ammannita come “dura ma necessaria”.
Ma non riusciranno a farmi pensare che il duro e necessario sia anche utile.
Utile è ciò che cresce progettando, non ciò che spegne altri arricchendo se stesso.
E loro arricchiscono.
É dunque loro la vittoria?
Solo se l’accettiamo. Ma possiamo non accettarla e pensare diversamente e vivere diversamente per trovare il tempo per leggere, scrivere e continuare a pensare che c’è un altro futuro possibile, senza di loro.
Come? Anche dicendo no, anche rifiutando di tapparsi il naso.
E’ stato allora, quando ci siamo, per la prima volta, tappati il naso, abbiamo chiuso anche gli occhi e le orecchie ed abbiamo rinunciato all’etica, alla solidarietà e messo il cervello nel Domopak, in frigo depositando un voto, estorto dal compromesso, nell’urna
E’ proprio da quando ci siamo accontentati del meno peggio che il pessimo maleodorante e la volgarità furba ma ignorante hanno cominciato a impacchettarci e a metterci sottovuoto.
No, ripeto, non riusciranno a farmi pensare che sia duro ma necessario ed utile rinunciare alla dignità del lavoro, alla giustizia sociale, all’uguaglianza, ai diritti fondamentali che ci erano stati garantiti perchè conquistati dai nostri padri.

L’incubo deve finire.
Dovessimo pure ricucirle, le nostre bandiere devono tornare al loro posto.

FORSE CHE Sì FORSE CHE NO (se cade il governo) di Mariaserena Peterlin

Dramma annunciato nel mondo della scuola e dell’istruzione: se cade il Governo (il che tutti desideriamo spassionatamente o appassionatamente) cade Gelmini, e se cade Gelmini cade anche il principale argomento-bersaglio contro cui docenti, studenti, famiglie, esperti, formatori indignati e non ecc ecc scagliano consolidati strali & invettive.
Che fare? Rimane qualcosa di cui parlare?

Il mondo della cultura, della scuola, della formazione e dell’istruzione potrebbero, a brevissimo termine, trovarsi a tirar fuori dal cappello-pensante (se c’è) qualcosa di più del brontolio cerebrale contro l’esistente e a dimostrare di saper programmare, progettare, dar vita al nuovo.

Ma non è tutto. Ovviamente, e qui il problema si ingigantisce, riguarda anche tutto il resto: in primo luogo l’economia.
E l’affare s’ingarbuglia.

Riusciranno i nostri eroi della cosiddetta alternativa, dell’opposizione, dell’indignazione e, insomma, tutta l’ottima galassia anti-berlusca nell’impresa di cambiare argomento e mettersi a proporre e costruire?

L’Italia, se si desta e se andrà sposa a loro, vorrà risposte urgenti; e si aspetterà prestazioni adeguate.
E speriamo bene.