
seminare, per vedere germogliare il grano
seminare, per vedere germogliare il grano
Pubblicato in berlusconi, bersani, elezioni
Contrassegnato da tag comunicare, cultura, impegno, M Monti, votazioni, voto
Dramma annunciato nel mondo della scuola e dell’istruzione: se cade il Governo (il che tutti desideriamo spassionatamente o appassionatamente) cade Gelmini, e se cade Gelmini cade anche il principale argomento-bersaglio contro cui docenti, studenti, famiglie, esperti, formatori indignati e non ecc ecc scagliano consolidati strali & invettive.
Che fare? Rimane qualcosa di cui parlare?
Il mondo della cultura, della scuola, della formazione e dell’istruzione potrebbero, a brevissimo termine, trovarsi a tirar fuori dal cappello-pensante (se c’è) qualcosa di più del brontolio cerebrale contro l’esistente e a dimostrare di saper programmare, progettare, dar vita al nuovo.
Ma non è tutto. Ovviamente, e qui il problema si ingigantisce, riguarda anche tutto il resto: in primo luogo l’economia.
E l’affare s’ingarbuglia.
Riusciranno i nostri eroi della cosiddetta alternativa, dell’opposizione, dell’indignazione e, insomma, tutta l’ottima galassia anti-berlusca nell’impresa di cambiare argomento e mettersi a proporre e costruire?
L’Italia, se si desta e se andrà sposa a loro, vorrà risposte urgenti; e si aspetterà prestazioni adeguate.
E speriamo bene.
Accanto a me che scrivo tempestando la tastiera c’è il lettino del mio secondo nipotino che dorme. Guardo il suo sonno meraviglioso (quale altro aggettivo potrei usare, e vorrei anche mettere la M maiuscola) e non posso non chiedermi se anche lui finirà nel trita cervelli in cui tanti, troppi giovani e meno giovani sono dolcemente finiti.
Spero di no, spero che l’anima umana rimanga almeno per i bambini, spero che arrivi una svolta e si torni ad alzare la schiena, a togliere gli occhi da troppi display, per levare gli occhi alle stelle.
Ma se anche non arrivasse, e non la spero a breve, mi chiamo responsabile di quello che accadrà in futuro e mi chiedo guardando la culla: cosa sono i bambini? Mattoni da inserire in un muro in mezzo ad altri mattoni uguali o da livellare, scalfire, limare perché si adattino al singolo spazio che gli è destinato?
No, non sono mattoni. Ma lo diventeranno. Dipende da ciascuno di noi.
Quello che è successo negli ultimi quarant’anni è dipeso dall’attuazione di un progetto di demolizione che ha colpito sia la cultura sia l’istruzione, sia, e soprattutto, la trasmissione del sapere pragmatico e sociale insieme ai valori fondanti ogni singola nostra famiglia, comunità, paese e città.
Quello che è successo è sotto gli occhi, ma si distoglie lo sguardo e si reagisce dicendo “che possiamo fare?”.
Si può fare pochissimo se vogliamo farlo comodamente, ossia senza spostare nulla nello schema rassicurante, confortevole pur se miserabile in cui siamo precipitati.
Si può fare quello che hanno fatto i nostri predecessori (dai nonni in su, risalendo all’indietro) se fossimo capaci di dare anche vita e sangue per le nostre libertà e le nostre dignità. Ma già, le parole vita e sangue disgustano a meno che non se ne parli in un rassicurante approfondimento da talk-show in cui la sigla incornicia chiude ogni storia tra saccenti e scosciate di turno.
Perché questo mio amaro scontento?
Perché è facile dire alle generazioni precedenti: “voi avete avuto opportunità che noi non abbiamo”. Questo si dice, ancora una volta, parlando da schiavi col cervello tritato; questo è il ritornello che i media e i politici insieme alla più titolata finanza mettono in bocca ad una gran parte di nostri presunti giovani tra i 25 e i 40.
Queste sono sciocchezze. Ma sciocchezze criminali.
I vostri vecchi e i loro figli, e ancora ce ne sono e vi dà a volte impiccio vederveli intorno, se la sono vista con un regime totalitario orribile che però è stato liquidato in vent’anni.
Hanno avuto la guerra con migliaia di giovani al fronte e la guerra in casa, anzi casa per casa: violenze, stupri, fuciliazioni, rastrellamenti e l’hanno risolta in meno di cinque anni.
Hanno ricostruito, anzi hanno costruito dalle fondamenta, un’Italia in cui non solo non c’era lo stato sociale, ma non c’era nemmeno la casa e il pane, l’acqua corrente e le medicine.
E voi pensate che le “opportunità” che voi non avete e che noi avremmo avuto siano arrivate con la cicogna?
Ebbene io vi dico che molti di voi, con questa mentalità, non avrebbero sopportato non solo il regime, la guerra, la resistenza, l’occupazione tedesca, la fame, la morte dei cari e le violenze del dopoguerra, ma nemmeno la mia maestra di terza elementare (l’aguzzina suor Livia), nemmeno le mie professoresse di latino o matematica delle medie.
Sarebbero scappati tra i leggins della mamma e lei, appena tornata di fretta dai suoi impegni, avrebbe telefonato all’avvocato per far causa alla scuola.
Per questo vi dico: io mi chiamo responsabile anche di mio nipote, pur sapendo bene che i primi e più importanti per lui sono mamma e papà. Lo dico perché chi si chiama responsabile per una vita intera non si tira indietro mai.
E voi allora che fate?
Continuate a prendervela con le mancate opportunità ripetendo gli slogan del signor Draghi?
Allora accettate pure quest’ultima esca e la demolizione che frantuma l’ultimo legame sociale ormai labile, ma che comunque infastidiva ancora il potere mediatico-plutocratico (ossia dell’informazione al guinzaglio della finanza internazionale) e continuate pure a pensare che una volta spacciato l’uomo di Arcore tutto sarà più bello e splendente che prima. Magari!
E soprattutto continuate a contrapporre l’io al tu, il voi al noi.
E qualcuno trionferà.
Tarderà molto a nascere, se nasce, una generazione nuova.
A chi, come me, si chiama e si chiamerà sempre responsabile toccherà una nuova sconfitta, ma statene pur certi, non ci sentiremo vinti.
Il cielo stellato delle virtù civili e dei valori morali indicherà sempre la strada, e qualcuno, prima o poi, alzerà di nuovo gli occhi al cielo tenendo bene i piedi in terra e le mani pronte al lavoro, ma la schiena dritta.
Pubblicato in adulti egoisti, avari e prodighi, bambini, banche, bce, berlusconi, bersani, bertinotti, blog, blogger, bossi, carmela, cattivi insegnanti, comunicazione, conoscenza, costituzione italiana, Democrazia, distribuzione della ricchezza, docenti, draghi, educatori-insegnanti, egoismo, etica, etienne de la boétie, famiglia peterlin, fascismo, gianni marconato, gina gemmo, giustizia sociale, globalizzazione, gossip, guerra, ignoranza, insegnare apprendere mutare, insegnare raccontando, internet, istruzione, kant, la presunzione di superiorità, la testa pensante, lavoratori, lavoro, libertà, opportunità, opportunità diverse, pluto, violenza, vita vissuta, vittime, wojtyła
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Provando tanto, prima o poi riesco anche se tante cose continuo a non capirle
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Il blog personale di don Fabrizio Centofanti
dopo i poeti della domenica, viene il lunedì degli scrittori o gli scrittori del lunedì, ma anche poeti. ma morta lì. niente santi, né navigatori. cioè, quelli del web sì, intendevo navigatori...insomma, fate voi. questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 7-3-2001. le immagini e video qui inserite sono nella maggior parte tratte da internet; se qualche immagine e video violasse i diritti d'autore, comunicatemelo in un commento alla predetta immagine.
note sparse su mondi possibili
c'è un gran bisogno di fantasia
faccio buchi nel ghiaccio
e via un altro salto carpiato tra lavoro famiglia e passioni
non potendo cantare il mondo che lo escluse / Reb Stein cominciò a leggerlo nel canto
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- Nie wieder Zensur in der Kunst -
Racconti, riflessioni e altre inezie
POETICHE VARIE, RIFLESSIONI ED EVENTUALI ...
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