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OPPORTUNITÀ DIVERSE E GENERAZIONI A CONFRONTO – di Mariaserena

maniAccanto a me che scrivo tempestando la tastiera c’è il lettino del mio secondo nipotino che dorme. Guardo il suo sonno meraviglioso (quale altro aggettivo potrei usare, e vorrei anche mettere la M maiuscola) e non posso non chiedermi se anche lui finirà nel trita cervelli in cui tanti, troppi giovani e meno giovani sono dolcemente finiti.

Spero di no, spero che l’anima umana rimanga almeno per i bambini, spero che arrivi una svolta e si torni ad alzare la schiena, a togliere gli occhi da troppi display, per levare gli occhi alle stelle.

Ma se anche non arrivasse, e non la spero a breve, mi chiamo responsabile di quello che accadrà in futuro e mi chiedo guardando la culla: cosa sono i bambini? Mattoni da inserire in un muro in mezzo ad altri mattoni uguali o da livellare, scalfire, limare perché si adattino al singolo spazio che gli è destinato?

No, non sono mattoni. Ma lo diventeranno. Dipende da ciascuno di noi.

 

Quello che è successo negli ultimi quarant’anni è dipeso dall’attuazione di un progetto di demolizione che ha colpito sia la cultura sia l’istruzione, sia, e soprattutto, la trasmissione del sapere pragmatico e sociale insieme ai valori fondanti ogni singola nostra famiglia, comunità, paese e città.

Quello che è successo è sotto gli occhi, ma si distoglie lo sguardo e si reagisce dicendo “che possiamo fare?”.

Si può fare pochissimo se vogliamo farlo comodamente, ossia senza spostare nulla nello schema rassicurante, confortevole pur se miserabile in cui siamo precipitati.

Si può fare quello che hanno fatto i nostri predecessori (dai nonni in su, risalendo all’indietro) se fossimo capaci di dare anche vita e sangue per le nostre libertà e le nostre dignità. Ma già, le parole vita e sangue disgustano a meno che non se ne parli in un rassicurante approfondimento da talk-show in cui la sigla incornicia chiude ogni storia tra saccenti e scosciate di turno.

Perché questo mio amaro scontento?

Perché è facile dire alle generazioni precedenti: “voi avete avuto opportunità che noi non abbiamo”.  Questo si dice, ancora una volta, parlando da schiavi col cervello tritato; questo è il ritornello che i media e i politici insieme alla più titolata finanza mettono in bocca ad una gran parte di nostri presunti giovani tra i 25 e i 40.

Queste sono sciocchezze. Ma sciocchezze criminali.

I vostri vecchi e i loro figli, e ancora ce ne sono e vi dà a volte impiccio vederveli intorno, se la sono vista con un regime totalitario orribile che però è stato liquidato in vent’anni.

Hanno avuto la guerra con migliaia di giovani al fronte e la guerra in casa, anzi casa per casa: violenze, stupri, fuciliazioni, rastrellamenti e l’hanno risolta in meno di cinque anni.

Hanno ricostruito, anzi hanno costruito dalle fondamenta, un’Italia in cui non solo non c’era lo stato sociale, ma non c’era nemmeno la casa e il pane, l’acqua corrente e le medicine.

E voi pensate che le “opportunità” che voi non avete e che noi avremmo avuto siano arrivate con la cicogna?

Ebbene io vi dico che molti di voi, con questa mentalità, non avrebbero sopportato non solo il regime, la guerra, la resistenza, l’occupazione tedesca, la fame, la morte dei cari e le violenze del dopoguerra, ma nemmeno la mia maestra di terza elementare (l’aguzzina suor Livia), nemmeno le mie professoresse di latino o matematica delle medie.

Sarebbero scappati tra i leggins della mamma e lei, appena tornata  di fretta dai suoi impegni, avrebbe telefonato all’avvocato per far causa alla scuola.

Per questo vi dico: io mi chiamo responsabile anche di mio nipote, pur sapendo bene che i primi e più importanti per lui sono mamma e papà. Lo dico perché chi si chiama responsabile per una vita intera non si tira indietro mai.

E voi allora che fate?

Continuate a prendervela con le mancate opportunità ripetendo gli slogan del signor Draghi?

Allora accettate pure quest’ultima esca e la demolizione che frantuma l’ultimo legame sociale ormai labile, ma che comunque infastidiva ancora il potere mediatico-plutocratico (ossia dell’informazione al guinzaglio della finanza internazionale) e continuate pure a pensare che una volta spacciato l’uomo di Arcore tutto sarà più bello e splendente che prima. Magari!

E soprattutto continuate a contrapporre l’io al tu, il voi al noi.

E qualcuno  trionferà.

Tarderà molto a nascere, se nasce, una generazione nuova.

A chi, come me, si chiama e si chiamerà sempre responsabile toccherà una nuova sconfitta, ma statene pur certi, non ci sentiremo vinti.

Il cielo stellato delle virtù civili e dei valori morali indicherà sempre la strada, e qualcuno, prima o poi, alzerà di nuovo gli occhi al cielo tenendo bene i piedi in terra e le mani pronte al lavoro, ma la schiena dritta.

Democrazia e distribuzione della ricchezza – Apologo di Mariaserena Peterlin

Gatti Petritoli 24

Apologhetto del gatto
 
Tre gatti ed un piattino
di formaggio a pezzetti,
divorano appagati
leccando naso e baffi.
Adesso il piatto è vuoto
ed ognuno saziato.
 
Se invece dentro al piatto
avessero trovato
un pezzo unico e grosso
certo l’avrebbe preso,
tutto per sè,
il micio prepotente,
quello più forte e grasso
dell’ingiustizia esperto
che gli altri, con due soffi,
avrebbe ben scacciato.
 
Ecco cosa dimostra
che la democrazia
o la difendi prima,
e l’organizzi a modo,
o basta un gatto grosso
a prosciugare il… brodo.

Messaggio di fine d'anno. CITTADINI, DIETROFRONT ! di Mariaserena Peterlin

 
Come festeggeremo?
I botti no; esercizio pericoloso.
E bottiglie, lampadine o la roba vecchia da gettare dalle finestre? Vietato davvero. Una vecchia pratica incivile, del resto abbiamo già le discariche traboccanti.
Ci si butta a bere? Ma no, anzi il meno possibile.
Viaggi? Quelli sì, a patto che ci piaccia piace gozzovigliare in sacco a pelo nei terminal di qualche aeroporto congelato.
Regali? Forse… riciclare le mutande rosse degli anni scorsi. Tanto non le mette quasi  nessuno e basta scegliere sempre la taglia unica.
 
Dimentico qualcosa? Come no: lenticchie turche e cotechino di maiale a sei zampe importato dall’est europeo: una autentica sciccheria per palati fini. (Ops: “ff…Fini ?!?” Help! no! Ovvio. Pussa via!)
 
Italiani di terra di mare e dell’aria: ci siamo rotti le scatole oppure ne volete ancora?
Veramente un dettaglio ci sarebbe; il 2011 si annuncia in salita. Lo snocciolano, con ansante metafora, i media: ci attendono oltre 1000 euro di aumento annui per famiglia (già ricordiamoci anche della famiglia visto che si tratta di pagare).
 
In tutto ciò come tralasciare un’aurea frase dell’emozionante messaggio pronunciato in conferenza stampa dalla soave-suadente-paterna voce del premier alla vigilia del Santo Natale? Egli non ci ha forse ammonito (proprio da buon padre di famiglia) che
“In India il costo del lavoro è meno di un dollaro l’ora, per la precisione 98 centesimi, e l’Europa deve adeguarsi”?
Faccio il conto della serva. A occhio e croce (soprattutto a croce) ci dovremmo aspettare di scivolare a paghe mensili da 300 euro al mese? Slurp! Anzi, doppio slurp.
 
E nessuno si è levato a chieder conto di questo scenario, e nemmeno un sopracciglio si è aggrottato. Si vabbè qualche ex comunista dei soliti, di quelli ancora di sinistra e rompiscatole ha eccipito, ma quelli chi li intervista? Infatti i giornalisti presenti in conferenza stampa hanno incassato compunti.
Del resto è naturale visto che hanno riprecipitato alle condizioni sociali del seicento: notoriamente secolo sudicio e sfarzoso. Per reagire dovremmo ricominciare dalle ottocentesche
Trade unions ? E' possibile. 
 
Appare chiaramente che (e vado a semplificare) quelli che governano il nostro mondo, e non solo l’Italia, hanno spezzato e spazzato via una rete sociale faticosamente costruita, virtuosa, fatta di gesti quotidiani, di lavoro, di crescita personale, di mani che si stringono, di cuori che si parlano, di teste che pensano, di progettualità, di ricerca, di sviluppo, di promozione per le giovani generazioni a venire.
Hanno lanciato sui nostri passi di lavoratori le iene della concorrenza, della competizione, delle piccole ambizioni personali del miope tornaconto. E le iene hanno fatto bene il loro lavoro: ci hanno raggiunto.
Man mano le coscienze si spengono assopite e assorbire da cocktail del tipo divano+immagini et similia.
Insomma hanno seminato l’ignoranza ed è cresciuta, rigogliosa ed infestante, l’indifferente passività di molti e la furbizia di pochi.
 
Ma via! Basta con le amarezze! E’ capodanno! Avanti coi brindisi degli spumanti.
Forza Italia! Stringi i denti ma preparati ad allacciarti di nuovo i calzoni con lo spago. Nel frattempo indébitati fino al collo perché la Cina, lo sapevamo, è vicina; ma l’India è qui dietro l’angolo. 89 centesimi all’ora non ci saranno negati.
Alleniamoci alla miseria rilassandoci, per chi vuole, a botte di new age.
Potrebbe essere utile.
 
Come festeggeremo dunque? Qualcosa c’è. Auguriamoci reciprocamente la fine di questa nebbia che ottenebra le menti e la nascita di una buona vista chiara e tagliente per il domani.
 
Nel frattempo rimangono, inoltre, gli affetti e l’amore da coltivare, e la convinzione che valga la pena di lottare con passione per l’essere umano che anima questo nostro corpo assediato da vacui desideri, ma anche da reali bisogni di tanti tipi.
Cose che non costano nulla, ma potrebbero farci sentire migliori. E sarà comunque luce dentro di noi.