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La ricerca di sé

La vocazione che ci chiama ad un tipo di studio, ad una scelta di vita, ad amare qualcuno appare più come un tornare che un andare.
Si torna, o, per dir meglio, si ritorna per essere completi, perché sappiamo che spezzati non possiamo vivere.
Ci si sente a casa in un’aula di Lettere? Io penso di sì, come ci si sente a casa tra le pareti profumate di legno antico delle vecchie biblioteche, come perdendosi nello sguardo o nell’odore di chi si ama, come lasciandoci attrarre da una vita diversa e forse impervia, ma che vogliamo fortemente.
Ci si sente a casa tenendo per mano un bambino.
Nasciamo e cerchiamo di trovare la nostra orbita naturale, il nostro movimento intorno e verso; nasciamo per tornare là, verso qualcosa che non sapevamo ci appartenesse ma sentiamo che c’è.
Abbiamo bisogno di libertà per trovare noi stessi.

Non restare chiuso qui PENSIERO (gioco perverso in versi, inversamente aulico)

albicocca con parassita_n

Invidio un po’ , non tanto,

chi tratta di poesia

come un aspirapolvere

o un vinsanto

che travolge i pensieri

che dal presente ti trascina via.

 

Invidio un po’, non tanto,

chi rima cuore e amore

e stupore o autorespiratore 

e per se stesso

riserva un cuore rosso d’amaranto

che imbeve di passioni solitarie,

mentre l’umana condizione oblìa.

 

Invidio un po’? No, ignoro

chi per proprio decoro

s’astiene e si controlla

oppure con accorte contraddanze

si gode le altrui danze,

degli insuccessi ride

e non s’accorge che se stesso uccide.

E quella morte gli sembra una malìa.

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La foto: Quelle che sembrano perline argentate, e viste da vicino sono anche più ingannevoli che in foto, sono uova deposte da un parassita sulle albicocche, in campagna. E’ un po’ di tempo che va un po’ così; sulle “nostre”albicocche, sui frutti della nostra vita (figli, lavoro, studi, azioni, relazioni e così via) arriva un parassita che depone piccole perle ordinate. Quando andiamo a raccogliere quei nostri frutti, lungamente attesi e seguiti, a cui abbiamo dedicato ogni tempo e cura, li troviamo con quella rosa di perline e lì per lì pensiamo a un lieve cambiamento, invece il frutto non è più quello che pensavamo, ma ospita un parassita sfrontato. Anche la poesia può sembrare ancora sana mentre ospita l’ignavia delle rime facili, delle non rime, dei singulti sentimentali r rassicuranti, o un’acquiescenza alla violenza che non sappiamo sia violenza.

Narrare è bello: scrivo anch’io? sì tu sì

I Blog hanno almeno il merito di aver dato impulso alla scrittura. Sarebbe interessante e probabilmente utile che le persone che scrivono diventassero sempre di più. Scrivere è comunicare senza perdere le nostre parole. Da narratrice artigiana, forse lunatica, ma appassionata, ostinata e ormai di lungo corso direi che chi si accinge a narrare può incontrare alcuni particolari momenti di difficoltà e provo ad elencarne qualcuno per vedere se sia possibile razionalizzare:

A) non c’è solo un modo di narrare ragion per cui (e qui contraddico impunemente, spero, tanto strutturalismo) immaginare schemi, strutture, modelli a cui adeguarsi a volte non solo non facilita, ma impedisce la narrazione

B)  per narrare è importante prima ascoltarsi (se non ci ascoltiamo noi come possiamo immaginare l’ascolto di altri?)

C) per narrare è bello (uso volutamente questo aggettivo) immaginare un interlocutore; in questo caso possiamo sia scegliere un interlocutore da “convincere”, o con cui “condividere” perché già sappiamo di essere in sintonia, da”sorprendere”, da far “sorridere” o commuovere; e potremmo dirne tante altre.

D) se qualcuno esita a narrare ha certamente i suoi buoni motivi; uno di questi è la scuola che ci ha condizionato mettendo troppi paletti quando abbiamo iniziato a comporre i primi pensieri, temi ecc

D.1) motivo di più per contestare il nostro passato condizionato!  Se ci accorgiamo che questo è un motivo di scontentezza allora ribelliamoci perchè scrivere è bello, lasciamo da parte tutto ciò che ci pesa: (fossero pure ortografia, sintassi nonchè tutte le cose che possiamo sistemare dopo).

D.2) Partiamo leggeri e senza altro bagaglio delle parole.

E) Non esiste una scrittura che nasca perfetta; Beppe Fenoglio, un enorme narratore, diceva che “la sua pagina più spensierata” usciva da lunghi rifacimenti (non ho sotto mano la citazione completa e vado a memoria, semmai integrerò appena possibile). Lui stesso disse che scrivere era come torturare il cervello con gli spilli. E qualcun altro (Pirandello) parla di “stanza della tortura”. Dunque perchè preoccuparsi mangiucchiando la matita… ops la tastiera?

F) Gli attuali narratori di successo sono super-assistiti e tutorati da editor professionisti; io, che spudoratamente mi considero una narratrice :), certo non sono una da successo editoriale in libreria, infatti mi autopubblico e me ne infischio: scrivo perciò a modo mio, ma divertendomi pazzamente. E concludo citando-parafrasando Jannacci

– Scrivo anch’io? –

– sì tu sì! –

– Ma perché !? –

– Perchè sì! –

La ricerca – di Mariaserena

l’attesa, che viene dal mare

Quando non c’è più strada da percorrere 
né più tempo da trascorrere in attesa
allora il cuore confuso e la ragione disarmata
si fermano e, sgomenti,
l’un l’altra s’interrogano.

Il filo dipanato è già intessuto,
oh tu sola, felice Penelope,
potevi ritornare a svolgerlo
disfatto in nitide matasse
di colori distinti.

E nel groviglio, invece,
di questo tempo
amaro,
il suo veleno già fece il suo lavoro.

Difenderti, ora vuoi e
riarmare la speranza: la vela
nuovamente alzare
a un vento non ostile.

Cerchi parole a spolverar la notte
dell’ottusa avversaria.
Desideri ritorni quell’anima a te bambina
che, sbigottita, ancora fugge.

Cercala lontano dal passato.