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Ascoltare l’altro

*** da una forma ad un’altra, da due colori un altro colore ***

Imparare è una meravigliosa avventura, sempre. Mi piace imparare e vorrei farlo finché respiro. Penso che si impari molto con il confronto e il dialogo con l’altro. Non ci sono abbastanza pagine per imparare quello che ci trasmette un contatto, uno sguardo, un respiro, un odore. Potremmo imparare anche dai nostri bambini piccoli che, anche quando non sanno ancora parlare né esprimersi sono tuttavia, fin da subito, una trasmittente potentissima di segnali, notizie, segni e impulsi.

Privarsi dell’incredibile avventura di imparare quando l’altro sia una piccola creatura significa perdere o non ritrovare una bella parte di se stessi. Per viverla, invece, ci basta disporre all’ascolto i nostri sensi e la nostra anima.

L’ascolto attento è una disposizione della persona al contatto con l’altro. Sommergere l’altro di se stessi, delle proprie categorie, delle proprie interpretazioni significa annientare la reciproca comunicazione. Penso sia preferibile tacere che alzare la voce, nel silenzio c’è infatti un motivo profondo che sovente non si sa interpretare.

Accade di tacere e che il nostro interlocutore si soddisfi di se stesso pensando di avere prevalso; invece in quel momento l’altro è in fuga, e nella fuga rifiuta il potere debordante delle parole altrui. I pensieri, allora,  dirigono altrove e sanno stare in attesa di se stessi.

Non è vero che quando non si parla si perde, come si sente dire, il filo del discorso: semplicemente lo raccattiamo e riavvolgiamo il gomitolo. Lo stenderemo altrove e con altri disegni; la perdita è, se perdita c’è, esclusivamente per l’altro e nell’altro che ha rinunciato a cercare, a sua volta, il contatto e l’armonia uscendo da sé.

Capodanno. È possibile essere felici? di Mariaserena (in meno di 100 parole)

Un amico mi propone una frase “Chi puo’ negare Dio di fronte a una notte stellata e’ grandemente infelice, o grandemente colpevole” (Giuseppe Mazzini)

Rifletto. Una notte stellata fa pensare a Dio, questo potrebbe sconfiggere il dolore che accade di subire a tanti comuni mortali affratellati anche dall’infelicità. Contemplare una notte stellata significa alzare gli occhi al cielo; riuscirci è una grazia, è un dono che a volte si conquista o ottiene con fatica.

L’obbligo di essere festeggianti e felici a date prestabilite, invece, non sempre fa alzare gli occhi a “riveder le stelle”.

Però facciamoci questo regalo.

La ricerca – di Mariaserena

l’attesa, che viene dal mare

Quando non c’è più strada da percorrere 
né più tempo da trascorrere in attesa
allora il cuore confuso e la ragione disarmata
si fermano e, sgomenti,
l’un l’altra s’interrogano.

Il filo dipanato è già intessuto,
oh tu sola, felice Penelope,
potevi ritornare a svolgerlo
disfatto in nitide matasse
di colori distinti.

E nel groviglio, invece,
di questo tempo
amaro,
il suo veleno già fece il suo lavoro.

Difenderti, ora vuoi e
riarmare la speranza: la vela
nuovamente alzare
a un vento non ostile.

Cerchi parole a spolverar la notte
dell’ottusa avversaria.
Desideri ritorni quell’anima a te bambina
che, sbigottita, ancora fugge.

Cercala lontano dal passato.

SIMPATICHE CANAGLIE & NATIVI (digitali?)

ESSERE o non ESSERE NATIVI (digitali ?)

L’abbinamento tra l’immagine del bambino e le diavolerie delle scoperte tecnologiche, non è una novità. Ovviamente i bambini, come componenti importanti della società, sono coinvolti in tutti i sensi da tutte le  diverse evoluzioni: da quelle del costume alla tecnologia, dalla dietetica alla moda, dalla condizione famigliare alla tecnologia ai gusti musicali, ai giochi e via dicendo.

Altrettanto ovviamente scatta il confronto tra l’altro ieri, l’ieri e l’oggi e insieme a questi si propone l’interrogarsi sul domani.
Oggi la questione dei nativi digitali assume una risonanza più estesa probabilmente perché più estesi e diffusi sono i media; e anche perché l’argomento piace e fa audience. Del resto fa audience anche occuparsi dell'abbigliamento degli animali domestici.

Staremo a vedere: per adesso accettiamo pure, tranquillamente e in pace, l’invasione dei soliti noti e degli esperti di turno che dilagano e dibattono: è inevitabile che accada.
Direi che possiamo smaltire anche questa fase. L’umanità ha robusti problemi di cui potrebbe occuparsi, ma se preferisce interrogarsi sul nativo digitale lo farà comunque. Il trendy è trendy e lo show deve continuare.
Sono stata recentemente invitata da una mia nipotina alla sua festa di compleanno, con tutti i suoi amichetti, che si è regolarmente svolta da MacDonald’s: trendyssima.
Ne sono uscita lievemente frastornata dal loro furibondo entusiasmo, ma felice; mi è venuta voglia di leggerezza, di empatia serena: questo mi ha fatto spunta nella mente un parallelo che trovo soavemente ironico e divertente tra i ragazzini di adesso ed il bambino simpatica canaglia
Spanky , alle prese, insieme alla sua banda, con la “sua” rivoluzione tecnologica quella, per intenderci, della formidabile Ford, modello T.


Insomma la mia ipotesi è che siamo, o siamo stati, tutti nativi. Tutti  mutiamo. Alcuni dei NATIVI sono solo nati, altri ancora vivi, altri presentabili o simpatiche canaglia, parecchi contaballe, altri rompiballe e ciascuno ha i personali nativi di riferimento indispensabili; ma per quanto si parlerà ancora di quelli digitali? Lo chiediamo all’Unione dei consumatori? Anche no.