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La classe docente non va in paradiso?

prof al lavoro

prof al lavoro

Forse la domanda dovrebbe essere un’altra: la classe docente esiste dal punto di vista sociale ed ha una identità riconosciuta, per dir così, pubblica oltre che professionale?
Se ce l’ha ed ha una sua specificità questa probabilmente è pluralista senza tendere all’individualismo, complessa senza essere inespugnabile, specifica senza essere corporativa, specializzata senza essere escludente.
I docenti non sono forse per peso, numero e peculiarità una parte significativa della società? Penso di sì.
È sufficiente fare una veloce stima dei gruppi di docenti esistenti nel web per costatare che questa identità esiste davvero e quanto sia viva e consapevole di esserlo.
La classe docente si occupa di istruzione, di formazione, di educazione; può dare un’impronta all’orientamento dei giovani verso il futuro, al loro modo di socializzare, considerare e rapportarsi agli altri; può indurre i ragazzi a riflettere, fin dall’adolescenza e anche prima, su quale sia il mondo in cui vorrebbero vivere: sono tutte questioni pesanti che danno prestigio al ruolo.

Infatti la politica si ricorda dei docenti, ma non quando potrebbe o dovrebbe ragionare sulle retribuzioni, sulle funzioni, sulla valorizzazione e aggiornamento degli insegnanti: se ne ricorda, semmai, quando cerca voti e consensi.
Tutti i politici se ne ricordano allora, come no.
Alle elezioni, alle primarie, a qualche referendum,  ai congressi, in occasioni pubbliche allora si parla sempre di scuola, di insegnanti e perfino de “i nostri ragazzi” che ho virgolettato perché non se ne può più.
Non se ne ricordano, e lo sappiamo, quando le scuole cascano a pezzi, quando mancano strumenti aggiornati, quando le classi sono affollate. Non se ne ricordano nemmeno quando qualche docente sbaglia, non si aggiorna, non è all’altezza. Laissez faire, laissez passer (lasciar correre, ignorare) è, in questi casi, la linea di condotta. Certo nessuno è perfetto, ma sappiamo bene come, per certe professioni, i danni siano come l’inquinamento ambientale sparso nelle nostre città: si diffonde, si appiccica, non fa passare aria buona ed è difficile da rimuovere.
Dunque, ipotizzo, dev’esser per colpa dei docenti non adeguati che tutta la classe docente è sovente mal pagata oppure pagata a sorteggio; ossia quando danaro ce n’è e se non ce n’è s’aspetta il turno.
Certo, ci sono anche i docenti che vivono la scuola in realtà di nicchia, quelli di scuole ben frequentate, chissà in qualche liceo per bene dove quasi tutto funziona come un orologio incorniciato da una realtà poco problematica.
Dev’esser per questo che qualche opinionista o giornalista, e anche il solito politico rampante o ansimante pensa che basti fare un fischio per veder correre donne e uomini insegnanti all’allettante richiamo. Hanno tanto tempo libero, possono fare, possono esserci, possono pure fare reclutamento adesioni!

Ci sono, è vero, anche i docenti che fanno parte per se stessi, che custodiscono gelosamente il loro status quo, considerano il precariato dei colleghi una sfortuna degli altrui che non li tocca, difendono il loro particolare e risparmiano energie aspettando la pensione quando verrà; ma i lavativi non ci sono forse in tutte le categorie: anche negli ospedali ad esempio e anche in politica?
Eppure io voglio davvero bene agli insegnanti e mi dispiace che, nonostante valide eccezioni assolutamente encomiabili, la classe docente (la categoria docente) sembri non volare: a volte rivendica eventuali diritti borbottando e non impegnandosi, altre volte si inacidisce sulla mancanza di sostegni e supporti che, tuttavia, sono (o dovrebbero) indispensabili allo studente, non al prof.

Ecco perché mi chiedo: esiste davvero una classe insegnante, o gli insegnanti sono come tutti gli altri?
Esiste e ha capito che può/deve avere un ruolo o pensa che andare al voto da docenti o da persone diversamente attente e consapevoli sia la stessa cosa? Esiste, è viva, si sa indignare, sa dire la sua quando serve o ha mollato?
Esiste e vuole un prossimo futuro in cui essere propositiva o ha messo in barca remi e timone e va alla deriva?
E con la deriva andrà in paradiso? Forse no.

Ma… e i giovani?

Ci sono persone giovani che, anche oggi, pensano alla formazione di calcio della nazionale, alla loro promozione personale, giocano; tutte belle cose, ma lasciatemi dire una cosa antipatica, e pazienza se può sembrare molto antipatica, mi è venuta in mente dialogando con amici sinceramente appenati e in lutto per la tragedia dei morti in mare.
Purtroppo amaramente penso che troppi “giovani” si lamentano, ma poi vorrebbero che la rivoluzione… gliela facessero mamma e papà, o almeno i nonni. E vi giuro che lo penso seriamente. Ovviamente per rivoluzione intendo il mettersi in moto attivamente, esercitare pressione, usare la rete, proporre, scrivere ecc ecc ma in modo decisamente attivo e non dal divano o dal tavolo con la birretta. Sono consapevole che sono stati come “depotenziati” dalla precarietà, ma questa giustificazione non mi basta.  Naturalmente molti miei amici giovani, che macinano lavoro e impegno, sanno che non parlo di loro.

CAMBIARE IL SOGNO IN PROGETTO

antipolitica wordle 1b

basta?

Cambiare la rassegnazione in azione comune, correlata

Cambiare l’isola in arcipelago

Cambiare le scartoffie in tweet

Cambiare la regola passiva in regola condivisa

Cambiare la riverenza al media con l’uso del media

Cambiare il ripiegamento in svolgimento

Cambiare l’obbedienza in verifica

Cambiare il pretesto in testo

Cambiare l’uso in costruzione

Cambiare questo schifo in bellezza

Cambiare il sogno in progetto.
(Soprattutto questo.)

Non restare chiuso qui PENSIERO (gioco perverso in versi, inversamente aulico)

albicocca con parassita_n

Invidio un po’ , non tanto,

chi tratta di poesia

come un aspirapolvere

o un vinsanto

che travolge i pensieri

che dal presente ti trascina via.

 

Invidio un po’, non tanto,

chi rima cuore e amore

e stupore o autorespiratore 

e per se stesso

riserva un cuore rosso d’amaranto

che imbeve di passioni solitarie,

mentre l’umana condizione oblìa.

 

Invidio un po’? No, ignoro

chi per proprio decoro

s’astiene e si controlla

oppure con accorte contraddanze

si gode le altrui danze,

degli insuccessi ride

e non s’accorge che se stesso uccide.

E quella morte gli sembra una malìa.

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La foto: Quelle che sembrano perline argentate, e viste da vicino sono anche più ingannevoli che in foto, sono uova deposte da un parassita sulle albicocche, in campagna. E’ un po’ di tempo che va un po’ così; sulle “nostre”albicocche, sui frutti della nostra vita (figli, lavoro, studi, azioni, relazioni e così via) arriva un parassita che depone piccole perle ordinate. Quando andiamo a raccogliere quei nostri frutti, lungamente attesi e seguiti, a cui abbiamo dedicato ogni tempo e cura, li troviamo con quella rosa di perline e lì per lì pensiamo a un lieve cambiamento, invece il frutto non è più quello che pensavamo, ma ospita un parassita sfrontato. Anche la poesia può sembrare ancora sana mentre ospita l’ignavia delle rime facili, delle non rime, dei singulti sentimentali r rassicuranti, o un’acquiescenza alla violenza che non sappiamo sia violenza.