Archivi del mese: marzo 2023

di MAURIZIO BIAGIARELLI : Progresso o cambiamento?


Trascrivo una appassionata, profonda e illuminata riflessione di Maurizio Biagiarelli che ha pubblicato questo testo sul suo profilo Facebook

PROGRESSO O CAMBIAMENTO?

È uno scontro lungo come la storia dell’uomo quello tra il concetto di progresso e quello contrario di allontanamento da una primigenia età dell’oro.

Oggi si auto-definiscono progressisti coloro che fanno del concetto di progresso il fondamento del loro progetto politico di società. Si tratta cioè di movimenti che teorizzano l’intrinseca positività trasformativa di ogni evoluzione tecnologica. Questo processo storico di continuo cambiamento viene rivestito di una preventiva e acritica approvazione di tipo qualitativo che ben si riassume nel concetto di progresso.

Come tutti i concetti anche quello di progresso è chiaramente un prodotto ideologico che resiste anche alle controprove della realtà, quali ad esempio furono le guerre mondiali, le bombe atomiche, la spoliazione di grandi regioni del pianeta e infine la stessa infelicità esistenziale della maggioranza dei beneficiati dal sedicente progresso.

Sarebbe troppo lungo e complesso addentrarsi nella riflessione critica del postulato filosofico di progresso. Ci sono intere biblioteche in merito. E questo dovrebbe bastare per raffreddare e relativizzare gli entusiasmi dei contemporanei nuovi sacerdoti del dio progresso, celebranti indifferentemente la Giant AI e le gioie asociali dello smart working, la creazione di alimenti in laboratorio e la GPA, in attesa di una meravigliosa incubatrice uterina in cui infilare direttamente i gameti fecondati senza alcuna necessità di un utero biologico.

Il progressismo che vedo all’opera ogni giorno mi appare soprattutto cretino, leggero e vacuo come può essere la compiaciuta contemplazione in uno specchio d’acqua della propria immagine, cui basta la bolla d’aria di un pesce per rompersi in mille cerchi concentrici.

Completamente diverso sarebbe se ciascuno compisse uno sforzo di serietà e abbandonasse il concetto di progresso a favore di quello di CAMBIAMENTO. Nella storia e nella natura il cambiamento è continuo, ma non è necessariamente orientato a uno scopo escatologico di miglioramento di ciò che preesisteva.

La verità del “Panta rei” – tutto scorre – non significa che tutto va di bene in meglio madama la marchesa. La differenza che passa tra tutto cambia intorno a noi e tutto progredisce è intuitiva e semplice. Eppure basterebbe questo piccolo-grande cambiamento di paradigma per orientare in modo del tutto diverso e più costruttivo il dibattito pubblico.

Il cambiamento va esaminato con grande prudenza, ne vanno colti e sviluppati tutti quegli aspetti che pur scompaginando in certi casi l’ordine precedente non mettono in pericolo la continuità antropologica della storia degli esseri umani. La continuità biopsichica che rende ancora possibile godere di Omero e dei lirici greci deve essere protetta come parte, essa stessa, del grande ecosistema del pianeta Gaia. Deve, per dirlo chiaramente, restare un limite insuperabile di tipo etico, sul quale raggiungere un consenso universale irreversibile.

Diversamente sarebbe come se un grande regista preso dal suo impeto creativo collocasse e facesse esplodere una bomba sotto la propria sedia. Se lo facesse distruggerebbe se stesso e il suo film capolavoro.

Posso umilmente dire che a me essere parte di quel film non interessa? Progressisti di tutto il mondo, vi prego, rinsavite!

Dubbi: ieri e oggi

Vita nella baracche a Roma

Ancora negli anni sessanta vi erano, specialmente al sud, ma anche nelle periferie e baraccopoli di Roma, famiglie italiane che vivevano o forse sarebbe meglio dire sopravvivevano, anche con numerosi figli. Tre, quattro anche sei. Nidiate povere cresciute a pane, minestra e vestiti riciclati.
Persone economicamente nella miseria, nella povertà.
Le case? A volte baracche di latta e cartone (e ne ho viste).
Altre volte vecchi edifici dismessi e non sicuri.
Ho conosciuto famiglie che si sono costruite, un pezzo alla volta, con materiali “rimediati” e su terreni abusivi, delle casette fuori da ogni norma e piano regolatore. Eppure vivevano e s’arrangiavano. Un aiuto erano la “cassa mutua malattie”, il medico della mutua (non date retta al film di Sordi, quella era tutta un’altra storia e non diffusa), le colonie estive gratuite per i bambini, le parrocchie e l’aiuto reciproco.
Tanta povertà.
Era come se la “ricchezza” fossero i figli e anche se mancava non solo l’utile, ma spesso il necessario, di metteva su famiglia.
Oggi invece le famiglie si stanno estinguendo.
Le unioni? Civili , religiose o “incivili” sono spesso provvisorie.
Le nascite sono sempre più in declino.
Si dice sempre più spesso che abbiamo bisogno di immigrati.
E sarà certo vero.
Ma sono persone che scappano dalla miseria, dalla guerra, dalla mancanza di lavoro.
Perché non possono averlo nella loro patria?
Perché noi “ricchi” siamo sterili?
Perché da noi i lavori offerti ai giovani sono malpagati e umilianti?
E perché, abbiamo bisogno di chi è più povero tra i poveri?

Perché è tutto così sbilanciato e non ci importa di rimettere a in equilibrio la vita del pianeta, delle nazioni, dei popoli? Perché non ci ricordiamo come eravamo?

Citofonare liberismo, citofonate morte della democrazia e citofonare anche alla salma del pd.

Diritto alla speranza, diritto alla vita

A me sembra che nulla giustifichi, invece, la disperazione. Nessun essere umano dovrebbe patire e soffrire per la disperazione.
C’è gente che usa le parole senza nemmeno comprenderne il significato.
Essere indifferenti al dolore altrui, fino al punto di fare perdere la speranza è come uccidere.
E se sopravvive un barlume soltanto di speranza allora negarne il diritto è doppiamente colpevole.