Archivi del mese: luglio 2020

Presentisti, della qualunque

Per tante ragioni che non riassumo per ora (ma penso che molti le sappiano meglio di me) mi sento di affermare che esiste una parte di persone di questa società che ha deciso di tagliare alla base le radici con la cultura del nostro passato, e di veleggiare a vista, ma con gli occhiali neri da saldatore.61svyvp0unl._ac_sx425_
Non generalizzo, intendiamoci, ma senza un po’ di studio dove si finisce? Semplicemente nella galassia estesa di gente che ritiene che il futuro si possa edificare su qualcosa di ancora più effimero dell’edonismo: sul presentismo rappresentato da un piatto di cibo spadellato o su una muscolatura tirata a lucido, dal denaro e dalla prepotenza, magari annaffiata di alcool.

Sono i presentisti della qualunque. Sono i fuffa senza radici.
Per costoro la Storia è, quando va bene, quella raccontata dai documentari di qualche telegiornalista, l’Arte è quello che blatera Sgarbi, la letteratura inizia nel 1990 e la Scienza? Balle di virologi o ricette di dietologi. E si potrebbe continuare ad elencare i vari aspetti dell’ignoranza del presentismo della qualunque.

Ma fa troppa tristezza.

Letteratura e… ?

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Elsa Morante

Come sanno meglio di me gli studiosi e gli addetti ai lavori si discusse lungamente, nel secondo dopoguerra sul rapporto tra letteratura ed impegno civile (anche inteso come politico, in verità).
In quei tempi di ricostruzione da macerie inimmaginabili era sembrato imprescindibile e prioritario, anche a noi ragazzi d’allora, l’impegno dell’intellettuale anche in letteratura.
E si prendevano distanze, perciò, soprattutto da languori e sentimentalismi, da solitudini immerse in melanconie solipsistiche, da espressioni inerti di se stessi e fine a se stesse.
Impegno si chiedeva, e che diamine!
E abbiamo avuto potenti scrittrici e scrittori (lasciatemi citare almeno Elsa Morante) che hanno affrescato la storia ed espresso la vita e la sorte dell’uomo come oggi più non si sa fare.
Eh lo so, lo immagino. I vecchi rimpiangono il passato. Lascio passare questo ribaldo luogo comune con il qual si marchia la differenza e ci si illude di eliminarla, specie quando questa differenza va ad onore, e come no? proprio di quei vecchi, di quelle vecchie che, come me, si mettono il passato sulle spalle come fosse l’ermellino di un imperatore, di una imperatrice.

E tuttavia, concludendo: non sopporto il verseggiare ombelicale che parla di singulti e succhi gastrici come se fossero impeti del cuore.
E non sopporto la narrativa che si spalma su un virtuale (nemmeno troppo) materasso per raccontare eventi chiusi in una bolla di sapone di rapporti a tre, a due, a cinque.
E i tramonti, le lune, le albe sparpagliati tra l frasi mi fanno lo stesso effetto degli allucioni fotografati al mare: basta.

Si chiaro (come diceva la mia professoressa di Italiano) sia chiaro che io dico “basta” per me.
La mia resistenza al verseggiare o narrare privato, privatistico, privè sarà minoritaria, ma ostinata.
E non posso impedire a nessuno di aspirare bramosamente l’odore di secrezioni private convincendosi che siano Chanel.

zan zan Svegliatevi bambini