Archivi del mese: aprile 2020

La goffaggine di Borghi Claudio, leghista

Provo spesso, e in particolar modo in questo tempo di coronavirus, a seguire le sedute della Camera. Oggi era un giorno serio proprio per la situazione pandemica ed ho ascoltato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Poi ho seguito qualche intervento anche se succede spesso di non trovare nel nostro Parlamento esempi di esercizio linguistico o vis polemica di cui andare fieri, ma questa è una malinconica costatazione generale e comune.
Purtroppo ho assistito con crescente sgomento all’intervento di Claudio Borghi, esponente leghista il quale con pieno diritto esponeva le sue considerazioni critiche verso Giuseppe Conte e il Governo.
Disgraziatamente si è anche avventurato in citazioni iperboliche che comprendevano l’evocazione ironica e forse nostalgica ma, ahimè  a casaccio, di personaggi storici e pseudo storici, da narrativa e da macchiettistica.
Surfando e straparlando ha nominato “personaggi inventati della nostra letteratura come  Alberto da Giussano ed Ettore Fieramosca, ”  (sì li ha definiti così) e Lorenzo Tramaglino e Fracchia; il deputato Borghi ha nominato e citato personaggi storici e di invenzione, letterari o da film e tv, come se fossero la stessa categoria di persone: ma per lui dev’essere così. Per di più non ha omesso di ricostruire un  “Dialogo tra un netturbino olandese e il suo primo ministro” davvero sorprendente.
Leopardi Giacomo, autore delle Operette Morali sarebbe, potendo, resuscitato pur di togliergli il pallio letterario.
Ora il problema non è usare citazioni o esempi, il problema che non ci si dovrebbe avventurare, tolto forse l’esegesi che gli dev’esser familiare su Fracchia, in citazioni a mo’ d’esempio di ciò che non si conosce.
Si cerca l’effetto? Lo si cerchi con cognizione di causa. Cercare la grassa risatona da osteria va bene, ma disgraziatamente il Parlamento, forse questo gli sfuggiva al Borghi, non è (o mi sbaglio?) ancora un’Osteria né della Luna Piena (Promessi Sposi) né del Gambero Rosso (Pinocchio).
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Voto e giudizio? Ecco qua:
“Durante l’esposizione ha mostrato conoscenze approssimative e superficiali e modeste capacità di controllo lessicale. Poco pertinente l’analisi e inconsistente la sintesi. Tuttavia non si è sottratto alla verifica.
Voto 3 e 1/2″

Un’ala di gabbiano

Non è necessario voler indicare strade nuove ai nostri ragazzi quando, come succede in questo post, sanno illuminare così bene il presente e guardare dentro e fuori di sé e della realtà.

La vita al tempo del coronavirus

Nettuno (Roma) |

È inevitabile riflettere su come il Covid-19 sia entrato nelle nostre case attraverso le fessure delle finestre o delle porte, successivamente abbia percorso tragitti talora tortuosi, talora lineari, talora lunghi, talora brevi in base all’atmosfera che si respira tra le quattro mura della propria abitazione, in base alla circostanza, in base allo stato d’animo del singolo. Quindi il virus penetra metaforicamente nel nostro corpo, dopo aver contaminato, contagiato, infettato pavimenti, tappeti, pareti, quadri, mobili, oggetti e raggiunge, così, il suo trono definitivo: la mente umana. È proprio lì, in quel luogo invisibile, intoccabile, impalpabile, che Lui trova la sua sede. Lì regna sovrano, nessuno osa contraddirlo, le sue parole sono insindacabili, poiché tutti ignoriamo l’identità del re che guida quei disordini, quei disorientamenti mentali. È Lui che capeggia quel caos di pensieri, quella crisi intellettuale dell’uomo nella sua totalità. È Lui che semina dubbio, incertezza, inquietudine, timore…

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Citazione

Scrivere come ancora di salvezza

Ho più volte affermato che possiamo imparare, noi adulti, anche troppo adulti, dai nostri ragazzi.
Un esempio ne è questo scritto.
via Scrivere come ancora di salvezza

Adriatico e infanzia

paste, pizze, crescentine!”

MARE Wp

le mani col sapore del mare

Per caso qualcuno dei miei amici vintage ricorda questa voce che veniva lanciata sulle spiagge dell’estate adriatica da venditori o venditrici, vestiti di bianchissima divisa, con altrettanto bianchi cuffia o cappello e scarpe di tela, lindi e vigili ai richiami di noi ragazzini imbrancati a far castelli col secchiello e paletta?

I venditori delle sospiratissime leccornie imbracciavano, a mo’ di sporta, una grande scatola rettangolare di legno verniciato di bianco. Era lo scrigno delle nostre delizie e si apriva con due sportelli finestrati a vetro da dove si potevano scorgere e, se la indulgenza materna lo concedeva, addirittura scegliere non solo paste, pizze e crescentine, ma anche degli spiedini di frutta fatta a pezzi e ricoperta di zucchero caramellato oppure i bastoncini di zucchero filato alla fragola o alla menta e colorati di rosa o di verde.

Il profumo della mia infanzia al mare è anche in quel desiderio, non sempre esaudito, eppure ogni giorno restituito, di veder aprire quella scatola imbracciata dalla signora avvolta dal candore, abbagliante di pulizia, del grembiule e del cappello, del pezzetto di carta in cui (“ma ti sei andata a lavare le mani?”) era avvolto il bastoncino di zucchero, e solo molto più raramente lo spiedino di uva caramellata per essere porto alle mani pulite sì, ma ancora salate di mare, profumate di mare.

Una donna passava e gridava: “paste, pizze, crescentine!”