Archivi del mese: settembre 2019

Teresa, la bracciante e il latte a 80 cent

Ovvero: Sbatti l’operaio (o la bracciante) nel talk di approfondimento, così si prende la colpa.
braccianti-agricole-puglia
Lo fanno e lo rifanno; adesso l’operaio è trendy e la bracciante fa audience.
Lo fa Myrta Merlino con i suoi collegamenti con gli operai della Whirpool di Napoli con riprese degli assembramenti, servizi su risorse umane destinate alla disoccupazione ed interviste all’operaio anziano che piange pensando che sta per perdere lavoro, dignità e che non saprà come mantenere casa e famiglia.
Ma lo fa anche la Rai col compunto Formigli, che intervista dalla Puglia le braccianti che raccontano le vicende delle loro vite, tali e quali a quelle che potevamo già leggere nelle Novelle Rusticane di Verga.
In quelle narrazioni c’è tutto il verismo: paghe da fame, lavoro estenuante e senza orario, violenza sessuale ed aborti, miserie personali vissute tacendo e famiglie ai margini inferiori del livello di povertà.
Cambia solo una cosa: si sono aggiunti i miserabili pulmini dei caporali, quegli stessi che si rovesciano in sovraccarico sulle strade e uccidono con incidenti evitabili. Ma tanto quella è carne di poveri. Se ne parla appena nei tg regionali.
Dal canto suo il serio e compunto Formigli ieri sera ha esibito in trasmissione un inedito confronto: quello della Ministra Bellanova (che si meriterebbe il soprannome di Belleballe) con una bracciante pugliese che prima è stata intervistata, come dire, sul campo, anzi sotto il soffocante tendone di plastica del vigneto e lì piangeva e puntava il dito, ma poi in studio stata esibita ripettinata, rivestita e perfino truccata e annuente.
Quella sotto il tendone denunciava con parole nude e crude la cruda e nuda verità. Quella in studio (pettinata e rimessa a nuovo) contemplava, intimidita ma accondiscendente, la salmodiante ministra che, partita dal bracciantato (dice lei, ma chissà), è assurta al ruolo di ministra della corrente leopoldino-renziana, appassionata fans di Matterorenzi e guai a chi glielo tocca.
E la bracciante ripettinanta quasi si commuoveva, lei!  non raccontando se stessa, ma ascoltando le glorie della Teresa assurta al Governo (mioddio che acquisti).
Quest’ultima, che non piegava nemmeno una ruga del collo  nonostante l’evidenza dell’ignoblile sfruttamento in cui ancora si trovano le donne-braccianti, costrette anche a fare i bisogni personali all’aperto e sotto gli occhi del sorvegliante, non soltanto esibiva di contro le sue lotte sindacali (sic!) pregresse, ma elargiva consigli su come si sale “partendo da là” e invitava ad autogestire i pulmini (?!) ammonendo. Per soprammercato, la Teresa ministra dell’agricoltura ammoniva saviamente i telespettatori tutti: “ogni volta che comprate una bottiglia di latte a 80 centesimi invece che a 140 centesimi sappiate che dietro quel vostro risparmi ci sono loro” frase testuale (e indicava le povere vittime dei caporali).
Distinta Bellanova in eterno bluette: ma davvero riesce a vivere serena, a mangiare e a dormire tranquilla dopo aver detto queste cose? Però forse si, si rilassa ricevendo Miccio, lo stilista, che disegnerà abiti per lei; quale bracciante non ne pagherebbe le prestazioni entusiasta?
Suvvia lasci stare; lasci che costatiamo l’evidenza: oltre ad aver fatto, partita dalla scuole dell’obbligo, sontuosa carriera lasciandosi “le altre” alle spalle, oltre ad esser passata dal pulmino (sempre che sia vero) alle auto blu e allo scranno governativo, oltre che trasudare visagista e parrucco fresco, Ella si permette anche di incolpare le persone che, evidentemente con il borsellino magro, cercano di risparmiare perfino i centesimi del latte?
Ma se quel latte più economico, forse più scadente, è liberamente prodotto dall’industria e sta sul mercato delle grandi catene di distribuzione Ella pensa che la colpa sia del povero che fa la lotta ai poveri?
Ella dice che si veste del colore che la rappresenta. Beh allora lasci che si dica che davvero il bluette le deve aver dato alla testa. 
Nel frattempo beva meno latte, il latte fa male.

 

Non si può morire pensando verde e vivendo grigi

POST AGGIORNATO ad oggi 27 / 9/ 2019
(con il titolo : Per non morire verdi 
questo posto è già stato pubblicato il 
Si può ragionare e modificare il proprio pensiero.
Lo fanno le persone che mettono tutto in dubbio, anche se stessi.
Ed oggi lo faccio io e dico: ecco perché il movimento #friday_for_future ha ragione.
piantagione
È vero: est modus in ogni cosa.
Ad esempio siamo tutti contro l’inquinamento, io davvero preoccupata; ma non so in quanti siamo pronti ad essere valorosi ed energici contadini che si muovono a piedi, a dorso d’asino o a cavallo (sapendo allevare con le dovute maniere le suddette creature), pronti a coltivare fieno, grano o ortaggi senza macchine ossia zappando, vangando e falciando a mano, felici di cucinare sul pentolone appeso nel camino e disposti a nutrirsi sorbendo una fumosa zuppa alla luce di una candela di sego, e ad adattarsi (io no) alle stagioni fredde sferruzzando lana ruvida per dormire comunque sottozero con l’acqua che si ghiaccia nella brocca accanto al pitale.
E sono anche contro l’eccesso di chimica farmaceutica, ma vorrei sapere quanti sono pronti tenersi l’artrosi (quella seria che ti fa gemere giorno e notte), la polmonite o la colica renale sorbendo soavi tisane e portando fiori e candele ai Santi Protettori, tanto miracolosi, perché ti facciano la grazia.
Io farei molta fatica. Non sono pronta a tanto. E se anche lo volessi la mia realtà non mi seguirebbe.
Per questo dico che ci vuole un po’ di oggettivo equilibrio.
Ci vogliono politiche intelligenti e non slogan.
Ma dove sono quelle politiche?
E aggiungo (che oggi sono in vena) che quando vedo i gladiatori di greenpeace che, a bordo di super gommoni iperveloci, alzano la lucente prora abbordando deplorevoli petroliere o quant’altro, vorrei chiedere se il carburante che versano nei grossi e grassi serbatoi è la pipì dell’orso polare (raccolto inseguendo il caro plantigrado col pappagallo e il catetere) che fa da star ai loro spot televisivi, o usano anche loro i biasimevoli carburanti che versiamo nei nostri puzzolenti serbatoi da comuni mortali.

Est modus, anche per avere un mondo migliore e più pulito.

Aggiornamento: Ed ecco perché ad oggi le politiche cosiddette green stentano tanto ad affermarsi, ecco perché se è vero che abbiamo combattuto malattie, malattie infantili, fame e miseria nel mondo occidentale abbiamo lasciato allo sfruttamento e all’abbandono perfino dalle nostre coscienze gli altri popoli del pianeta, ecco perché le farmaceutiche non sviluppano prodotti meno costosi che potrebbero salvare bambini per i quali si chiede l’elemosina delle donazioni, ed adulti abbandonati.
Ed ecco perché invece di fare ironia è indispensabile diventare seri, ed il ministro dell’Istruzione può legittimamente chiedere di considerare come giustificazione per l’assenza di oggi, venerdì 27 Settembre dell’anno 2019, non i soliti “motivi di famiglia” (ipocrisia totale) ma “partecipazione allo sciopero contro il cambiamento climatico” .

post di Maria Serena Peterlin

È triste, ma è la più forte, è la cattiveria.

pc Diritti civili, diritti umani, giustizia sociale, parità: ci suonano nelle orecchie saturando la mente, queste ed altre belle e sacrosante parole.
Eppure, nonostante le dichiarazioni di tante intenzioni migliori di quelle altrui, il tempo in cui viviamo non è abitato dalla bontà né dal bene, e purtroppo nemmeno dall’intelligente convenienza del non nuocere.

Siamo oltre i livelli di guardia della quantità di astio contro l’altro, di acidità verso il pensiero altrui, di diffidenza verso le azioni di chiunque le compia. 
Ormai apro quasi con timore fB perché so che leggerò frasi di malevole critiche, di irrisione e di giudizi pregiudiziali e sempre negativi.
Il filone d’oro della ricerca di qualcosa di migliore è stato abbandonato.
La bontà d’animo e l’apertura verso il prossimo abitano, se esistono ancora, forse in qualche rapporto personale; la preoccupazione verso il bene comune non è sostenuta nemmeno per interesse.
Voglio dirlo chiaro (per quel che vale il mio pensiero, cioè lasciamo perdere che del nulla non si parla) se non ci prendiamo cura del bene comune puniamo prima di tutto noi stessi.
Lo slogan “non esiste un pianeta B” può essere parafrasato per dire “non esistono né un tempo B, né una realtà B”; e il male è comunque, pronta consegna h24, anche per noi.
Che sfortunata circostanza, nevvero?

L’inquinamento è davvero invincibile?

di Maria Serena Peterlin
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Si narra che un tale George Wallace Melville (un Fassino d’altri tempi in sostanza) ai primi tentativi di costruire macchine per volare abbia detto :”Se Dio avesse voluto che l’uomo volasse gli avrebbe dato le ali“.
Che sia stata davvero detta, o non, questa frase è proprio quella che mi viene in mente ogni volta che qualcuno, chiunque sia, nega la possibilità di risolvere il problema dell’inquinamento del pianeta.
Allora mi chiedo se gli umani sono fatti per arrendersi fatalisticamente o “per viver come bruti”. Ma non è così e lo sappiamo.
Oggi la parte ricca del pianeta sta affogando nel superfluo, sta soffocando di obesità, sta decerebrandosi a botte di media e pubblicità ed è diventata passiva, grassa, inerte: rassegnata.

Abbiamo invece urgenza di far volare di nuovo l’ippogrifo dell’intelligenza che sfida la gravità del profitto, per volare verso la conoscenza, la ricerca, l’innovazione scientifica: quella che trova soluzioni.
Invece finanziamo la qualunque.