Archivi del mese: giugno 2019

Il buono è sempre giusto? Che fatica.

valperga-caluso-2Se da un lato trovo sia evidente che questo nostro (ahimè) ministro usi i migranti per ottenere consensi da una massa di persone in cerca di un capro espiatorio e non di giustizia, dall’altro a me pare non particolarmente fecondo di buoni risultati nemmeno applaudire a questo tipo di salvataggi così mediaticamente esposti e forieri di facili entusiasmi. Ma questo sarebbe poco: cosa si fa e cosa si dà ai migranti dopo averli scarrozzati e depositati sul suolo italiano? Un paio di ciabatte, una coperta, un appoggio al centro d’accoglienza da cui poi fuggono verso altri paesi o cadono nelle mani di caporali, grosse reti di spacciatori e o prostituzione minorile e non. Ok anche a me piace essere buona e giusta, ma questa non è né bontà né giustizia, questo è un lasciapassare, a volte ipocrita, per diversi tipi di inferno, e non mi pare una buona cosa. So bene che impegnarsi nella pratica è faticoso, l’ho sempre fatto nella mia quotidianità e so che si subiscono anche sconfitte. Ma iniziare a vedere che tutto il buono non viene per far del bene è già qualcosa.

Umani ed eroi, al di là del bene e del … mare

Un eroe, succede di frequente, può nasce anche inaspettatamente, ci sono anche eroi di un giorno o di una notte che, con un salto nemmeno troppo arduo, approdano nelle istituzione, in parlamento, in senato: a volte facendo il capitano coraggioso, altre volte disobbedendo o sfidando la legge, altre ancora esibendo sinceramente o meno i propri limiti. E va bene così.
Per mia natura ammiro sempre il coraggio; e non solo il coraggio dell’azione, dell’iniziativa, dello slancio generoso. Ammiro anche quello della pazienza, della riflessione, della prudenza fraintesa, appunto.
In una realtà stereotipata in cui ci si mette meno della durata di un film a eleggere a mito un Rambo o un vincitore di talent show tendo a prendere le distanze e, insomma, provo a ragionare con qualche grumo di verità che forse si riesce a cogliere.
In un mondo italiano in cui a fianco di un presidente del consiglio, che mi appare impegnato e concentrato, vedo apparire costantemente un Rocco Casalino la misura della pazienza sfugge e quella del giudizio traballa.
Però non penso che contrapponendo Bene e Male, Immorale a Etico, Coraggio a Viltà si trovi la giusta via o meglio la via dei Giusti.
Pur non apprezzando particolarmente la ricerca delle mediazioni di comodo mi sembra che, non di rado, la riflessione sulla conseguenza delle scelte sia da ponderare.
Dunque sovente affronto, più che una dicotomia, la ricerca del lato migliore di un triangolo dubbioso.
E se da un lato ho d’impulso ammirato la temerarietà della Capitana della sea watch, per la quale in tanti si sono emozionati, e se se dall’altro mi sono parecchio infastidita e contrariata per le espressioni violente e a volte trucide del ministro dell’interno, sono sospesa, ancora in questo momento, ad una grande esitazione che mi impedisce di applaudire all’impresa della Capitana mentre non esito a fuggire dal debordante ministro.
Tutto questo perché sinceramente temo che alle persone a bordo di quella nave non siano comunque state risparmiate né la strumentalizzazione, né l’uso furbastro dell’immagine, né tanto meno un presente da vittime e un prossimo futuro da mendicanti o peggio eventualmente beneficati.
Mi sembra, invece, che la contesa sia tra il “li prendo io che sono un Giusto” e “io non lo voglio perché sono Difensore dello stato”. Poco umane e forse ipocrite entrambe le parti? 
Non so. Ma mi pare di sapere che in mezzo ci sono le persone umane ossia le uniche e sole che meritano dignità e restano davvero umane in questo mondo di plastica e metano e di eroi da fiction. È dunque necessario abbattere le barriere capziose di politiche strumentali, è necessario stare con gli ultimi,
Ma per me gli ultimi degli ultimi sono quei neonati, mamme e donne incinte e minori coinvolti, non so nemmeno se consapevolmente, e per i quali non dico “aiutiamoli a casa loro”, anzi disprezzo chi lo dica. Ma dico che non bastano i volontari che innalzano bandiere e chiamo in causa Unicef, Onu e tutta la banda dei potenti degli Organismi internazionali che latitano lasciandoli in mano a speculatori di tutti i tipi, alle guerre, alle violenze e, giunti qui in Europa, allo sfruttamento e alla prostituzione.

La disobbedienza è una virtù?

Canotta e capelli rasta, viso d’angelo al sapore di sale, braccio di ferro col viminale e la magistratura, disobbedienza e blocco forzato: ed è subito mito.
Ma non è così semplice.
51hwld0m12bl._sx355_bo1204203200_Perché possa, personalmente, considerare che la disobbedienza sia una virtù io la vorrei come quella di chi dia fino in fondo la propria vita, e che la dia per gli altri. In silenzio.
Sono davvero pochi, io probabilmente non ne sarei capace.
Invece c’è chi, a parole, se ne sobbarca, e ci sono eroi di carta, cartone e tastiera che incitano, come la plebe nell’anfiteatro e sono paghi del “#buonismo_verso_Barabba” (ieri mi sono inventata questa definizione…) ossia quel buonismo, o potrei dire pietismo, di chi dice : ma sì dovendo scegliere salviamone uno, salviamo il ladrone e pazienza se quel rompicoglioni del rivoluzionario lo spacciano. Siamo stati buoni fin dove si poteva, due non ne potevamo salvare.
Ma uno non vale uno. Non sempre.
Uno non vale tutti, e tanto meno i bambini comprati e venduti, usati per mendicare, per la prostituzione, per salvarsi la pelle a spese loro.
Uno non vale uno se un adulto si nasconde dietro un bambino invocando qualunque scusa.
È solo chi sia Innocente che vale davvero per tutti. Qualcuno si sente tale?
Non si diventa innocenti salendo su una nave come comandante di un carico di “naufraghi” e scendendone inquisita per immigrazione clandestina; non si può rivendicare il titolo di innocente imbarcando su quella nave donne incinte e bambini che non possono scegliere la loro sorte ed usarli per chiamare in causa diritti umanitari.
(E scusate il predicozzo, oggi va così.)

scritto nel 2015:

Ripubblico questa mia modesta riflessione di ben 4 anni or sono per sottolineare come oggi si parli di un “governo di incapaci”, o “che litiga su tutto”.
Ma nel 2015 era anche peggio, secondo me.

Mariaserena Peterlin

ROBA DA GUITTI
Nei miei anni giovani ricordo che in tanti eravamo impegnati per la realizzazione di un modo migliore di vivere, un mondo di liberi e uguali pronti a sperimentare soluzioni diverse da quelle convenzionali; quel mondo più giusto e che costruiva fratellanza era desiderato, immaginato, forse sognato, ma comunque rappresentava un’idea verso la quale eravamo, sempre in tanti, persuasi di essersi incamminati.
Ancora oggi qualunque progetto politico che riguardi la società dovrebbe dirci, innanzitutto, quale tipo di mondo si abbia in mente o, almeno, quale tipo di società sia quella verso la quale si dirigono i progetti. Parlare di progresso, sviluppo, crescita, merito senza dire per chi, come, in che modo e soprattutto se qualcuno rimane a terra è come aprire un locale esclusivo guardato da erculei buttafuori.
In questo caso, infatti, tutto: dallo slogan alle riforme, dai discorsi alle azioni, rischia di essere niente altro che scena di cartone, coreografia o, peggio, allestimento velleitario e senza nemmeno copione; roba da guitti, dunque. Anche se, pensandoci bene, i guitti non fanno male a nessuno mentre chi vive per il denaro e il potere sì.
E no, non sono nostalgica perché io quel mondo diverso e migliore desiderato, immaginato, forse sognato, ma che comunque rappresentava un’idea grande verso cui camminare non l’ho perso; mi dispiace solo che sia diventato troppo difficile realizzarlo oggi. Ma non si sa mai.