Archivi del mese: dicembre 2018

Colazione con #nutella

#Nutella a colazione?timballo-gattopardo
A me non dà molto fastidio il ministro-nutella. Il problema è davvero lui?
(Come già dovremmo sapere, la nutella è perfino proletaria, è una specie di surrogato del cioccolato chic, quello almeno al 70%, quello all’arancio, al grand marnier e così via).
Mi dà, casomai, un fastidio chi immagina che condannando lui, che si fa il selfie mentre addenta una fetta spalmata si trovi automaticamente tra i giusti e che quel disgusto verso salvini sia sufficiente a collocarlo tra i bravi intelligenti all’opposizione.
Invece potremmo riflettere e capire che il ministro nutellone_e_cicciottello non lo cambieremo mai, e che siamo noi che dovremmo cambiare un po’ e rimetterci a pensare.
Guai a voi, scribi e farisei mica me lo sono inventata io, e mi fa più paura del ministro_nutellato.
Ma secondo me le cose stanno anche peggio.
Infatti se provo a leggere ciò che accade in Italia e non solo da oggi, mi pare di leggere un libro scritto male, un noioso giallo o triller ad esempio, in cui l’Autore (ma la vecchia Agata in questo è maestra) si diverte a tenere in sospeso il lettore cercando di distoglierne l’attenzione in modo che non capisca chi sia il vero colpevole; e in questo modo uno legge, legge, legge ed immagina, suppone, crede di indovinare mentre non ci ha capito niente. Il vero colpevole verrà svelato solo alla quart’ultima riga mentre i protagonisti sbevazzano una inevitabile tazza di te.
Purtroppo in Italia il te non arriva mai, e se uno non si impegna disobbedendo, trasgredendo (Ancora una volta viene da chiedersi: ma se dicessimo di no? Anne La Rouge Lombroso docet) o addirittura sbattendo il libro per terra.
E così accade che un truzzo di prima categoria commetta avidi atti impuri con una fetta di pseudo cioccolata che s’alza il coro da curva beota: fratelli d’Italia! l’Italia s’è desta! abbiamo un maleducato che probabilmente sa per leccarsi le dita ad una ad una e quindi abbiamo il colpevole di tutto. Dagli al libidinoso che si ingozza mentre un vulcano semina macerie!
Nel frattempo tra gattopardismo e menfreghismo nulla si cambia, nulla si fa e tutto rimane tale e quale. Mentre l’Autore prepara il prossimo libro-fregatura.

E tu con chi stai?

 

maxresdefault-1Sì bisogna schierarsi; bisogna smetterla di fare i pesci in barile, di essere quelli che ammiccano e sorridono di là e di qua e cercano di compiacere chiunque sottraendosi al dovere di prendere una posizione.
Ma aggiungerei che schierarsi non dovrebbe portare necessariamente ad aderire a movimenti, a sigle, organizzazioni, partiti o associazioni e così via già esistenti e in cerca di consenso. 

A volte sembra presuntuoso chi voglia elaborare un proprio pensiero o una opinione frutto di ragionamento personale; ma in realtà abbiamo bisogno sempre, e in questo tempo dell’oggi in particolare, di elaborazione critica, di riflessione attiva, di confronto personale.
Non sempre aderire a una linea di pensiero o di comportamenti o di azioni come, ad esempio, versare i famigerati 2 euro con il cellulare o 5 da fisso, schierarsi con chi riesce a coinvolgere emotivamente o a fornire una spiegazione dei fatti che possa apparire convincente porta a prendere buone decisioni. 
Non sempre aderire significa scegliere bene. Siamo subissati da condizionamenti potenti. E può accadere che la bacinella di Pilato sia una soluzione involontaria e in buona fede: se lancio un insulto al razzista e dono due euro e sono a posto.
Razzismo e fascismo sono crimini, ma dichiararsi antirazzisti e antifascisti è anche troppo semplice, se uno dice cosa non è riuscirà anche a dire cos’è? 
Abbiamo bisogno di idee, di ideali, di valori che sono la cosa più importante, ma anche di ideologie e di politica per realizzarli.
E per realizzarli abbiamo bisogno anche di una bandiera sotto cui impegnarci. Oggi troppo facilmente se da un lato si dice che i vecchi partiti hanno finito il loro tempo dall’altro si sente rispondere che non ha più senso parlare di destra e sinistra. E se da un lato nessuno si dichiara razzista o fascista dall’altro le accuse di fascismo e razzismo piovono peggio che i coriandoli a martedì grasso. Se è vero che viviamo un tempo difficile è anche vero che si cerca di farci apparire semplici le scelte che ci vengono sottoposte; valgono, a questo proposito sia l’esempio di chi voleva semplifica il sistema elettorale per sapere, dopo poche ore, chi aveva vinto ed avrebbe governato, sia l’esempio di chi dice chiudo i porti e così finiscono il commercio di donne e uomini e nessuno muore più in mare. Semplificare, a parole, è facile.

Per mia sfortuna io sono molto complicata.

#basta_plastica

173541Regaliamoci,  a #Natale, un basta alla #plastica
Dunque il mio augurio è proprio questo: #basta_plastica a tutti. e non solo basta a buste, sacchetti o bicchieri. Basta a questo uso indotto di materiale di difficile o impossibile smaltimento. Abbiamo pensato di semplificarci la vita e invece abbiamo accettato di usare un materiale che fa concorrenza all’eternità.
Abbiamo semplificato e lo abbiamo fatto perché, obbedendo al sistema sociale in cui siamo inseriti e viviamo abbiamo accettato il furto del tempo e ci siamo diretti, ad occhi bendati, verso una vita dai ritmi frenetici, a volte disumani e spersonalizzzanti.
E non bastava ancora: infatti abbiamo anche svilito il senso di ogni lavoro da svolgere in casa, che si svolgesse mediante le consuete attività domestiche definendolo lavoro da “serve” e dunque liberalmente disprezzabile. Abbiamo, anzi hanno, reso ridicolo il lavoro, antico e faticoso ma che sembrava non redditizio, delle mamme, delle nonne, delle amiche che facevano le sarte in casa e che non si emancipassero diventando anche impiegate, postine, manager e così via e perfino iene da economia globalizzata.

Anche la tavola di casa, dunque e di conseguenza, ha spento un, seppur virtuale, focolare. Non c’era più tempo da perdere! E perciò tutti condizionati ma felici di trasferirsi, nonostante le agevolazioni delle lavastoviglie, nei fast food, nel ristostop e comunque nei luoghi del pasto veloce dove è proprio la soffocante plastica che gestisce le cose e le persone.
decor-piatti-spaiati-3Non sono qui a esortare di tornare tutti alla schiscetta di alluminio da portare al lavoro, e nemmeno invoco lavapiatti e casalighe di tutto il pianeta unitevi, ma se vogliamo ridurre la plastica inquinante e soffocante dovremmo ricominciare a lavare almeno stoviglie e bicchieri, ad indossare cotone e lana vergine, a valorizzare gli oggetti di vetro e ceramica. Oggi perfino i lavelli o i sanitari sono di materiale plastico, davvero sono preferibili?
Altrimenti possiamo rassegnarci e continuare a morire lentamente insieme alla Terra: siamo chiamati, volendo ascoltare la nostra naturale condizione umana, ad essere artefici del nostro, e non solo del nostro, futuro destino. Ma ascoltiamo?
Infine dobbiamo pur riconoscere che, tradizione o no, il luogo degli affetti sinceri e del sostegno reciproco si realizza anche dove la tavola si apparecchia e sparecchia, si parla e si lavora insieme alle cose quotidiane, senza riempire, necessariamente, il contenitore del conferimento-plastica.

Gli abeti, il Natale e la Luna

Che fai tu luna in ciel? 
Guardo gli abeti.
Abete a Montoro Petritoli
Nella foto si vede un mio abete, che era stato albero di Natale in casa, trapiantato in campagna o meglio nel terreno che circondava la nostra casa in collina, ora ahimè purtroppo venduta, e che era diventato più alto della casa. Che Dio lo benedica, mi dava tanta gioia vederlo cresce e allungarsi verso il cielo: era meraviglioso finché una malattia delle piante se l’è preso.
Ma è durato anni ed anni facendo compagnia, di notte, anche alla sua amica Luna.
Oggi perfino i puristi ecologici si sono accorti che un abete di plastica, finto, freddo, sciapo (alla romana) non è proprio più consigliabile perché, appena invecchia, diventa difficile smaltirlo senza inquinare.
Ma guarda un po’; era così difficile capire che un abete, o un’altra essenza naturale, non viene estirpato da qualche preziosa e sacra foresta, ma è semplicemente una pianta allevata nei vivai allo scopo di essere venduta?
Era così difficile capire che anche quello è frutto del lavoro, che durante tutta la fase dalla nascita alla vendita una pianta vera e viva ci dona ossigeno, che si può sempre trapiantare e spesso attecchisce, che se ben curato può durare per più di un anno, che se dovesse seccarsi può diventare humus, pellet o rallegrare un caminetto?
E che se proprio finisce in discarica sarà un rifiuto sicuramente meno inquinante della orribile, fredda, insignificante plastica?
Vabbè arrangiatevi.
Io non faccio alberi quest’anno, ma il prossimo vado al vivaio.