Chi non ha giocato a “campana” da bambino non alzi la mano, tanto non potrei spiegarglielo, siamo fuori tempo massimo.
A campana si giocava noi ragazzine, e non solo, dei begli anni cinquanta; si giocava e rigiocava instancabilmente senza bisogno di denaro.
E se dovessimo fare l’elenco dei nostri giochi a costo zero di quel tempo posso garantire che ci vorrebbe più tempo di quanto immaginiamo.
Per giocare a campana occorreva prima disegnare su un marciapiede la campana, ossia uno schema composto di quadrati, e a volte triangoli, disposti e numerati progressivamente. Per disegnare occorreva un sasso che si sceglieva rovistando, a volte lungamente, tra gli altri sassi disponibili là intorno nel cortile, ai bordi di una strada o anche rompendo, di nascosto, un vaso di fiori. Erano tempi di cantieri edili, perché l’Italia era tutto un fervore di ricostruzione di case e palazzi che sorgevano ovunque, e quindi si poteva avventurarsi furtivamente al di là delle recinzioni e pescare, tra i rifiuti, qualche pezzo di gesso o calce secca: ottimi per scrivere per terra.
(Dico spesso a chi, come mio marito, è cresciuto in una famiglia dove ti portavano a giocare solo nei parchi e nei bei giardinetti o nei parchi romani, mentre io giocavo selvaggiamente sotto casa, che non sa cosa si è perso: sì certo avrà subito anche meno ginocchia sbucciate, graffi e piccole risse; ma si è perso quella gioia effervescente fatta di libertà scatenata e spericolata che si poteva pagare volentieri con qualche cascatone, graffio, o anche cazzotto nello stomaco della banda rivale di turno.)
Ebbene, una volta pescato il sasso designato a scrivere per terra, e disegnata la campana con le caselle numerate si faceva la conta per stabilire, tra noi partecipanti, l’ordine per lanciare un altro sasso sulle caselle, poi a turno si saltellava senza pestare le righe e si raccoglieva il sasso per rilanciarlo, subito dopo, verso un’altra casella.
Ecco, in pratica un gioco da niente, ma per la vita.
Un sasso per scrivere, un altro sasso da lanciare prima cogliendo il segno e poi raccogliendolo di nuovo per rilanciarlo tentando di completare la campana.
La cosiddetta saggezza popolare ha detto che la vita è una ruota; ma se fosse così sarebbe ripetitiva, prevedibile e tutto sommato noiosa.
Invece la vita penso che la vita sia come quella nostra ricerca di un sasso, un sasso che non vale nemmeno un soldo di rame, ma che diventa strumento e opportunità; la vita è come quel saltellare evitando bordi, segnali di limite e seguendo qualche regola; la vita è provare e riprovare, è andare dal basso verso l’alto per quanto è possibile; la vita è relazione e società perché, come a campana, non si gioca mai da soli.
La vita è un sasso: se lo lasci cadere è pesante e freddo; se lo sai usare puoi scriverci, giocarci, spingerlo oltre.
E a volte un sasso: liscio o scabro, grigio o venato di colori, parla linguaggi misteriosi.
Tutto questo si può immaginare anche solo in qualcosa che non vale nemmeno un soldo piccolo, di quelli di rame.