Metto insieme due o tre brevi pensieri che mi è capitato di scrivere sulla prima prova dell’Esame di Stato. E premetto che non parlerò del maltrattato poeta Caproni.
1a prova: ma scusate, borbotta il signor Miur, davvero si pensa che se avessimo proposto una prova sulle Operette Morali o sull’Ortis i nostri eroi avrebbero dottamente discettato su Leopardi o Foscolo? Ma non sarà stato meglio dargli in pasto un… Caproni?
In realtà, e a dirla tutta, a me pare che una analisi del testo richieda più che altro il riuscire a cavarsela nel rispondere alle domande, che in questo caso erano parecchie e piuttosto articolate, sul testo medesimo e non necessariamente di conoscere l’Autore (vedete che uso la doverosa maiuscola?)
L’analisi del testo (sempre secondo il mio debol parere) è uno strumento per conoscere l’autore e riuscire a decodificarne lo stile, il lessico, le relazioni con altri testi e tanti altri aspetti che sarebbe didascalico elencare.
Ai miei bei tempi di insegnante di italiano al triennio ho sempre detto agli studenti maturandi che spedivo all’esame: non state a pensare se conoscete bene l’autore, provate invece a capire se il testo vi piace, e vi sembra di poterlo affrontare buttatevi, ma fate attenzione all’ortografia.
Vi è anche un’altra considerazione; da quando esistono i “temi” dell’esame di Maturità, o di Stato, come si chiamano adesso, si è discusso se le tracce assegnate fossero o meno adatte, o proporzionate alla preparazione dei candidati. Dunque nulla di nuovo.
Nonostante tutte le mie riserve sull’attuale miur e sul livello culturale ottenuto nelle scuole, in senso lato, penso ancora che la prova debba essere affrontata come tale e anche con una certa convinzione. Mi spiego in due punti.
La vita che attende i nostri ragazzi candidati, oggi come anche nel passato, non sarà mai proporzionata alle loro aspettative o alle loro potenzialità e capacità. Potrebbe, raramente, essere anche semplificata o migliore; ma più spesso è insolita, ardua, spiazzante. E allora la maturità è un modo per uscire dal guscio, è il solo vero rodaggio di un ostacolo da superare prima di iniziare ad uscire dalla quotidianità protetta e provarsi ad annaspare nel mondo. Potrebbe, è vero, configurarsi come un ostacolo, per così dire, simbolico, visto che le bocciature sono quasi inesistenti, ma almeno ne sopravvive il simbolo.
L’altra considerazione è che oggi le prove si svolgono di fronte a una commissione in gran parte interna, e gli esaminatori esterni sono comunque gente di scuola. Non penso sianodegli ostili mostri alieni tolte le poche eccezioni di qualche ipotetico e frustrato prof in cerca di ridicolo potere, che la vita ci presenterebbe, sotto altre spoglie, anche altrove.
Penso infine che gli insegnanti potrebbero affrontare, discutere e contestare, alcuni lo fanno, della politica scolastica attuale più che delle prove in uscita dalla scuola.