Archivi del mese: aprile 2016

Diario e pioggia in prosa

Jpeg

Jpeg

La pioggia mi piace larga, a chiazze, a pozzanghere.
La pioggia mi piace senza vento; continua, fitta, che dilava.
In questa foto è una pioggia tramite il vetro, in questa foto la pioggia è una lente che allarga, sfuma i bordi, unisce.
E’ una pioggia quieta e capace imbevere il terreno fino alle radici nascoste degli alberi, fino ai grani e ai semi che germogliano.
Una pioggia per cui ringraziare.

Diario e violino

Scrivo ascoltando.
I pensieri miei s’inchinano devoti alla musica.
Dal canale 5 rai della filodiffusione stanno trasmettendo il concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 61 di Beethoven,, al violino Shlomo Mintz suona con la Philharmonia Orchestra diretta da Giuseppe Sinopoli
Accanto al mio pc ho sempre qualcosa che trasmette musica.
E anche se ci fosse qualche altro suono, qui intorno, non lo sentirei.
Catturata esattamente come se la musica fosse un gorgo, una corrente ; o lo scorrere del fiume.

 

Diario e grigio tra cielo e mare

8 Aprile
Il grigio del cielo di oggi chiama alla mente il mio mare Adriatico che con quella non luce si sposa, quando le nuvole coprono l’azzurro, ma ne mantengono appena la chiarìa e un barlume di colore, fino a formare una lastra lattescente quasi piatta sulla quale si potrebbero disegnare immagini o parole.
Il sole, allora, non traspare, lo indovini come un calore solo evocato; il cielo a sua volta si lascia catturare dal mare che rabbrividisce. E’ come se tutto volesse fissare un confine mobile tra dimensioni diverse nelle quali l’anima si potrebbe, se solo lo volessimo, riposare.
Uno spericolato tentativo di sognare un limite, un confine dell’infinito senza siepi, senza vento, senza fronde, senza altre voci che quel borbottare sommesso, forse trascurabile, ma che tu cerchi perché sei su una riva, su un bordo che fermo non può stare.
Ecco cosa e come, diario, intendo per grigio tra cielo e mare.

Diario e rondini

Si vorrebbero tutte giornate così, di inizio primavera, con l’avvistamento delle prime rondini in un cielo giusto per loro, giusto con noi.
E si vorrebbe che queste giornate fossero simbolo e auspicio di un tempo buono, pulito e chiaro come il cielo, appunto, come l’aria mite che non t’assedia, non ti si fredda addosso ma anzi sembra guidare e sospingere il passo degli adulti e i giochi dei bambini.
Si vorrebbe che la natura si mostrasse materna e gli uomini fratelli.
Già.

Che follia, non è vero?
Forse meglio canticchiare senza troppi lirismi sul pentagramma del carpe diem, quam minumum credula postero.
Meglio, quel pentagramma, notarlo con il volo saettante delle ali delle rondini invece che con pensieri mediocri.
E se non possiamo nutrire illusioni possiamo certamente spolverare il cuore.