
genotipo TELEMACO dei nostri giorni
Se c’è un personaggio mitologico scialbo, raccomandato e, tutto sommato, capace di giocare solo di rimessa, quello è Telemaco.
Sono sicura che se fosse andato da Ulisse a dire: “fatti più in là, adesso tocca a me, dammi il regno e il potere insieme ai tuoi soldi” il figlio di Laerte gli avrebbe mollato uno smataflone (sberla emiliana) rispondendo:
“sento cocco bello, io mi sono fatto dieci anni di guerra e di assedio per dare una mano in una guerra che non ho voluto, ho girato il Mediterraneo e dintorni passando di terra in terra e di isola in isola per capire come andava il mondo, ho superato prove che nemmeno ti immagini: vuoi giocare tu al pecorone per sfuggire al gigante occhiobello Polifemo? Vuoi mortificare tu i tuoi sensi per lasciare quel fior di ragazzotta di Nausicaa? Vuoi provare tu a navigare legato a un albero di nave? Vuoi vedertela con maghe come la sora Circe e sopportare gli dei avversi? Vuoi farti fregare le armi di Achille da Aiace da un’ondata? E poi lo sai che ti dico? circa mille anni dopo un tizio di Firenze mi ha spedito, per togliermi dai cosiddetti, fino a far naufragio alle colonne d’Ercole. E adesso un provincialotto toscano e manco fiorentino, uno di quelli che cambia cravatta come la carta igienica e fa il paino col le vecchie carampane, mi dice che tocca ai telemaci e tu, che puzzi ancora di latte di capra e c’hai mamma che ti lava ancora le mutande, vieni a dirmi “fatti più in là e damme i soldi?”
Ma vedi di andattene a lavorà, culo moscio che non sei altro.