Archivi del mese: luglio 2014

Le muse arroganti


Eh sì sarebbe meglio
dar ascolto alle Muse,
preziose antiche amiche,
impegnarsi al silenzio
che il verso volgar chiuse.
Eppure è assai evidente
se le muse Muse son nove,
e la decima ancora
fu del cine creata,
l’undecima deforme,
arrogante e sguaiata
prese forma in Italia
e dai vertici bercia:
e allora le sorelle
fuggîr…sottocoperta.
Or nella stiva filano
tessendo pel dimane: [ehem]
ora sai perché mie frecce
non son mai spese invano.

TELEMACO, o del BAMBOCCIONE IMPUNITO

genotipo TELEMACO dei nostri giorni

Se c’è un personaggio mitologico scialbo, raccomandato e, tutto sommato, capace di giocare solo di rimessa, quello è Telemaco.
Sono sicura che se fosse andato da Ulisse a dire: “fatti più in là, adesso tocca a me, dammi il regno e il potere insieme ai tuoi soldi” il figlio di Laerte gli avrebbe mollato uno smataflone (sberla emiliana) rispondendo:
“sento cocco bello, io mi sono fatto dieci anni di guerra e di assedio per dare una mano in una guerra che non ho voluto, ho girato il Mediterraneo e dintorni passando di terra in terra e di isola in isola per capire come andava il mondo, ho superato prove che nemmeno ti immagini: vuoi giocare tu al pecorone per sfuggire al gigante occhiobello Polifemo? Vuoi mortificare tu i tuoi sensi per lasciare quel fior di ragazzotta di Nausicaa? Vuoi provare tu a navigare legato a un albero di nave? Vuoi vedertela con maghe come la sora Circe e sopportare gli dei avversi? Vuoi farti fregare le armi di Achille da Aiace da un’ondata? E poi lo sai che ti dico? circa mille anni dopo un tizio di Firenze mi ha spedito, per togliermi dai cosiddetti, fino a far naufragio alle colonne d’Ercole. E adesso un provincialotto toscano e manco fiorentino, uno di quelli che cambia cravatta come la carta igienica e fa il paino col le vecchie carampane, mi dice che tocca ai telemaci e tu, che puzzi ancora di latte di capra e c’hai mamma che ti lava ancora le mutande, vieni a dirmi “fatti più in là e damme i soldi?”
Ma vedi di andattene a lavorà, culo moscio che non sei altro.

Europa: un semestre da sogno

Fumando un semestre da sogno

C’era una volta, e c’è ancora,
un sindaco da sogno
che diventò leader da sogno,
poi segretario da sogno
e infine presidente da sogno.
Il paese del presidente da sogno
sognava un’Europa da sogno e,
sognando sognando, 
ebbe in sorte un semestre da sogno.
Il presidente da sogno,
molto amato dagli inventori di parole da sogno,
sciorinava i suoi tappeti di parole
da sogno. Tappeti volanti nel sogno.
La tv da sogno invitava tutti a sognare;
infatti sviolinisti sviolinanti sogni di parole
lanciavano semi oppiacei di parole da sogno.
Tutto il paese sognava e si beava del sogno.
I sogni diventarono desideri di sogno
e fu così che la realtà
diventò solo un sogno: un brutto brutto sogno.
Ma nessuno volle smettere di sognare
mentre un vecchissimo vecchione
si dondolava su una ragnatela: da sogno.
Ghignando non poco.

Immagine

L’Italia cambia verso

Italia