Archivi del giorno: 17 dicembre 2013

Le brioches sono finite, la povertà no

  Nel nostro paese civile dove i profughi e gli immigrati sono curati dall’eventuale scabbia a botte di compressore, nudi al freddo cielo aperto, ci sono anche persone sagge e fiduciose. Sono i nostri opinionisti ufficiali, i maestri di pensiero mediatico, gli editorialisti della carta stampata e dei tiggì. Chissà come mai dopo gridolini di orrore contro forconi e forcaioli grillini, dopo piccoli sussulti snobistici sapientemente espressi in voce o su carta, adesso adesso i quieti sostenitori dei quarantenni rampanti, autentici nipotini di Luigi Facta (che fu ultimo presidente del consiglio prima dell’avvento del fascismo e della marcia su Roma) , attendono le prossime manifestazioni di piazza mentre “nutrono fiducia”.
Non saltano a banali conclusioni ma si genuflettono al conformismo rassicurante: il nemico è diviso, è eterogeneo dunque ha già perso. Bene, buona fortuna.
Ci crederanno davvero? Oppure è sagace un tentativo di divulgare un’interpretazione rassicurante nella convinzione che una volta nascosto il volto nella sabbia anche l’immagine sparirà? Oppure non hanno capito perché non vogliono capire? Saldamente adagiati alle loro poltrone vintage, con alle spalle collane di libri e fascicoli avuti in omaggio, assistono, come sentendosi in un vecchio palco della Scala, ad una rappresentazione di cui pensano di poter già conoscere il finale.
Eppure non mancano né i pensosi avvertimenti di persone colte e illuminate, né osservazioni di buon senso di chi la vita l’ha vissuta e vive senza scorciatoie né corsie di favore.
Davvero preoccupata per le prossime europee, per il nostro paese e per le nostre famiglie direi che rimane un ultimo avvertimento per i chierici asserragliati in sacrestia: fate attenzione, le brioches sono finite, ve ne dovrete andare, ma non sappiamo se ve ne andrete in pace.

Plenilunio impertinente

Stasera c’è una luna
che sembra una caciotta:
gialla, paffuta e tonda
fors’anche profumata.
E penso a quei poeti
no, no, non faccio nomi
che nel guardar la luna
immaginan se stessi
o laghi di pensieri
struggenti, arditi, espressi.
Ti guardo gialla luna
caciottona nostrana…
Simpatica mi sei
sembri di latte e lana.