Archivi del mese: dicembre 2013

Cortina, dicembre 2013: Il black out dell’oro scontento

Grigio è il cielo e nuvoloso
e la neve scende ancora
nell’albergo assai stelloso
il riccastro con signora
geme al freddo inusitato
col sedere congelato
“Ah tesovo, che disdette!
che Natale da bavboni!”
“Pensa a me che c’ho alle tette
congelati i siliconi!”
Fuori nevica, è tormenta,
dentro pure la piscina
con la sauna è tutta brina;
dal paese suo lontano
la Befana ha preso in mano
una scopa rompighiaccio:
“Ah destin beffardo! io taccio
ma quest’anno anche ai ricconi
congelavansi i … balloni.”

Scrittori, ma senza troppi ardori, please

ImageSpesso ho, dal mio modesto e personale angolo-scrittoio, espresso l’idea che sia importante scrivere, scrivere bene e comunicare.
Osservo però (chissà se ho ragione?) che la modalità scrittura via web dilaga, che c’è un contagio di scrittura e che di scrittori ce n’è ogni giorno di più.
Tutto questo, e sempre dal mio modesto e personale angolo-scrittoio che vorrei sommesso (e non sempre mi riesce), può essere ottimo antidoto e efficace terapia a tanto silenzio mentale.
Unica remora: scrivere? Benissimo, è ottima pratica, meglio però non associare l’idea scrittura all’idea diventerò un famoso scrittore, magari anche bravo.
Sono cose diverse. Meglio non associare, e mischiare men che meno.
Un poeta che conosciamo tutti ha intitolato il suo primo libro di poesie Myricae ponendo come epigrafe, un po’ come sottotitolo, un verso di Virgilio: arbusta iuvant humilesque myricae; in una lettera egli spiegò “Myricae è la parola che usa Virgilio per indicare i suoi carmi bucolici, poesia che si eleva poco da terra: humilis” (*).
Parliamo ovviamente di Giovanni Pascoli, poeta, studioso, dantista, latinista e scrittore tra i maggiori che oggi solo gli ingenui o gli ignoranti considerano ancora un poeta contadino, delle cose se semplici ma al quale i maggiori critici tra il 900 e oggi hanno dedicato saggi complessi e profondi.
Ma tornando a noi scriventi, per non rischiare l’autoreferenzialità o lo scrivere tra di noi, dicendoci sempre di sì: scriviamo e proviamo a scriver bene dal nostro angolo-scrittoio, meglio tuttavia non esporsi all’eccesso per ambire alla gloria.
Se  questa ne avesse ragione, forse, verrà.
Buon Anno ricco di affetti!

(*) (cfr Nota al testo di Pier Vincenzo Mengaldo all’edizione di Myricae da lui curata per RCS Rizzoli, 1981).

NOT(t)E di Natale

Ghiaccio a Natale

Ghiaccio a Natale

Se cerchiamo un senso al Natale, oggi,
se lo cerchiamo ancora,
dopo aver vissuto quest’anno ad occhi aperti,
se pensiamo che dovremmo frugare
tra tradizioni e novità
per vestire di luce quel giorno,
allora forse potremmo rinunciare
o sarebbe meglio essere bambini
per attendere che qualcuno
allestisca un natale per noi:
inconsapevoli o bramosi dei doni
da sbattere sul pavimento alla prima occasione.

Non elenchiamo,
scorrendo mese per mese,
quello che è accaduto:
le tracce ci sono, i segni sono tutti al loro posto
come le ferite, le parole,
anche troppe, sono state dette
e ripetute fino a farne violenza.

Luce e messaggio del Natale, oggi,
è lasciare che la speranza
non ci sfugga dalle dita del cuore.
Il messaggio lo abbiamo e possiamo ascoltarlo,
ma non siamo obbligati, (per fortuna) no?

E tolte le vesti, gli addobbi ed i cibi in eccesso;
tolte le corse, le prenotazioni,
le isterie alle file inevitabili
potrebbe essere ancora Natale.

Altrimenti è meglio fare come tanti,
(e fanno bene, ma sì):
il solito viaggio low cost
sul mar Rosso, da pagare a rate.
Ma sì, un altro debito
no, non può cambiare la situazione.
E per gli squali, sì
sarà ancora festa, almeno per loro.

Il Natale, a volerlo, viene.

Ode al Panettone Governativo

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Oh Panettone!
Ti mangian Panettone
e non hanno il magone
e non pagano pigione
(non son come il barbone
che il Panettone regalato
è sempre un po’ avariato
quello dimenticato, 
con l’uovo marcito
dell’altr’anno passato).

Ah com’è buono il Panettone!
mangiato dal padrone
pregiato, artigianale in confezione
con vini rari, forse l’orologione
oppur la dazione
di benefit (al panzone…)

Oh Panettone, oh dolce Panettone
fatto metafora e punizione
dell’italiano abboccone
insieme al pacco paccone.

Sì io lo so che occhieggi ruffianone,
ma no, tu non mi avrai, Panettone.