Archivi del giorno: 26 marzo 2013

Caro Battiato, noi lo sapevamo.

E’ sempre più difficile valutare la veridicità di una notizia specie quando è lanciata in modo clamoroso, direi dunque che sia preferibile astenersi sugli apprezzamenti di Franco Battiato riguardo la politica italiana e le inquiline, passate o presenti del nostro parlamento.
Anni di affermazioni enfatizzate e poi smentite ci hanno portato sulla giudiziosa sponda dello scetticismo e del dubbio.
Sarebbe tuttavia, nel caso, interessante rispondere non solo a Battiato, a cui dobbiamo comunque giusta riconoscenza per il dono di lunghi anni di felicità artistica, che abbiamo imparato a vivere nel fango senza nemmeno sporcarci le scarpe e che le illusioni sulla possibilità di avere il migliore dei parlamenti possibili le abbiamo serenamente congedate da tempo. Siamo vissuti per decenni in una società di cui oggi è anche troppo facile additare e denunciare corruzione, malaffare e imbrogli disgustosi.  Molti di noi hanno vissuto la lunga stagione del nostro scontento, ma l’abbiamo vissuta ad occhi aperti; abbiamo capito e riflettuto su quanto accadeva, abbiamo subito e sopportato ingiustizie pesanti, ci siamo sentiti definire guastafeste perché dissidenti rispetto al generale garrulo ottimismo per una realtà che poteva apparire levigata e attraente, ma era corrotta seminatrice di corruzione. Non era difficile immaginare che le cordate, il familismo e nepotismo, le complicità, il clientelismo le seducenti connivenze degli omini di burro non potevano portare al bene comune. Gli infestanti hanno ben impestato il nostro terreno ed è stato sempre più faticoso tenere pulita l’aiola sotto casa. Per questi motivi non siamo cascati dal pero quando hanno cominciato a circolare il libri sulla casta e quando l’argomento è diventato, per dir così, businnes per pubblicisti di successo che hanno piantato larghi e proficui vigneti imbottigliando il vinello agro del moralismo.

Ma la stagione dello scontento non è stata, per noi, anche la stagione dell’invidia perché mai avremmo voluto essere al posto di quelli che le vacanze solo nei resort o nelle ville esclusive di amici, quelli che i compensi sono solo a sei zeri, quelli che la barca, quelli che l’aereo anche privato non basta, quelli che i figli studiano solo all’estero e, potremmo dirne tante, non devono mai chiedere.
E siccome quello che non abbiamo avuto non ce lo possono togliere, direi a Battiato che probabilmente ha ottime e condivisibili ragioni, ma se è vero che ha detto che “ognuno è artefice del proprio destino” si rassicuri: non ci possono togliere nemmeno quello. Se il mio (o nostro) destino è stato di una pulita autoesclusione ebbene ce la siamo scelta liberamente perché farsi corrompere è molto ma molto più facile che rifiutarsi. No, non è mai troppo tardi per accorgersene, e se ne accorgono anche gli artisti; ma c’è stato un altro straordinario poeta e musicista, forse il più grande di tutti, che lo aveva, almeno in parte, detto e denunciato nella sua indimenticata “Quello che non ho” (1981). Quel testo dolente è grandissima denuncia. Ha anche detto che dal letame nascono i fiori, e noi che ci abbiamo creduto ora ci crediamo anche di più.

chè travagliosa era sua vita

La nebbia all’irto colle
piovigginar non vale
insieme al tsunamare
urla indignato il troll.

Ma per le vie del media
tra il ribollir dei Crimi
va l’alto Grasso ai fini
del Travagliar tacer.Immagine