Invidio un po’ , non tanto,
chi tratta di poesia
come un aspirapolvere
o un vinsanto
che travolge i pensieri
che dal presente ti trascina via.
Invidio un po’, non tanto,
chi rima cuore e amore
e stupore o autorespiratore
e per se stesso
riserva un cuore rosso d’amaranto
che imbeve di passioni solitarie,
mentre l’umana condizione oblìa.
Invidio un po’? No, ignoro
chi per proprio decoro
s’astiene e si controlla
oppure con accorte contraddanze
si gode le altrui danze,
degli insuccessi ride
e non s’accorge che se stesso uccide.
E quella morte gli sembra una malìa.
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La foto: Quelle che sembrano perline argentate, e viste da vicino sono anche più ingannevoli che in foto, sono uova deposte da un parassita sulle albicocche, in campagna. E’ un po’ di tempo che va un po’ così; sulle “nostre”albicocche, sui frutti della nostra vita (figli, lavoro, studi, azioni, relazioni e così via) arriva un parassita che depone piccole perle ordinate. Quando andiamo a raccogliere quei nostri frutti, lungamente attesi e seguiti, a cui abbiamo dedicato ogni tempo e cura, li troviamo con quella rosa di perline e lì per lì pensiamo a un lieve cambiamento, invece il frutto non è più quello che pensavamo, ma ospita un parassita sfrontato. Anche la poesia può sembrare ancora sana mentre ospita l’ignavia delle rime facili, delle non rime, dei singulti sentimentali r rassicuranti, o un’acquiescenza alla violenza che non sappiamo sia violenza.