Archivi del mese: marzo 2012

Fornero Elsa, una paccata di ministro?

La ferrigna Fornero ben presto s’asciugò la lacrima d’esordio e iniziò a predicare massime moralistiche perfettamente allineate con il pensiero di “voi siete voi e io so’ io”; da lei abbiamo infatti appreso nuovi significati che hanno rivitalizzato i vecchi significanti.
Ad esempio licenziamento per motivi economici significa che  chi ti licenzia si salva, e modificare senza stravolgere equivale a zitti e mosca; non solo, ma dire sono dispiaciuta è la stessa cosa che dire
ma come ti permetti? Da Elsa abbiamo anche appreso che la politica è un intrattenimento televisivo e i politici sono incapaci, imbelli e ignoranti visto che, sostiene Fornero, “siamo stati chiamati noi tecnici perchè i politici non erano riusciti
Grazie, perciò Fornero che ci ammaestri e risolvi i nodi quotidiani.
Il tuo lessico è un’irta foresta di contorti labirinti chic-strafottenti citabili a caso:
scelte dure, ma eque
modifiche sì, stravolgimenti no
concordia ricercata, senza esasperazione
riforma seria, senza cedimenti
sull’articolo 18 non si cede.
Tra i lemmi ricorrenti “cedere” e “cedimenti”.
Eppure un cedimento l’ha avuto Fornero Elsa, provvisoriamente ministro. Quella paccata, non proprio elegante l’ha reso umana, quasi plebea dimostrando che anche il sussiego è volgare, nonostante tutto.
Paccata, ma lei lo sa perché a scuola era la prima della classe, vien da paccare (*), ossia “tastare palpare con particolare riferimento ai glutei. Apperò Elsa.
“Vogliono soldi? Dategli una paccata di brioche”.  E la storia insegna. 

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(*) cfr: Salvatore Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, vol XII. Ed Utet

Il talk-show, l’anchorman e la fregatura mediatica.

Penso alle trasmissioni, per dir così, “democratiche” alla Santoro, Floris, Lerner: quelle interessanti, attuali, progressiste (lasciamo perdere il reverendo Vespa, di cui tacere è bello)
Guardiamole come fossimo a teatro:
Personaggio-protagonista : IL BRAVO GIORNALISTA detto anche anchorman (che fa rima con superman).
Personaggi-principali : i politici, i sindacalisti (non voglio scrivere cosa penso di questi ultimi), gli esponenti della finanza e i tecnici dell’economia
Comparse ghost : qualche dimesso esponente del “popolo” che può parlare per pochi secondi, poi viene fatto sparire, dal microfono impugnato saldamente da un intervistatore di fiducia dell’anchorman.
Personaggi Spettatori tipo a presenti sul palcoscenico : la claque dei Personaggi principali sunnominati…
Personaggi-Spettatori tipo b Virtuali “interattivi”: i twitteriani con account, che però possono solo scrivere 140 caratteri sperando di vederne citati 40 (quando gli va bene) e i facebookiani regolarmente registrati cui è consentito esprimere il classico mi-piace/non-mi-piace sulla domanda del sondaggio preconfezionato e stop.
Spettatori tipo c televisivi-passivi : quelli che Via con lo share! quelli che… guarda come dondola.
L’azione della pièce : la vicenda si svolge sulla scena ove si declamano i travagliosi argomenti riguardanti solo gli spettatori del tipo a, b, c (crisi, disoccupazione, emarginazione, esclusione, mutui non pagati e suicidio) e non quei fortunati italiani che accompagnano Fornero a scegliere le scarpette alla boutique.

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Il personaggio principale anchorman-supersuperman parla per oltre il 70% del tempo televisivo, concede o toglie la parola, fa le domande, gestisce il filo del discorso, ammonisce e bacchetta, segue inesorabile il suo copione o scaletta: tutto preconfezionato.
I personaggi NON a,b,c) parlano su chiamata, hanno il tempo contingentato, circa il 15% della trasmissione (il resto va in pubblicità): in alternativa si azzuffano, ma in compenso l’anchorman-superman gli castra, ad arbitrio personale, la parola chiedendo alla regia di spegnere i loro microfoni.
La claque applaude o annuisce/dissente vistosamente a comando del capo-claque (è la prassi, si è sempre fatto così dai tempi di Goldoni per lo meno).
Le comparse ottengono di parlare per meno del 2% del tempo rimanente, sono sottoposti a severi rimbrotti e risatine, una specie di mobbing-se-parli e devono pure ringraziare.
Gli spettatori del tipo  b – virtuale si scalmanano sulla tastiera, ottenendo una sintesi in 8-10 parole “Su web la prevalenza dei commenti è favorevole/contraria“.
Gli spettatori tipo c televisivi-passivi aprono,in pigiama, il sacchetto delle noccioline, s’incazzano e si sfogano sputando i gusci delle noccioline sul display al led. E vanno a dormire sognando la ghigliottina.

Mi chiedo: ricostruzione a parte (e ognuno la veda come vuole) pare sola a me una presa in giro? Pare solo a me che se la suonano e se la cantano da soli e alla faccia nostra? Pare solo a me che gli sgommati siamo noi che li manteniamo tutti?

(nb: le statistiche del mio post sono a occhio e croce e non a peso e misura, conta la sostanza)

Se gli insegnanti non cambiano corrono il rischio di non aver più nulla da insegnare.

verso il domani, con energia pulita“Cambiare si può, subito e comincino gli insegnanti”. Questa la sintesi che scrive G. Marconato, già autore di un post su “Il bravo Prof”, in una discussione che si sta svolgendo nel network La Scuola che Funziona.
E’ da un pezzo, almeno tre anni, che alcuni di noi tra LSCF, post su Blog didattici o personali, social network e così via diffondono questo messaggio.
Potrebbe essere addirittura questa, e provo a dirlo in attesa di rielaborazioni o riscontri, lo sviluppo del “Manifesto degli insegnanti fase due”.
Aggiungo che anche i silenzi, le non risposte, la non partecipazione, il lasciar cadere i discorsi sono altrettanti modi per comunicare. E per dire che non si intende cambiare. Riflessioni, le nostre, che emergono anche da discussioni intorno all’identikit de “Il bravo prof” che stiamo analizzando per farne esperienza e provvista del cammino verso il domani.
“Cambiare si può, subito e comincino gli insegnanti” riassume lo spirito e le motivazioni: un’affermazione sospesa tra riflessione e provocazione, ma che non vuole e non dev’essere un boomerang che ci si riavvita attorno tornando al mittente, anche se il rischio c’è. Ma senza rischio non c’è nemmeno vita intellettuale.
Appare abbastanza chiaro che il cambiamento non sarà quello annunciato da una cometa, ma è il costruire mattone per mattone, anche con vecchi mattoni quando servono, ma con un modo di pensare e di proporsi diverso.
E chi invece si arroccava ieri, o oggi ancora si aggrappa a certezze relative al suo particolare, è già nell’archivio, anche se non se ne vuol rendere conto. Se si vuol progredire occorre cambiare, ma non si cambia se non ci si mette in discussione. Lo scrivo per me, lo scrivo come un promemoria. Lo scrivo perché posso dire di aver sempre imparato di più nel confronto che nell’accumulo.

La scuola, gli insegnanti possono cambiare la realtà perché hanno di fronte le nuove generazioni: sta a loro aprirsi alla relazione, al dialogo; attivare il contatto che trasmette e riceve. E’ di chi insegna, non della lontana galassia “istituzione” la responsabilità pesantissima di trasmettere non nozioni, ma la capacità di usare e inventare strumenti sempre nuovi.
Se gli insegnanti non cambiano corrono, invece, il rischio di non aver più nulla da insegnare.