Mi sono spesso chiesta perché le ragazze e i ragazzi che odiano fare il tema, non perdono occasione per scrivere le loro parole altrove: non solo nel diario o con gli sms, ma spesso nei loro blog e nei social network. E non solo: scrivono poesie, coniamo slogan, lanciano nella lingua viva e vissuta modi di dire che diventano di uso comune, titoli di film o di romanzi. Insomma loro dicono, parlando e scrivendo, ciò che sono, sentono, provano, sognano; esprimono i loro sentimenti, le rabbie, le ansie, i desideri. Lo fanno con le loro parole, le scrivono, ma non nel tema. Non è facile dar loro torto.
Il tema è imposto da un o una insegnante che ha già in testa tutto: quello che vuole sentirsi dire, il modo in cui deve esser detto, il tono con cui pretende sia espresso. Un ragazzo è polemico e diretto?
Errore! Deve essere moderato ed equilibrato.
Una ragazza è esplicita e sincera?
Errore! Deve esprimersi con moderazione ed equilibrio.
Ragazzi e ragazze pretendono di dire quello che pensano davvero?
Doppio errore: devono esprimersi in modo equilibrato e corretto, essere in sintonia con quello che c’è nel cervello all’insegnante ed omologarsi.
E siccome non possono quasi mai farlo, allora odiano il tema. E continueranno per tutta la vita a sentirsi a disagio se devono scrivere qualcosa che esca dalla loro cerchia fidata. Come dargli torto? Forse la nemesi li potrebbe liberare? E se diventassero insegnanti? Meglio non pensare alle conseguenze.
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Maria Serena Peterlin
Ascolto, osservo e leggo. Mi interesso di letteratura. Mi occupo di formazione, scuola ed educazione. In questo blog parlo soprattutto di problematiche giovanili e di interessi culturali e questioni di attualità. Pubblico qui i miei scritti, racconti, ricordi, foto e disegni e le mie libere parole-
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Mariaserena
la vita al tempo del coronavirus
Verissimo, guai poi a trattare di letteratura, politica o storia in modo che non è quello “che vuole il prof.”… il voto si pianterà sul mitico 6– fino alla fine dei tempi!
Sanno per esperienza che la scuola non chiede loro di essere e così si chiudono a riccio. Purtroppo. Un caro saluto. Pietro.
Un paio di cose. La prima è che – per mia esperienza – la maggior parte degli alunni non odia affatto fare il tema, anzi.
L’altra, che mi pare cruciale, è che il tema è un genere letterario, e proprio per questo non può né deve essere sempre (e sottolineo: “sempre” – il che implica viceversa che lo possa e debba essere “talvolta”) qualcosa di spontaneo e diretto. Fare il tema significa imparare a usare – in forma scritta, ma che poi viene utile anche all’orale, e dunque nella vita tutta – le parole a seconda di contesto, situazione, argomento, destinatario, scopo, volontà/possibilità di dire.
Significa insegnare loro ad educare la loro voce in modo che possa rispondere a tutte le necessità. Significa ricordare loro che l’essere umano è dotato del linguaggio, e che il linguaggio è la forma privilegiata di relazione, e che proprio per questo dobbiamo imparare a riconoscere quale sua modulazione sarà più adatta e completa a ogni singola situazione.
Spiegata così (e conosco molti colleghi che, grazie al cielo, lo spiegano in maniera tecnica e professionale, così), i ragazzi scoprono che, guarda un po’, scrivere temi è un esercizio che torna utile anche per convincere mamma e babbo a farli uscire, per parlare con qualcuno cui tengono nel modo migliore, per ottenere ciò che desiderano.
Non lo prendono, cioè, come un esercizio di “spontaneità” per cui devono essere “ispirati”. Ma come la necessaria scuola guida che devono fare per prendere il patentino.
E si incuriosiscono.
E si divertono.
E funziona.
Buongiorno povna,
Non ho scritto “tutti” i ragazzi, ma avrei potuto anche scrivere “anche quelli che odiano il tema.. ”
Tuttavia non pensi che dipenda anche dal tipo di scuola e da tante altre variabili?
Tu dici ” il tema è un genere letterario” io non sono molto d’accordo. Credo sia un’esercitazione di lingua scritta (in italiano).
Il discorso sulla spontaneità? Secondo me dipende anche dall’argomento.
Ma il discorso è un po’ più complicato.
Chiaro che la spontaneità dipenda dall’argomento, l’ho detto anche io (la differenza tra “talvolta” e “sempre”). In ogni caso però non sarà spontaneità: sarà la capacità anche di usare la forma espressiva della spontaneità in un discorso finzionale.
Anche sulla questione del genere letterario (e come avrai colto, citavo da un celebre autore di manuali per la scuola) mi pare che tu mi abbia risposto la stessa cosa: Il tema è un genere letterario, la cui definizione comprende facilmente le parole “esercitazione in lingua scritta (nella quale si insegna a costruire un discorso armonico e diverso a seconda delle consegne richieste su vari ambiti. Esso può essere a sua volta diviso in sotto generi che dipendono da quale forma assume l’esercitazione… etc). Non concordo su “in italiano” (è un genere che esiste anche nei maggiori sistemi scolastici europei e nord-occidentali).
Concordo anche sul discorso complicato. Che era per l’appunto il senso del mio commento.
Sono stata un po’ veloce nel rispondere perché oggi festeggiamo la nipotina che ha compiuto 9 anni e stavano arrivando tutti qui; ho scritto “in italiano” perché mi riferivo alla nostra scuola.
Rifletto un po’, e torno.
🙂