Archivi del mese: Maggio 2010

OFF TOPIC: vecchio paracarro, non mi fai paura! di Mariaserena Peterlin

Tra blog, ning e social network, insomma curiosando e girellando su rete capita di partecipare a discussioni ed incontrare anche qualche barriera, come uno dei vecchi paracarri delle statali.
Sorprende come anche la regina viarum della netcomunicazione ne senta la necessità.
La rete di per sé collega. Il collegamento, il netcollegamento, supera la distanza, anzi se ne infischia, almeno fin dove liberamente si libra.
Ed allora se accada che chi ascolta non risponda a tono si è proprio sicuri che sia lui a stonare?
Se invece desse luce e avvertisse che c’è altro, perché non prendersi il tempo di osservare?
Invece c’è chi cerca e vuole il paracarro, quello che segna il margine della netstrada.
Ciò ha naturalmente senso se l’uso utilmente lo richieda.
A volte invece l’uso ne è strumentale e burocratico: dunque potrebbe essere un esercizio di potere.
Ed allora lo slogan  è esplicito e il tono saccente: “stiamo andando off topic”. Rasoiata.
Ma l’off topic sa di muffa.
Consigli non ce ne sono. 

 
 

Se lo si sente evocare sarà bene osservare bene il contesto.
Il dubbio può aiutare a distinguere il potere dalla ragionevolezza.
Off topic? Non mi fai paura. Rispetto il codice, ma mi scelgo la strada.

Imparare insieme: ecco un lavoro ben fatto – di Mariaserena Peterlin

Dalla collaborazione tra le ragazze e i ragazzi di Prima Media e i loro bravi docenti scaturisce (è il caso di dirlo considerato anche l'argomento di cui si parla) non solo un bel prodotto didattico, ma il primo premio al Concorso ECOREBEL.

Tutte le spiegazioni e la narrazione dell'impresa QUI 

Ed ecco il prodotto
 

http://dailymotion.virgilio.it/swf/video/xdgpc8

Anche i prof imparano, dai loro ragazzi – di Mariaserena Peterlin

IMPARARE, DAI NOSTRI RAGAZZI

alunne

Ho imparato da te molte cose ragazza mia..
E mentre ti scrivo vedo il tuo viso perplesso e i tuoi occhi curiosi, vedo i tuoi capelli che scendono sulla fronte mentre ti chini sul diario dove scrivi e disegni mentre io parlo con tutti e ciascuno; vedo le tue spalle nascondersi dietro al compagno del banco davanti, vedo il tuo banco sparso di quaderni e le mani veloci che nascondono uno specchio nell’astuccio.
Ho imparato molte cose da te che della vita avresti dovuto saperne meno di me. Ma non era sempre così.
Per questo ti penso spesso e se mi capita sono felice di rincontrarti, anche in un sms o in un social network dove metti le tue foto di adesso, quelle delle tue esperienze e del tuo lavoro, quelle dei tuoi attimi di riflessione o quelle di cose e persone, quelle delle tue facce buffe e serie e, qualche volta, quelle dei  tuoi amori o dei tuoi bambini.
Vedo che per te le cose che sapevi (e io di te non sapevo) germogliavano e si facevano strada, capisco che le tue spalle chine sul compito, il tuo ripassare frettoloso, le occhiate dei vicini di banco, le incomprensioni con le amiche, le grossolanità di qualche compagno, gli sguardi troppo indugiati di qualche adulto (che ho odiato difendendotene) vedo che tutto questo non ti ha cambiata, ma ti ha fatta crescere.
Ti vedo, come fosse oggi, nel tuo banco, ansiosa per una interrogazione di matematica; ti vedo felice programmare la gita, ti vedo addentare la pizza a quindici anni e raccogliere le gocce di yougurt a diciotto, ti vedo sempre più bella e curata; ti vedo crescere e imparare a capire; ti vedo rinunciare a ciò che è anche troppo facile credere ed accettare per uscire dalla schema.
Vedo soprattutto i tuoi occhi illuminarsi: “Ho capito! ecco perché… ecco cosa intendeva prof”. E sento il tuo abbraccio un po’ timido: “grazie!”
Quanto ho imparato da te ragazza mia, quante cose che la mia vita non aveva nemmeno sfiorato: quante verità che noi corazzati e pieni di noi stessi vogliamo ignorare per affermare delle irrinunciabili ma presunte verità.
Per me tu sei sempre quella ragazza che mi ha guardato negli occhi: prima curiosa, a volte contrariata, diffidente; poi più attenta e ironica, poi finalmente fiduciosa. Tu sei stata quella che trovava la parola giusta per il compagno intrattabile e violento o che frenava quello aggressivo, ma che non sopportava le ingiustizie. E lo sapevi spiegare anche a me.
Sei quella che ha gettato un ponte verso il suo futuro portandosi nel cuore tutto, tutto.
Grazie piccola amica. Quanto ho imparato da te. Grazie.

QuintaA_dic_2003Ho imparato tanto anche da te, ragazzo.
Ci siamo incontrati nella tua adolescenza che volgeva all’età adulta: né bambino né uomo e nemmeno adolescente. Un miscuglio disordinato e caotico alla ricerca di sé.
Un magma impetuoso e trattenuto, che solo a tratti trovava la sua strada.
Quanto ho imparato di come si diventa grandi osservando quello che ai più sembra solo insofferenza, irritabilità e incoerenza.
Forse tu sapevi più quello che non volevi di quello che volevi.
Ma non eri disposto a trattare su nulla.
Ho amato l’ostinato difendersi della tua libertà ed ho temuto la tua imprudente voglia di provare tutto. Ho capito che non avresti mai potuto rinunciare alle tue sfide, e ho visto che disprezzavi quelli che si piegavano per interesse.
Ho imparato che per te la prepotenza incitava al confronto e  il sussiego era una manifestazione del ridicolo; ho capito che avevi ragione a giudicare “un buffone” chi ammannisce ai ragazzi una vecchia cultura svuotata.
Ho imparato che non ti lasci ingannare, e che il tuo istinto ti guida dove l’esperienza ti manca.
Ho imparato che quell’istinto ti fa afferrare per la gola la menzogna, ma si sa intenerire di fronte alla sincerità dell'affetto.
Ragazzo mio ti vedo; come se fossi adesso qui nel tuo banco dove non sapevi stare da solo e che trascinavi rumorosamente per accostarti agli altri.
Ti vedo mentre insegui quello che c’è fuori: attratto i rumori e le luci che entrano dalle finestre. Per te la scuola non era mai tutto, per te la tensione era sempre verso l’oltre, il fuori; verso quello che c’è oltre le mura e le porte chiuse.
Ti vedo e capisco che avevi ragione tu: cercare e tendere all’oltre.
Oltre, sì oltre, ci sono le passioni e i desideri forti, quelli che inseguivi e che spero continuerai ad inseguire sempre.
Questo, e molto altro, ho imparato da te, ragazzo fino a ieri disordinato, caotico e prepotente, e poi all’improvviso perso e di nuovo ritrovato. Uomo.
Grazie ragazzi.

Che finisca da ieri il potere della carta – di Mariaserena Peterlin

…che affondino le piroghe cartacee ! 

 

Che al più presto si eliminino la carta ed i libri di carta!
Che in questo modo finisca uno degli assedi del vecchio mondo
all'intelligenza connettiva e alla riflessione collettiva.

Si concluda finalmente il potere dell'editoria: per morte naturale.
Per disfacimento da corruzione.
 
Si deve fare a meno  di quella mediazione, di quella raffinatezza ipocrita, e di quel tipo di stampatore ed editore che crede nel suo sopraffare con un sì o con un no, con un come o con un modo.

Venga dunque la fine di quel POTERE, malattia della libertà di pensiero.

Vogliamo esattamente l'opposto: il dire-parlare-trasmettere.
Il verificare se stessi nell’ascolto-ricezione-comprensione dell’altro.
Come una voce chiama un'altra voce che risponde.
Come una luce che pulsa solare.
Come un messaggio netto.
Come una parola pensata da soli.
Come una suggestione senza fine.
Come una stagione che si avvicenda naturalmente ad un’altra.

Questo, solo per cominciare.

Questo perché siamo finalmente creatori
come chi fa
e non ha bisogno di editor
e non chiede se deve
correggere
mediare
sottintendere o alludere
far riscrivere
e strisciare
e perdere sé.

L'uomo deve 
riprendersi 
la parola.
 
Il verbo: lucido e veloce, vertiginosamente moltiplicato.

Questo sarà.
Da ieri.



Aggiornamento del 4 dicembre 2010: Ho partecipato con questo post a una pubblicazione del Netfuturismo.
La mia partecipazione, esclusivamente culturale, a quel movimento si è definitivamente conclusa il 27 Novembre 2010 giorno in cui ho comunicato per email ai membri del movimento che non ho più intenzione "né di seguire né di intervenire sulle iniziative in cantiere o gli ulteriori sviluppi dai quali evidentemente sono, anche per la mia formazione ( che è letteraria e pedagogica), culturalmente estranea."