
Cosa troviamo nella scuola d’oggi?
Accanto a proposte didattiche di vera innovazione assistiamo anche alla ri-proposizione di modalità didattiche di vecchio stampo. Non che la scuola italiana sia cambiata e che la didattica trasmissiva abbia lasciato il posto a una didattica attiva, collaborativa, cognitivamente attenta …. tutt’altro!
Le vere innovazioni non sono mosche bianche; sono quantitativamente significative e dimostrano il valore aggiunto di quelle pratiche ma, nella sua grande massa, la scuola italiana è ancora quella della didattica trasmissiva, della pedagogia di 50 anni fa. La scuola italiana sta ignorando, nella sua parte più consistente, il contributo della ricerca pedagogica e didattica di questi ultimo vent’anni.
Quello che sta cambiando, oggi, è il messaggio “politico” che viene rivolto alla scuola. Per anni il messaggio è stato “innovate, provate approcci nuovi” con quei (pochi) buoni risultati che vediamo.
Il messaggio oggi cambia ed è diventato “basta innovazione, ritorniamo alle buone vecchie pratiche didattiche del passato”.
Accompagna questo messaggio l’attacco ai pedagogisti contemporanei rei di aver portato alla rovina la nostra scuola, l’attacco all’attenzione che viene posta da chi si occupa di scuola alla “metodologia” come se chi opera nella scuola non dovesse basare le proprie pratiche su un qualsiasi metodo .
Solo agli sprovveduti non appare chiaro il contenuto vero di messaggio che è: "non state lì a pensare a NUOVE metodologie, fate come avete sempre fatto; se si è sempre fatto così un buon motivo ci dovrà pur essere. Non domandatevi come insegnare, non domandatevi se il vostro insegnamento va bene e se va cambiato. Affidatevi al vostro buon senso … basta grilli per la testa”
Che, tradotto, in un linguaggio un tantino più professionale dice: “ Fate affidamento sulle vostre teorie implicite, non sfidatele, non riflette sulle vostre pratiche, non c’è bisogno di alcun cambiamento concettuale”.
Il messaggio è, quindi, un chiaro invito “politico” alla conservazione didattica, un’esortazione affinché anche il mondo della scuola dia il proprio contribuito all’insediamento e al rinforzo della cultura conservatrice imperante.
Riteniamo sia necessario reagire a questa cultura e di farlo con urgenza. Si potrebbe parlare di“linee e prospettive per la professione docente dell’età della nuova comunicazione?”
Costatiamo, di fatto, che:
a) le nuove comunicazioni SONO nella quotidianità dei nati (nativi?) da zero anni in avanti
b) le famiglie stesse hanno già una diversa modalità di confronto anche con tutta la realtà: scuola e insegnanti compresi.
Rispetto alla realtà mutata, scuola e insegnanti hanno già trovato una propria, autentica e autonoma prospettiva rispetto a tutto questo?
Per capirci: pc e lim vanno bene (o non) per applicare … ma c’è solo questo? L’insegnante è ancora rappresentante – unico e depositario del sapere extra-famigliare o il suo ruolo si modifica?
Ci chiediamo se come insegnanti non sia possibile e necessario tener conto anche di una prospettiva progettuale che accetta la sfida della realtà.
La classe insegnante ha una propria proposta da rivolgere agli studenti, alle famiglie, alla società?
Una proposta autonoma, originale, consapevole, professionale?
Non una “proposta” di mera reazione a un’evidenza che non può essere ulteriormente ignorata. Non una risposta difensiva, dovuta, obbligata: ma una proposta vera quale gli insegnanti, un gruppo sociale di intellettuali connesso a problematiche fondamentali per i giovani, e non solo, che intende giocare il proprio ruolo nella società, non può non elaborare.
Avvertiamo questo problema?
Cosa proponiamo?
Coi piedi per terra e gli occhi e occhiali puntati sugli attuali interlocutori della scuola.
Riusciamo ad andare oltre la solita stereotipata immagine che noi stessi contribuiamo a dare di noi stessi quando ci definiamo pessimi, disadatti, , malpagati, mediocri, bravini, ottimi, eroi …?
Evitiamo di farci lezione reciprocamente. E’ faticosissimo
Su questo tema è aperta una discussione in La scuola che funziona
post scritto a 4 mani e 2 teste da Gianni Marconato e Mariaserena Peterlin