Archivi del mese: marzo 2010

OLTRE LA PEDAGOGIA DEL GREMBIULINO di Mariaserena Peterlin e Gianni Marconato

 

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Cosa troviamo nella scuola d’oggi?

Accanto a proposte didattiche di vera innovazione  assistiamo  anche alla ri-proposizione di modalità didattiche di vecchio stampo. Non che la scuola italiana sia cambiata e che la didattica trasmissiva abbia lasciato il  posto a una didattica attiva, collaborativa, cognitivamente attenta …. tutt’altro!

Le vere innovazioni non sono mosche bianche; sono quantitativamente significative e dimostrano il valore aggiunto di quelle pratiche ma, nella sua grande massa, la scuola italiana è ancora quella della didattica trasmissiva, della pedagogia di 50 anni fa. La scuola italiana sta ignorando, nella sua parte più consistente, il contributo della ricerca pedagogica e didattica di questi ultimo vent’anni.

Quello che sta cambiando, oggi, è il messaggio “politico” che viene rivolto alla scuola. Per anni il messaggio è stato “innovate, provate approcci nuovi” con quei (pochi) buoni risultati che vediamo.

Il messaggio oggi cambia ed è diventato “basta innovazione, ritorniamo alle buone vecchie pratiche didattiche del passato”.

Accompagna questo messaggio l’attacco ai pedagogisti contemporanei rei di aver portato alla rovina la nostra scuola, l’attacco all’attenzione che viene posta da chi si occupa di scuola  alla “metodologia” come se chi opera nella scuola non dovesse basare le proprie pratiche su un qualsiasi metodo .

Solo agli sprovveduti non appare chiaro il contenuto vero di messaggio che è: "non state lì a pensare a NUOVE metodologie, fate come avete sempre fatto; se si è sempre fatto così un buon motivo ci dovrà pur essere. Non domandatevi come insegnare, non domandatevi se il vostro insegnamento va bene e se va cambiato. Affidatevi al vostro buon senso … basta grilli per la testa”

Che, tradotto, in un linguaggio un tantino più professionale dice: “ Fate affidamento sulle vostre teorie implicite, non sfidatele, non riflette sulle vostre pratiche, non c’è bisogno di alcun cambiamento concettuale”.

Il messaggio è, quindi, un chiaro invito  “politico” alla conservazione didattica, un’esortazione affinché anche il mondo della scuola dia il proprio contribuito all’insediamento e al rinforzo della cultura conservatrice imperante.

Riteniamo sia necessario reagire a questa cultura e di farlo con urgenza. Si potrebbe parlare di“linee e prospettive per la professione docente dell’età della nuova comunicazione?”

Costatiamo, di fatto, che:
a) le nuove comunicazioni SONO nella quotidianità dei nati (nativi?) da zero anni in avanti
b) le famiglie stesse hanno già una diversa modalità di confronto anche con tutta la realtà: scuola e insegnanti compresi.

Rispetto alla realtà mutata, scuola e insegnanti hanno già trovato una propria, autentica e autonoma prospettiva rispetto a tutto questo?

Per capirci: pc e lim vanno bene (o non) per applicare … ma c’è solo questo? L’insegnante è ancora rappresentante – unico e depositario del sapere extra-famigliare o il suo ruolo si modifica?

Ci chiediamo se come insegnanti non sia possibile e necessario tener conto anche di una prospettiva progettuale che accetta la sfida della realtà.

La classe insegnante ha una propria proposta da rivolgere agli studenti, alle famiglie, alla società?

Una proposta autonoma, originale, consapevole, professionale?

Non una “proposta” di mera reazione a un’evidenza che non può essere ulteriormente ignorata. Non una risposta difensiva, dovuta, obbligata: ma una proposta vera quale gli insegnanti, un gruppo sociale di intellettuali connesso a problematiche fondamentali per i giovani, e non solo, che intende giocare il proprio ruolo nella società, non può non elaborare.

Avvertiamo questo problema?

Cosa proponiamo?

Coi piedi per terra e gli occhi e occhiali puntati sugli attuali interlocutori della scuola. 
Riusciamo ad andare oltre la solita  stereotipata immagine che noi stessi contribuiamo a dare di noi stessi quando ci definiamo  pessimi, disadatti, , malpagati, mediocri, bravini, ottimi, eroi …?

Evitiamo di farci lezione reciprocamente. E’ faticosissimo

Su questo tema  è aperta una discussione in La scuola  che funziona

post scritto a 4 mani e 2 teste da Gianni Marconato e Mariaserena Peterlin 

Padri, figli e… educazione? di Mariaserena Peterlin


Stamattina ero dal meccanico, aspettavo che mi restituissero l’automobile.

Accanto a me c’era un uomo: quaranta circa, occhiale scuro ecc;  parlava al cellulare. Anzi non parlava, urlava aggressivo:

"Fai come ti pare, tanto di te non mi fido più, mi ha preso per il c… già troppe volte; hai capito? Mi hai preso per il c…! Adesso che fai? Vuoi cambiare scuola?  Ma che vuoi da me? Ah allora quest'anno è perso? Dì a tua madre che ti iscriva dove le pare! Fate come vi pare!! Io non lo voglio sapere! Io mi sono stufato! NO! La colpa è tua! … non mi fido di te! E quella volta che le hai dato un calcio in faccia? Eh? allora? Non me ne frega niente! Fai qualunque cosa a me non me ne frega! Vuoi scappare di casa? Scappa. Hai capito: a me non mi frega niente! Basta! Fai quello che ti pare!….. Non sono incazzato! Ci sono altre cattive notizie?
Ciao Thomas. "

Come faccio a ricordare tutto il dialogo?
La domanda semmai è come faccio a dimenticarlo.
Il clima è questo, inutile nasconderlo.
E dietro questo dialogo non credo ci siano nemmeno storie tanto originali o insolite o strane.
Semmai strano è che chi si occupa di istruzione o educazione spesso si comporti come se su queste realtà si potesse incidere con un ritorno al passato.
E che si continuino a fare discorsi di buona educazione, come se fosse tutto, come dire… “normale”…

SCHEMI MENTALI (INFRANGIBILI) di Mariaserena Peterlin


Schemi, abitudini, affezioni.
Forse vibrazioni
a volte le emozioni.
Piace, non piace.
Parlare e riparlare.
Ruotare e ritornare:

“Langue l'evoluzione
o la circonlocuzione?
E… la rivoluzione?
Ma solo su se stessa
dottore o dottoressa!”

“Ma… solo su se stessa
con chi ci da ragione
oppure con se stessa
si mette
in discussione?”
 

Rompere lo schema
rompere certezze
mettere il naso fuori
e annusare le brezze.

Tornare
per guardare di nuovo
scoprire e rivedere
ch’è tutto nel paniere.

Tralà tralà tralà.

Trakà trakà trakkàkkkkà
 

Sto bene con me e me ne infischio di te me: generazione egoismo? di Mariaserena Peterlin

PENSARE PRIMA A SE STESSI PUO' FAR MALE ?


Oggi la tastiera va a scrosciare sulla generazione – genitori.
Sulla generazione studenti & figli si parla tanto da sfinire anche la tastiera più ribelle.
Sui genitori, categoria multi-generazionale onnicomprensiva e destinata alla realizzazione del sé si parla un po’ meno. 
Di solito se ne parla per stabilire, dall’alto dei tacchi 15 di Parietti e delle autorevoli tette parlanti di qualcun’altra Belen, oppure dalle basettone ripitturate di fresko di qualche immarcescibile semisplendido sessantacinquenne pseudo psicologo, che sì è importante realizzare se stessi ed è prioritario essere felici con sé, sennò ci si ammala, e che per crescere è giusto attendere il momento giusto per sé. 
E degli altri chissene.
Tastiere non vi allarmate.
Non sto proponendo un modello anni 50. 
Ma proprio no. 
Anacronistici e legnosi quegli anni.
Sto scrosciando su questo enorme ESSERE SÉ STESSI.
E sono alla ricerca di una spiegazione.
Essere se stessi significa mettersi la vita sulle spalle e la strada tra i piedi, significa tener presente che ci sono anche le altre persone oppure significa mi faccio i c… miei e me ne f… di voi?
Significa sentirsi parte di una realtà o usarla? 
Significa, per usare l’immagine di una bella creatura metaforica e naturale, che ci ha tenuto allegra compagnia ieri, covare o bersi l’uovo altrui?