Archivi del mese: marzo 2008

Una classe non amata.

(per te, Andrea e i tuoi perfidi amici)  Quinta Aut El 1989 Ricci
 
PREMESSA : Il titolo di questo post “Una classe non amata”, (o poco amata) è dovuto al fatto che queste righe dovrebbero essere l’inizio del mio secondo … libro.
Il primo è stato sulla V A Telematico, quella dell’ebook, classe improponibile e tellurica, ma affettivamente straordinaria, con cui avevo stabilito un legame irripetibile, intendo a livello di classe intera, e non solo di singole persone.
Il secondo sarebbe, se riuscirò a completarlo,su una classe che non ho amato molto in sé, anche se non ho avuto mai vero loro antipatie o rancori personali.  Questi ragazzi mi hanno fatto faticare moltissimo dandomi sempre l’impressione che avrebbe fatto, e senza troppo sforzo, di buon grado a meno di me.
Lo dico perché non racconto mai balle, e non la voglio fare troppo lunga.
Lo scrivo perché sono convita che un’esperienza sia tuttavia utile se raccontata con sincerità.
 
Cap 1. Parlandone come se fosse ora
 
Non date mai retta a chi dice di essere imparziale. Gli insegnanti non sono mai neutri di fronte ad una classe. Anche chi lo crede in buona fede, in realtà tenta solo di darsi una stabilità emotiva che vorrebbe ottenere ma che è molto distante da come realmente egli si sente.
E’ così: affrontare una classe ci destabilizza, mette in gioco, crea problemi.
Molte volte ho ricevuto genitori che mi invitavano : intervenga lei, ci parli, di lei ha stima e l’ascolterà. E promettevo e parlavo. Ma a sua volta il ragazzo e la ragazza mi aveva già spesso detto: io voglio bene ai miei, guai a che tocca mia madre, ai miei genitori non deve succedere nulla; ma non li sopporto, non mi capiscono: ci parli lei.
E’ uno dei casi in cui ti chiedi se tu lavori per insegnare una disciplina oppure se non abbia maggiori e più pesanti responsabilità.
 Anche perché insegnare una materia che rappresenta una nostra vocazione significa comunque sia aprirsi ai ragazzi, sia essere responsabili di fronte a se stessi, a quello che si sa, per averlo lungamente studiato e spesso amato, ma comunque scelto, e di cui percepiamo una complessità speciale non sempre omogeneizzabile e sbriciolabile fino al punto poter essere comunque distribuita e quindi resa assimilabile.
Proprio da questo deriva e discende che non si può essere neutri.
Non si può essere sufficientemente distaccati, o freddi, da recepire come indifferenti da un lato i comportamenti e le reazioni, dall’altro le espressioni, le sfumature degli stati d’animo, la diffidenza, la perplessità, e da un altro lato ancora l’eterno problema: quello del rapporto tra il gruppo dei volonterosi non troppo dotati con dei nullafacenti organizzati e indisciplinati, con gli intelligenti svogliati e la minoranza degli intelligenti, volonterosi e curiosi.
 
Attenzione che ognuno di questi gruppi è un problema a sé. Perché non è affatto detto che la piccola compagine degli intelligenti-volonterosi-curiosi non sia un problema; non solo perché sapendo di essere dalla parte del giusto si attendono una gratificazione che invece spesso non è somministrabile né opportuna, ma perchè sono esigenti e spesso insofferenti con gli altri compagni; e infine perché possono essere un incubo per quell’insegnante che non ha molta voglia di lavorare e quindi… li teme.
La classe di cui parlerò in queste righe era un mix classico degli elementi suddetti, e al suo interno c’era anche una leadership abbastanza indisponente. In questa classe io ero, o mi sentivo, un problema. Per loro ero troppo tutto: seria, determinata, intuitiva; e poco flessibile, poco ammiccante, poco disposta a patteggiare.
Però c’è una cosa che mi chiedo: io ero l’insegnante e vivevo la situazione in questi termini, mentre loro?

DIBATTITO SULLA SCUOLA ITALIANA

IL CONTRIBUTO DEL MOVIMENTO NETFUTURISTA
Dopo la catastrofe della politica fioroniana la scuola ha cercato di reagire anche con iniziative interessanti e concrete: ad esempio con il "Coordinamento Riqualificazione scuola pubblica" che chiede anche l’abolizione della famigerata ed inattuabile OM n. 92, quella sugli esami di riparazione e i debiti formativi (per mancanza di fondi, organizzazione e risorse). Ovviamente c’è stata la reazione immediata di una parte del mondo accademico e di intellettuali abituati a dettar sentenze pur ignorando la realtà sia del mondo giovanile, sia degli insegnanti sia della vita della scuola. Da qui il post “Scuola: gli innovatori e i reazionari” di Antonio Saccoccio. Una lettura stimolante e ricca di spunti di cui cito le prime righe invitando a proseguire la lettura nel suo blog:
Scuola: gli innovatori e i reazionari
A Roma e dintorni è finalmente nato il "Coordinamento Riqualificazione scuola pubblica", che ha tra le sue priorità la cancellazione immediata dell’O.M. n. 92 e il ripensamento globale delle strategie da individuare per il rinnovamento della scuola italiana. Che ne faccia parte un netfuturista è cosa fondamentale. Proverò in tutti i modi a portare avanti le nostre battaglie per una scuola aperta, dinamica, viva, critica, aprofessorale adogmatica apoliticizzata.
Il gruppo si è formato a partire da un’assemblea tenutasi al liceo Mamiani di Roma. Il progetto ha avuto una rapida risonanza e ha raccolto numerosi consensi.
E qui viene il bello.

Tema sul tema in tema

Ci sono cose che il tempo rende più belle, non voglio elencarle perchè per ognuno possono essere diverse.  ESAMI 4

Però posso indicarne una di mia, anzi del mio ex studente che incontrate qui quando commenta con il nickname di MAX BROD e che ha scovato e ripubblicato un suo tema, anzi un compito in classe di Italiano che io avevo assegnato e di cui lui evidentemente ha conservato la copia. (Anche perchè nella Maxisperimentazione dell’Arangio Ruiz non eravamo obbligati a consegnare alla Segreteria i compiti in classe.)

Perciò gli dico : "Dio ti benedica MaxBrod, per la gioia che, confesso commuovendomi, tu mi hai dato conservando e riconsegnandomi quel tema."

Peccato che tu non abbia fatto Lettere, ma comunque sarai comunque sempre uno scrittore di quelli che sprigionano emozioni e pensieri.

Ecco qui il link per leggere il TEMA di MaxBrod; vi potrebbe stupire anche il titolo…  (l’ho dato io? Ebbene si; mai stata una troppo convenzionale)

Splinder (27/03/2008) Ci sono cose che il tempo confina in te, ci sono fatti, immagini, sogni, che l’ipocrisia ti impedisce di dire e c’è un colmo interiore, un gas che tenta di uscire. C’è l’illusione che questa società possa farti parlare, ma ti accorgi che le tue parole s’infrangono nell’aria notturna; rimani ore a parlare con la tua città, finché riversi gocce del discorso su di Leggi ancora

 

(altra cosa: il blog su cui leggerete il tema è stato creato apposta per pubblicare poesie, racconti, storie e tutte le opere genuine del nostro ingegno. Se volete contribuire scrivetemi, vi invio l’autorizzazione a postare.)

Ognuno col suo viaggio…

Breve viaggio intorno al RAVE

Conosco i rave dall’esterno, ovviamente.
Ma di racconti di prima mano da qualcuno dei miei reduci ne ho sentiti tanti, e non solo di quelli che raccontano i giornalisti che si documentano sul web.
E un coma etilico+pasticche l’ho visto e seguito di persona.
Aggiungo una riflessione che deriva proprio dall’ascolto e dall’osservazione, ma anche da commenti a quanto ho scritto sull’argomento.
La riflessione riguarda il perché.
I ragazzi che partecipano ai rave parlano “di libertà, di una condivisione totale, di sentirsi un insieme coeso. Chiaramente poi ci sono le droghe, la musica assordante, lo sballo totale, segni di difficoltà ad essere soddisfatti” 
(cito dal commento di Maxbrod qui sulle Notecellulari)
 
Ed è questo il punto. La ricerca della felicità è sostituita dalla ricerca della soddisfazione, ossia di una sorta di appagamento.
Ma la felicità non è, e non può essere appagamento, questo mi sembra ovvio: semmai è una proiezione, uno slancio, un atto di generosità che si completa nel dare-avere, in tutti i campi della nostra vita.
Invece nella droga un ragazzo cerca di suscitare proprio in se stesso una soddisfazione completa; è come se qualcosa mancasse dentro di lui; ed è come se lui volesse aggiungere od agguantare quel qualcosa tramite sostanze chimiche o vegetali. Invece dovrebbe guardare fuori e intorno a sé e aprire le mani alla vita.
 
Seguendo questo pensiero mi sono venute in mente le parole di un’antica canzone di Vasco Rossi:  un cantante in cui i ragazzi si riconoscono e celebrano, non dunque un emblema di morigeratezza, ma forse di sincerità sì. Rossi già in Vita Spericolata (1983) aveva graffiato questa realtà con parole che sembrano esaltarla, ma invece ne mettono a nudo la solitudine.
Oppure non c’incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Ognuno col suo viaggio ognuno diverso
Ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi..
 
Ecco perché penso che il viaggio nel rave, non può davvero soddisfare nessuno, e non può essere considerato altro che una disperante richiesta di “sentirsi un insieme coeso”, mentre poi ognuno si ritrova dentro al suo viaggio, ancora più solo.
Fino a morirne.