Lezione sul Cantico delle Creature
E’ giovedì ed è la settima ora. Come dire l’ultima spiaggia. Come dire un brandello di lezione da agitare a mo’ di saluto prima della partenza verso casa, come dire "ci dovrebbero ringraziare i professori che siamo qui da sei ore e non abbiamo ancora incendiato la scuola, mica vorranno anche far lezione per davvero?"
Invece proprio perchè la classe non si trasformi in un centro sociale autogestito entro nell’aula seria ed annuncio:
– Ragazzi la lezione di oggi sarà seguita da una verifica scritta sugli stessi argomenti che spiegherò.
Una delle Silvie alza la testa dal banco dove era impegnata riordinare il bagaglio scolastico in previsione dell’uscita e:
-Come come? – Chiede incredula.
– E’ molto semplice. Spiegherò un argomento e su questo stesso ci sarà un compito.-
– Che è? Per farci stare attenti per forza?- Interviene Riccardo con la solita aria schifata.
– Anche, ma soprattutto vorrei verificare la vostra capacità di ascoltare!-
– Come sarebbe a dire, che siamo sordi?- Aggiunge Edoardo che ha capito, come sempre, tutto.
– Ma che stai dicendo… – rispondo cercando di non innervosirmi – Ad esempio, quando spiego non guardate mai verso di me, non chiedete spiegazioni e sembra che non capiate nulla…-
– Però non è vero! sentiamo tutto, ma che oggi è arrabbiata per caso? – Aggiunge Luca.
Luca è un estenuante seguace di Vasco, si stava già per alzare dal banco chiedendo per la trentanovesima volta nella mattinata – …posso uscire? – Indossa il solito trendissimo cappellino stile militare (del tour "Buoni o Cattivi live 2005"), una maglietta verdognola disegnata da una bambolona svestita color lamè, i pantaloni a mezz’asta e due palmi di mutande nere che sbucano dai calzoni indossati bassissimi. Per di più ostenta l’aria da "..Io so’ io e voi siete voi" della serie "Rientro adesso dal mega rave alternativo e non c’è più niente al mondo che possa stupirmi; ringraziatemi per essere tra voi".
– Ma insomma! – Sbotto, e tento di alzare la voce, che però fa cilecca a causa di una affezionatissima tracheite che non può più fare a meno di me; allora picchio la mano sulla cattedra per richiamarli, ma solo un paio di teste si girano lentamente.
– Insomma non perdiamo altro tempo! fin dalle elementari vi avranno parlato delle quattro abilità di base: ascoltare, parlare, leggere, scrivere….
– Seeee, io preferisco un’altra "abilità…": dormire! – aggiunge da dietro uno zaino la voce soffocata di Alessio: -Nun ce sta gnente de mejo che dormì! –
– Su questo non avevo dubbi, però ti devi adattare: dunque prendiamo il testo!
– Ma prof è la settima ora!-
– La settima è un’ora come un’altra, non ho fatto io questo orario. Dunque, la Lauda medievale è…-
– Ferma, nun cominci, a questo punto, se lei fa sul serio, ci vuole il quaderno! – dice la prima Silvia che si alza e raggiunge il primo banco; vi si spalma di traverso, per quanto è lunga, sul piano verde e prende una penna per scrivere.
– Pronta prof, ora può cominciare!-
– La Lauda medievale è una forma di poesia religiosa, in volgare, che permetteva a tutti i fedeli di pregare insieme, il del Cantico delle creature di San Francesco è …
– Ma che è quello de chiesa? –
– Che vuoi dire? –
– San Francesco ha detto no? Quello di "fratello sooooleeee!" se ne esce Riccardo.-
– Beh sì, insomma; quello che tu citi è tratto dal Cantico di San Francesco.-
– E allora chi va in chiesa è avvantaggiato… Io in chiesa non ci vado mai. – Sbotta fierissimo un altro. –
– Adesso basta, avete esagerato! Spiego il testo, e se stai attento potrai fare il compito come tutti, altrimenti…!-
– Ma ci dà un quiz a crocette? – Riattacca Riccardo
– Sì sì la prego prof a crocette! – aggiunge Silvia che rilancia la provocazione.
– Non dò mai dei compiti di letteratura con il test a scelta multipla!
– Crocette! Crocette! Crocette! Crocette! Le crocette so’ ‘na ficata! – urla la classe
– Niente da fare: vi darò un foglio con il testo e con delle domande aperte. –
– Allora ci vuole fare andare male per forza!-
– Basta! Vi ripeto che se state attenti sarà facile.-
– E chi oggi manca e non sente la spiegazione?-
– Per chi è assente provvedete voi a passare gli appunti e spiegate che ci sarà la verifica.-
– Prof posso andare al bagno?- (Ovviamente è Luca)
– Adesso? No. E fate silenzio! –
– A prof ! Daniele s’accolla! Lo vede? Je dica qualcosa! –
– E tu non ti girare di nuovo Silvia! –
– A prof ! ma non lo vede? E’ Daniele che s’accolla! –
– Ragazzi mancano cinque minuti alle due, se fate così non riusciremo a terminare la spiegazione.
– E’ per colpa sua prof, è lei che si interrompe in continuazione! Perchè non spiega? Sta finendo l’ora e lei parla parla…-
Ridacchia sempre il Luca seguace di Vasco.
– Silenzio!! Il Cantico delle Creature fu composto da Francesco d’Assisi in volgare umbro, si tratta di un componimento poetico o più precisamente di una prosa ritmica assonanzata, divisa in strofe irregolari…
-Assonanzata?
– Infatti non ci sono vere rime, ma assonanze, vi ricordate vero? dovreste aver studiato metrica al biennio –
– Metrica? e chi non se la ricorda? Nessuno!! Non è giusto! Allora niente compito!-
– E allora compito. Comunque. E ripassate a casa. –
Lezione di Italiano . 2
Perché dobbiamo studiare Dante che è morto tanto tempo fa?

"Perché dobbiamo studiare Dante che è morto tanto tempo fa?"
Così mi accoglie l’alunno Marco della terza A, acquisita quest’anno, fingendo di frugare nell’astuccio alla ricerca di una matita, mentre invece sta digitando velocissimo il telefonino per comporre una risposta all’ultimo sms ricevuto.
In classe c’è il solito fermento brulicante di ragazzi che non riescono nemmeno a stare seduti nel banco, non sanno ascoltare, sono già sazi di parole di qualunque provenienza.
Sono appena riemersi, immuni e eccitati, da due ore consecutive di sballo da Elettronica.
Elettronica! il solo nome mi ha sempre fatto venire in mente ambienti grigi e quieti, impercettibilmente ronzanti e palpitanti di immateriali luci digitali. Niente a che vedere con le straripanti e coreografiche intemperanze del collega di elettronica che investe , durante la sua lezione, di roboanti decibel in forma di barriti e grida disumanee con aggiunta di schizzi di sudore i discepoli provocatori.
Il corridoio, il piano, l’edificio e il viale, l’Eur e dintorni hanno a lungo risuonato di quasi irriferibili ma pittoreschi improperi (te possino ammazzà a te e a tutta la palazzina tua!) calci alla porta e sediate, lanci di registro e telefonino.
Del resto per i ragazzi è preferibile ad un’ora di Chimica, segnata dall’austerità rigorosa dell’unico collega in grado di trasformare, senza rimorsi né dubbi e con una semplice domanda dal posto, le ipercinetiche creature che abitano le nostre aule in esemplari di fossili inerti o materie inorganiche.
–Non mi ha sentito?- ribadisce perentorio Marco con voce più alta rivolgendosi a me forse peggio di come apostroferebbe una colf smemorata – Perchè proprio Dante? possibile che non ci siano cose più interessanti?–
A domande simili corrisponde nell’anima mia, fedele a lungo ed eterno amore per la poesia in generale e all’Alighieri in particolare, una muta apnea soffocata.
Vorrei rispondergli, con adeguata freddezza, che è la prima volta che un ragazzo mostra tanta insensibilità. Però non voglio trattarli con antipatia; li conosco solo da poche settimane e loro, dopo un brevissimo rodaggio, hanno decretato che non sono abbastanza feroce da impaurirli e che con me possono parlare.
A questa specie di pseudo-idillio stressante corrisponde però una contropartita che posso/voglio arginare solo in parte.
Secondo loro, infatti, le mie ore di italiano funzionano così: poiché li faccio parlare ed esprimere (e di solito non ringhio né mordo) allora non sono una minaccia da temere; e dunque hanno deciso di potersi esibire come, quanto e quando credono.
Ed ecco il copione dell’ora di Italiano in terza A telematico: sei ragazze e tutti gli altri maschi.
All’inizio mi aspettano fuori della porta sparpagliati lungo tutto il corridoio e, sperando di patteggiare sulle attività da svolgere in classe, mandano avanti una delle tre Silvie della classe come ambasciatrice della petizione "Oggi non facciamo lezione per favore…."
Dopo aver ricevuto la necessaria ed opportuna sgridata entrano nell’aula vociando, spingendosi e spesso tirandosi qualche cazzotto (per pura amicizia!); si dirigono verso i banchi e li squadrano come se li vedessero per la prima volta, discutono tra loro e si scambiano le sedie, traslocano i tavolini, si ammucchiano in venticinque tutti su una fila vicino alle finestre e lasciano i due terzi dell’aula praticamente disabitati. Durante la lezione tenderanno a migrare seguendo la luce del sole.
Sedati i tumulti più clamorosi, apro il registro di classe e, istantaneamente, inizia ad agitarsi la "piazzetta", così ho soprannominato (e se ne sono anche compiaciute) un gruppo di quattro ragazze piuttosto energiche, e per niente simili alle sofferenti ed angeliche eroine dei testi letterari che dovrò costringerle a studiare.
La "piazzetta" dà forma e vita ad un crocchio agitato e pestifero che si scambia gomitate e spallate, che pretende di riuscire a seguire la lezione imperversando con battute e risatine e chiacchiere generiche. (in tutto simili alle comari paesane sedute sull’uscio di casa che si scambiano, con un picchiettante sottofondo di tic-tac dei ferri da calza frenetiche notizie sui pupi, la suocera e il minestrone). Per tutto il tempo la "piazzetta" borbotta commentando la vita della classe e del pianeta e si dedica alla decorazione dei quaderni che vengono istoriati con disegni, scritte e scarabocchi.
I maschi sono più, come dire, espliciti e diretti: niente risatine, ma dei bei calci nelle reni, niente disegnini, ma lanci a volo radente di penne ed astucci, niente diari, ma riviste di moto, niente bigliettini ammiccanti, ma schede del fantacalcio: probabilmente è inevitabile che la domanda –Perché dobbiamo studiare Dante che è morto tanto tempo fa? – arrivi da uno di loro, anzi proprio da quello che ha sempre il cappello in testa e, mentre sta seduto di sghembo e prende a pedate uno zaino a caso, ha lo sguardo diviso a metà tra il telefonino e me.
Sono dunque tentata di dire all’alunno impertinente con il cappellino che lui non può essere in grado, dopo poche lezioni, di dare un giudizio; oppure di citargli il brano in cui Primo Levi in Se questo è un uomo, ricorda come la memoria del canto XXVI dell’Inferno di Dante, nell’inferno di Auschwitz lo abbia aiutato a sopravvivere al campo di sterminio, o anche semplicemente di zittirlo, perchè no? con un sibilante – Ma come ti permetti…-
Invece gli faccio un cenno che vuol significare –Avremo tempo di discutere con calma…– e che lui finge di non capire, per non cedere e commenta ironico: – Non mi vuole rispondere…-.
Ho l’impressione, però, che con la sua provocazione non cercasse una reale risposta; e preferisco pensare che l’onda lunga delle sediate e delle imprecazioni elettroniche, nonché della gelida modalità intimidatoria delle ore di informatica e chimica precedenti abbiano provocato un’insofferenza di principio o di bandiera verso tutto. Anche perchè l’alunno medesimo per adesso si contenta di riprendere la forsennata digitazione dentro l’astuccio.
Ma ostenta la Divina Commedia sul banco.
Li esorto a prendere tutti il testo e li guardo per lunghi secondi, ma evidentemente io non ho lo sguardo di Medusa e loro non si pietrificano, anzi la classe è percorsa dalle solite attività.
Chi chiede un fazzoletto di carta ne riceve il pacchetto al volo e lo restituisce rilanciandolo per aria o avviandolo a disinibite triangolazioni; chi chiede un libro in prestito, e lo ottiene, approfitta per alzarsi a prenderlo e gironzolare per la classe, fermarsi a parlare, affacciarsi un attimo alla finestra e poi tornare al banco tirandosi dietro la sedia e strusciandola sul pavimento facendo il max rumore possibile; chi invece simula di seguire la lezione compila parole crociate tenendo il giornalino sotto il libro e si dimena chiedendo suggerimenti e gesticolando (-Aho! Andrea! Quattro lettere, la prima e la terza so’…. E…- , – E che dice?-,- C’è scritto -Fuggì da Troia!-, – E che ne so? Sarà straniero…-)
Chi vede cadere un pezzetto di carta dal piano superiore si agita come se avesse avvistato l’Enterprise in missione sul cielo di Roma agli ordini del capitano Kirk di Star Trek ed indica l’evento mulinando le braccia verso il compagno più lontano; chi annuisce compunto fingendo di ascoltarmi ha probabilmente la bocca piena di pizza al salame e carciofini (confezionata da mamma la sera prima) ed inghiotte lentamente, come un pitone che stia ingurgitando una capra d’angora e per lo sforzo ha gli occhi bordati di rosso e microscopiche gocce di sudore sulla fronte che cerca di far passare per commossa partecipazione al viaggio del pellegrino e poeta tout le long de la selva oscura.
Chi ha le mani davanti alla bocca e finge di grattarsi il naso… parla invece degli affari suoi col vicino di banco; chi ha il cappellino poggiato di traverso sul banco ci nasconde dentro uno smartphone o la PSP (playstation portatile) e gioca come un forsennato facendo finta di ridare forma al copricapo stropicciato.
Chi guarda sotto il banco perchè si è appena schiacciato un foruncolo e cerca di asciugarsi (brrr), chi è appena un po’ più furbo è abbastanza allenato a ricordare l’ultima parola che ho pronunciato e me la snocciola strafottente e disonesto se lo richiamo all’attenzione:
– Ma sempre con me ce l’ha prof? io la stavo a sentì; vole che je ripeto? stava a dì "…la lupa rappresenta…"–
"Come ti permetti? ricordi appena due parole e non sai nemmeno di che si parla!"
Ma lui aggiunge con una faccia impassibile da sciacciapatate ed ipocrita come quella di un gatto che ha appena mangiato la bresaola pronta per la cena:
" E lei allora perchè s’è interrotta? è lei che m’ha fatto perdere il filo…."
"Insomma!"
"Lo vede, di nuovo…. " chiude lui implacabile.
(Ciao Marco… è stato un piacere…)